Recentemente è stato analizzato la famosissima opera della Gioconda di Leonardo da Vinci, dipinta tra il 1503 e il 1519. Il dipinto, famoso per gli occhi e il sorriso di una donna dai capelli neri, è sopravvissuto anche a un furto e a una protesta ambientalista.
I ricercatori hanno condotto un’analisi di un micro-campione dello strato inferiore del dipinto della Gioconda, rivelando una miscela unica di olio fortemente saponificato (olio trattato con un alcali) con un alto contenuto di piombo e un pigmento bianco di piombo privo di cerussite (PbCO3).
Composto raro scoperto nella composizione della vernice
È stato scoperto nel primo strato di vernice un composto raro chiamato plumbonacrite, un composto stabile solo in un ambiente alcalino, confermando che Leonardo probabilmente usò polvere di ossido di piombo per addensare e aiutare ad asciugare la sua vernice, come riporta AP News.
Dopo aver esaminato le strutture chimiche delle vernici utilizzate dall’artista italiano, scienziati e storici dell’arte in Francia e nel Regno Unito hanno scoperto che il raro composto dello strato di base è diverso nella ricetta della pittura ad olio.
I risultati dello studio suggeriscono che Leonardo mirasse a preparare una vernice densa adatta a rivestire il pannello di legno della Gioconda trattando l’olio con un elevato carico di ossido di piombo II – PbO.
Gli storici hanno analizzato anche l’Ultima Cena e hanno scoperto che i materiali nelle sue tecniche pittoriche includevano la presenza di litargirio (α-PbO) e massicoto (β-PbO).
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Analisi a raggi X dell’opera di Leonardo
Oltre alla plumbonacrite è stata rinvenuta anche la shannonite (Pb2OCO3), identificata per la prima volta in un dipinto storico. Queste scoperte hanno fornito preziose informazioni sui metodi e sui materiali pittorici di Leonardo da Vinci.
Il team ha utilizzato tecniche avanzate per raccogliere i dati empirici, tra cui la diffrazione dei raggi X del sincrotrone ad alta risoluzione angolare e la spettroscopia infrarossa in trasformata di micro-Fourier.
La macchina del sincrotrone fa sì che le particelle si muovano molto velocemente. Ciò ha consentito agli scienziati di utilizzare i raggi X per determinare con precisione le sostanze chimiche presenti nel campione che stavano studiando.
Victor Gonzalez, autore principale dello studio e chimico del Centro nazionale francese per la ricerca scientifica, ha dichiarato all’Associated Press: “La plumbonacrite è davvero un’impronta digitale della sua ricetta. È la prima volta che possiamo effettivamente confermarlo chimicamente”.
Lo studio è stato pubblicato l’11 ottobre sulla rivista ACS Publications.