E se la prossima pandemia originasse da un laboratorio?

Il difficile rapporto costi e benefici di alcuni esperimenti su patogeni ad alto rischio riapre il dibattito sulla loro sicurezza

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In queste settimane non soltanto il Presidente USA Trump ma altri paesi e fonti accusano la Cina di essere responsabile della pandemia di Covid19 che sta imperversando in tutto il pianeta. Le accuse sono passate da un atto deliberato ad un incidente avvenuto nel laboratorio dell’Istituto di Virologia di Wuhan.

E’ bene sgombrare il campo da qualsiasi dubbio. L’Organizzazione Mondiale della Sanità e la stragrande maggioranza degli scienziati e dei centri di ricerca ha chiaramente affermato che non esistono prove scientifiche che SARS-COV-2 sia un prodotto diverso da uno spillover tra pipistrelli e/o pangolini e l’uomo.

Se la pandemia di Covid19 è quindi del tutto naturale è però una realtà che nei laboratori BLS4 di mezzo mondo si maneggiano per fini scientifici agenti patogeni altamente letali. Nel 2005 presso i laboratori di massima sicurezza dei Centers for Desease Control and Protection (CDC) di Atlanta, negli Stati Uniti è stato ricreato il virus della “spagnola” scomparso un secolo fa. Tra il 1918 e il 1920, in meno di due anni, la spagnola provocò almeno 50 milioni di vittime in tutto il mondo, 20 milioni in più di quanto ha fatto il virus HIV dopo la sua scoperta negli anni Ottanta fino ad oggi.

Coltivato in cellule polmonari umane in un solo giorno il virus della spagnola aveva prodotto 50 volte le particelle virali di una normale influenza e tutte le cavie dell’esperimento erano morte: nei loro polmoni c’era quasi più di 40.000 volte la quantità di virus attesa.

In linea di principio non è possibile escludere che per quanto questi laboratori BLS4 siano dotati di rigidissimi protocolli di sicurezza non si possa verificare un incidente che scateni un agente patogeno letale all’esterno. Il dibattito su come regolamentare gli esperimenti che coinvolgono patogeni altamente pericolosi ed in grado di scatenare eventi pandemici è da tempo in corso tra gli scienziati.



La rigenerazione del virus della spagnola non è stato l’unico esperimento del genere, nel 2002 l’Università Statale di New York ha sintetizzato in provetta il virus della poliomielite utilizzando esclusivamente la sequenza genetica disponibile online e tecnologie biochimiche commerciali.

Nel 2018 è stata la volta del vaiolo equino e con lo stesso procedimento è possibile ridare la “vita” al virus del vaiolo umano eradicato nel 1980. E’ sufficiente un laboratorio adeguato, sei mesi di tempo ed un finanziamento di 100.000 dollari. Ci sono poi esperimenti volti a rendere dei patogeni ancora più infettivi, nel 2011 due gruppi di ricerca indipendenti hanno prodotto un virus dell’influenza aviaria H5N1 in grado di trasmettersi per via aerea. Si tratta di un virus molto pericoloso le cui stime sulla letalità reale oscillano tra il 14 ed il 33%. Fortunatamente il virus naturale non si trasmette per via aerea e quindi si propaga con estrema difficoltà.

L’H5N1 modificato in laboratorio renderebbe persino la spagnola una pandemia “gentile”. Nel 2014 lo stesso tipo di esperimento è stato fatto sul virus aviario H7N1, se questo patogeno fosse sfuggito dai laboratori dell’Università della Georgia e dell’Istituto Pasteur dove è stato  manipolato, avrebbe provocato 30 volte le vittime della spagnola, circa 1 miliardo e mezzo di persone!

A questo punto potrebbe sorgere spontanea la domanda sul perché facciamo un giro su questa “roulette russa” potenzialmente così pericolosa? Uno dei fisici più geniali del Ventesimo Secolo, Richard Feynman, una volta ha dichiarato che quello che non si può creare non si può comprendere pienamente.

In altre parole la scienza ha bisogno di manipolare questi agenti patogeni per comprenderne meglio caratteristiche e funzionamento e quindi approntare vaccini e terapie per combatterli. Louis Pasteur nel 1185 generò un ceppo del virus della rabbia in un coniglio che abbatteva il periodo di incubazione della metà, lo scopo era quello di ottenere un virus attenuato utile per la vaccinazione.

Regolamentare in senso restrittivo questi esperimenti quindi può trasformarsi in un boomerang nella lotta alle epidemie innescate da questi patogeni. Secondo un articolo pubblicato nel 2018 su Future Medicine, valutare farmaci antivirali sui coronavirus, in special modo su quelli nuovi come SARS-Cov-2 è praticamente impossibile senza “costruire” in laboratorio ceppi virali altamente infettivi che permettano di studiarne l’evoluzione sui modelli animali e nelle cellule umane.

La ricostruzione del virus della spagnola non è stato un esibizione di tecnica genetica applicata in campo virologico fine a se stessa, ma ha permesso di capire che non sono le singole mutazioni, ma la loro combinazione che ha reso quel virus così letale e questa conoscenza ci permetterà di essere pronti nel caso di future combinazioni simili in un altro ceppo influenzale.

I risultati di questi esperimenti sono già stati usati sul campo, nel 2015 l’emergere di un virus influenzale H5 in Cambogia ha messo in allarme l’OMS perché alcuni marcatori genetici di questo virus erano molto simili a quelli che in laboratorio aumentavano la trasmissione per via aerea: un fattore che fa la differenza tra un focolaio epidemico circoscritto ed una pandemia catastrofica. Questa indicazione ha indotto l’OMS a sviluppare un vaccino per quel virus.

Spezzata una lancia rispetto alle esigenze dei ricercatori, tuttavia alcuni scienziati ritengono che simili risultati non valgono i potenziali rischi che si corrono. La principale argomentazione di questa parte, minoritaria, della comunità scientifica è che le conoscenze acquisite attraverso questi esperimenti di manipolazione di agenti patogeni così aggressivi potranno essere utilizzati soltanto dopo molto tempo (ed a volte mai) mentre i rischio che si corrono, per quanto minimi, sono immediati e certi.

Ma davvero si tratta al momento di preoccupazioni e basta? Tra i virologi c’è il forte sospetto che l’epidemia di influenza in Russia del 1978-79 sia stata generata dalla fuga del patogeno da un laboratorio di ricerca.

Quale sarà il futuro di questi esperimenti dopo che si sarà esaurita la pandemia di Covid19?

La tentazione di una moratoria è forte, come del resto il timore che la ricerca “estrema” sui virus più pericolosi si sposti sempre di più in ambito militare, nella convinzione (errata) che queste strutture assicurino un livello di sicurezza ancora maggiore rispetto a quelle civili.

Per respingere le teorie complottistiche e per definire un quadro equilibrato tra costi e benefici è necessaria una discussione ampia e ragionata che non si limiti ad un dibattito interno all’OMS o delle agenzie specializzate.

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