di Oliver Melis per Reccom Magazine
Nel 1988 Jacques Benveniste per spiegare il funzionamento dell’omeopatia ipotizzò che l’acqua conservasse un ricordo delle sostanze che venivano in contatto con essa. L’omeopatia è una pratica per la quale certe sostanze, se estremamente diluite e successivamente agitate con un procedimento chiamato “succussione“, sono efficaci nel trattamento di un ampio spettro di patologie grazie, appunto, alla memoria dell’acqua.
I rimedi omeopatici sono generalmente composti da acqua e zucchero, vengono preparati miscelando più volte il principio attivo in acqua a diluizioni successive talmente spinte da perdere ogni presenza di molecole del principio attivo, infatti, dal punto di vista chimico, alla fine del processo non rimane nessuna molecola della sostanza precedentemente in contatto con l’acqua.
Da un certo punto in poi non si fa altro che diluire acqua con acqua.
Benveniste pubblicò degli studi che si dimostrarono falsi e inattendibili, anche la rivista scientifica Nature illustrò la scoperta del falso pubblicando una relazione sulle proprie pagine, smentendo cosi i risultati del medico francese.
La teoria di Benveniste serviva a spiegare il paradosso per il quale il prodotto, anche se diluito fino alla scomparsa completa del principio attivo, avrebbe comunque funzionato, questo grazie alla memoria dell’acqua le cui molecole, influenzate da quelle del principio attivo con il quale era stata miscelata, si sarebbero riorientate “ricordando” il principio attivo e avendone l’effetto.
L’idea della diluizione nascerebbe dalla necessità, secondo i ricercatori omeopatici, di eliminare i pericoli di effetti indesiderati e collaterali dei principi attivi farmacologici utilizzati nella farmacologia normale. In realtà, sono ormai innumerevoli gli studi che confermano che i principi attivi, per poter svolgere efficacemente la loro azione curativa hanno bisogno di raggiungere, nell’organismo, un certo livello di concentrazione minima, senza la quale non solo non sono efficaci ma rischiano addirittura di provocare conseguenze indesiderate. Ad esempio, l’uso sconsiderato di antibiotici in autoprescrizione con dosaggi insufficienti ha favorito, nel tempo, la selezione di ceppi batterici resistenti.
Nonostante il largo impiego dell’omeopatia, nessuno studio condotto in doppio cieco ha dimostrato la veridicità delle affermazioni di Benveniste e altri ricercatori. La pratica dell’omeopatia è considerata semplicemente una pratica pseudoscientifica in genere pericolosa o, nel migliore dei casi, paragonabile all’uso di placebo e allo stesso modo è considerata pseudoscienza la teoria che vorrebbe l’acqua capace di ricordare, idea non supportata ad oggi da nessuna evidenza scientifica.
Nel 2011 una sezione della rivista scientific Journal of Phisics ha pubblicato uno studio di Luc Mountaigner dal titolo DNA waves and water. Lo studio illustra come soluzioni acquose altamente diluite di sequenze di DNA del virus HIV, di altri virus e di batteri produrrebbero segnali elettromagnetici di bassa frequenza caratteristici del DNA in soluzione. Le soluzioni acquose altamente diluite, secondo gli studiosi, avrebbero mantenuto la memoria del DNA dei virus entrati in contatto con l’acqua e successivamente diluiti fino a sparire. Secondo i sostenitori dell’omeopatia, lo studio, avrebbe potuto aprire nuovi orizzonti sulle cure alternative però il lavoro di Mountaigner è stato criticato a livello internazionale, come privo di validità scientifica, carente relativamente al protocollo sperimentale, alle apparecchiature usate, e perfino per l’incoerenza delle sue stesse basi teoriche.
Oliver Melis è owner su facebook delle pagine Perle complottare e le scie chimiche sono una cazzata
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