martedì, Aprile 1, 2025
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Veleno e tela dei ragni nel futuro a breve termine di medicina e tecnologia

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Pensateci bene prima di uccidere quel ragnetto che si è fatto casa e ha tessuto la propria tela nell’angoletto tra soffitto e parete del vostro salotto: potreste uccidere uno degli animaletti più utili della Terra. Il veleno dei ragni è oggetto di studi intensi per via delle sue proprietà a livello terapeutico e la ragnatela potrebbe diventare, in un futuro piuttosto vicino, la base per la realizzazione di tessuti e materiali sintetici robustissimi e resistentissimi.

Cerchiamo di capire il perchè.

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I ragni appartengono al gruppo dei chelicerati detti aracnidi, artropodi a 8 zampe, sono diffusi in tutto il globo e colonizzarono le terre emerse prima dell’arrivo dell’Homo sapiens. La loro presenza capillare riveste fondamentale importanza per il mantenimento dell’equilibrio dell’ecosistema in cui vivono perché limita il numero degli insetti. Sono ben 46.307 le specie di ragno identificate e classificate sulla terra di cui più di 1000 vivono in Italia e la classificazione si modifica raffinandosi nel tempo in base alle scoperte più recenti.

Un mondo ancora da scoprire

I ragni sono oggetto di studi nelle migliori università del pianeta soprattutto per il loro il veleno che, in alcune specie risulta particolarmente interessante ai fini medici e farmacologici: secondo i risultati della sperimentazione condotta all’università di Yale il veleno di una tarantola peruviana (Thrixopelma pruriens) conterrebbe una proteina capace di combattere la trasmissione del dolore a livello neuronale. Il fine della sperimentazione è la creazione di farmaci antidolorifici alternativi agli oppiacei da impiegare nella terapia del dolore cronico: sono attualmente 7 i composti chimici in fase di studio e sperimentazione che, secondo gli studiosi, potrebbero bloccare la ricezione del dolore che si dirama dalle terminazioni nervose nelle parti periferiche del corpo e arriva al cervello.
Il veleno di molte specie di aracnidi, scorpioni e tarantole e soprattutto del genere latrodectus delle theridiidae, quello che comprende la famosa vedova nera, conterrebbe migliaia di composti chimici potenzialmente validi per la diagnosi e forse, in futuro, per la cura e la terapia di malattie gravi.
Uno dei ragni più studiati dagli scienziati è il ragno dei cunicoli australiano (Atrax robustus), dal veleno letale per l’uomo e il suo parente Hadronyche infensa: dalle neurotossine secrete dalle loro ghiandole velenifere sono state estratte delle proteine capaci di difendere i tessuti cerebrali e le cellule neuronali dai danni provocati da malattie gravi come l’ictus.
Gli studiosi di tutto il mondo, dall’Australia alla Cina, dall’Europa agli Stati Uniti stanno sperimentando a scopo terapeutico i meccanismi di azione, ancora in parte sconosciuti, delle potenti tossine contenute nei diversi veleni. Soprattutto delle sostanze neurotossiche e in particolare della alfa latrotossina, capace di agire sulla membrana dei neuroni per innescare le conseguenze del morso della malmignatta(Latrodectus mactans).

medicina

Dal veleno dello scorpione giallo mediterraneo, uno dei più pericolosi al mondo è stata estratta la sostanza BLZ-100, con applicazioni nella terapia oncologica, da quello del pericoloso ragno delle banane, (Phoneutria nigriventer) si sta mettendo a punto una cura per la disfunzione erettile, in virtù del fatto che i peptidi presenti nel suo veleno possono aumentare la permeabilità dei vasi sanguigni ed indurre contrazioni della muscolatura vascolare.
Altre sperimentazioni che riguardano questi incredibili artropodi hanno come scopo lo studio del veleno per la creazione di insetticidi non inquinanti da usare al posto dei pesticidi. I nuovi bioinsetticidi non sarebbero nocivi per le altre specie animali quali mammiferi, uccelli,  pesci e persino per le api.
Discorso a parte merita lo studio della struttura della tela del ragno per produrre fibre o materiali sintetici dalle caratteristiche straordinarie in termini di robustezza, elasticità e leggerezza. La ragnatela è tra le sostanze biologiche più resistenti in natura e riesce ad avere un carico di rottura enorme, confrontabile, in proporzione, a quello dell’acciaio.

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