Nel 2013 il rover della NASA Curiosity rilevò la presenza di metano nell’aria di Marte. Quello del rover non è stato l’unico rilevamento di metano nell’atmosfera di Marte, nel corso del tempo questo gas è stato rilevato varie volte dai diversi strumenti che scandagliano il Pianeta Rosso, e in vari punti. Purtroppo, però, la presenza del metano si è rilevata fuggevole, al punto che da un anno a questa parte, la sonda Europea Trace Gas Orbiter, inviata, praticamente, proprio per confermare i rilievi precedenti e la loro eventuale stagionalità, non riesce a rilevare alcuna traccia di metano nell’atmosfera di Marte, nemmeno a concentrazioni bassissime come 50 parti per trilione, pur avendo scansionato ormai l’intera atmosfera marziana.
Insomma, siamo sicuri che il metano c’era, oltre che da Curiosity è stato rilevato anche dalla sonda dell’ESA Mars Express per ben due volte, ma è scomparso e non sappiamo né da dove arrivasse né che fine abbia fatto. Secondo gli scienziati, il metano nell’atmosfera di Marte dovrebbe metterci circa 300 anni a degradarsi completamente e scomparire.
Una nuova relazione pubblicata dal planetologo italiano Marco Giuranna, dell’INAF, conferma, ad una rilettura ed una nuova interpretazione dei dati rilevati da Mars Express, di poter confermare la rilevazione di Curiosity del 2013, avendo la sonda europea rilevato il gas metano nella stessa area e quasi nello stesso momento in cui ne rilevò la presenza il rover. L’aspetto più interessante è che il rilascio sembra essere avvenuto in una zona di faglia nei pressi del Gale Crater, dando adito ad ipotesi relative alla sua origine.
Il risultato più probabile, secondo il team, è che 39-54 tonnellate di metano siano state all’epoca rilasciate nell’atmosfera di Marte da una fonte sotterranea. Dopo aver considerato quando è iniziata l’uscita e la probabile dimensione, gli scienziati sono stati in grado di creare una probabile griglia per le emissioni.
Il modello suggerisce che l’emissione potrebbe provenire da Aeolis Mensae, un’area caratteristica a quasi 500 chilometri a est del Gale Crater. L’idea più accettata è che una rottura del permafrost marziano ha permesso un rilascio significativo di gas metano. Si pensa che le caratteristiche di Aeolis Mensae siano favorevoli a questo tipo di formazione del permafrost, aumentando la possibilità che rotture periodiche o linee di faglia possano consentire un rilascio. L’accumulo di gas potrebbe aver causato una frattura del permafrost, oppure il permafrost potrebbe essere stato fessurato dall’impatto di un meteorite.
“Siamo ancora lontani dal capire quale sia la sorgente del metano.” Ha commentato Marco Giuranna a Reccom Magazine. “Il mio ultimo lavoro ha individuato per la prima volta una potenziale sorgente (luogo di origine) e questo è sicuramente un primo passo importante. Può senz’altro trattarsi di metano abiotico, ma non dimentichiamo che il fatto che fuoriesca ora, non significa che sia stato generato ora. Può tranquillamente trattarsi di metano formatosi molto tempo fa, quando le condizioni sul pianeta erano molto diverse.”
“Per ora non abbiamo ancora abbastanza elementi per favorire un’ipotesi piuttosto che un’altra, ma neanche per escluderla.” Ha concluso il planetologo dell’Istituto Nazionale di Astrofisica.
Questa indagine mette in evidenza uno dei vuoti nella nostra conoscenza di Marte. Ormai conosciamo bene la superficie del pianeta, ma ne sappiamo ancora molto poco del sottosuolo marziano. In questo momento è in corso la missione InSight che ha lo scopo di indagare la geologia del sottosuolo di Marte proprio per questa ragione.
Se si accertasse che il metano liberato nell’atmosfera di Marte non è di origine biologica per molti sarebbe una delusione: sarebbe molto più eccitante sccoprire che il metano marziano è di origine biologica ma, comunque, localizzare una fonte intermittente plausibile per il rilascio di metano consentirebbe agli scienziati di categorizzare meglio i dati mentre pianificano le missioni e cercano le migliori posizioni per esplorare la composizione profonda del pianeta.