Il presidente russo Vladimir Putin ha mostrato al mondo la sua aggressività militare invadendo l’Ucraina con i carri armati nel 2022. Meno nota è la sua “invasione” della Romania nel 2024, condotta attraverso i social media. In entrambi i casi, finora, le sue ambizioni sono state frustrate.
L’attuale strategia di Putin si concentra però su un obiettivo più ampio: gli Stati Uniti e tutti i suoi alleati. Sta investendo milioni di dollari in campagne manipolative sui social media e in operazioni di disinformazione su larga scala per influenzare gli elettori europei. Questa rappresenta una nuova forma di guerra alla democrazia, che rende superflua l’invio di carri armati nelle capitali.

L’aggressione di Vladimir Putin: dalle armi convenzionali alla guerra ibrida
Questa strategia in evoluzione è una diretta conseguenza del fallimento della sua campagna militare volta a conquistare Kiev e soffocare la democrazia ucraina. La tenacia dell’Ucraina ha spinto Putin a riprendere una consolidata strategia russa e sovietica: indebolire le democrazie occidentali dall’interno, sostenendo e promuovendo candidati politici pro-Putin. In questo nuovo conflitto, piattaforme come TikTok, Telegram e altri social media sono diventate armi strategiche.
Con le sue radici nel KGB, il presidente Vladimir Putin è ben consapevole che l’opinione pubblica può essere abilmente manipolata e modellata da agenti politici e dalla propaganda asservita al suo regime. Le recenti elezioni in Romania offrono una chiara conferma di questa sinistra realtà.
Nel 2024, Putin ha speso milioni di dollari nel tentativo di eleggere un presidente filorusso in Romania. Il suo metodo prevedeva l’infiltrazione nel processo elettorale, il sostegno a candidati autoritari e la manipolazione delle piattaforme digitali per alterare la percezione pubblica. Attraverso queste tattiche, il leader russo ha portato il candidato Călin Georgescu dall’anonimato a un sorprendente 21% dei voti in sole due settimane, scompaginando il panorama di 15 candidati divisi.
In spregio al buon senso, alla realtà e alla legge rumena, Georgescu ha dichiarato di non aver raccolto contributi né sostenuto spese per la campagna elettorale, suggerendo invece di aver beneficiato di un “benefattore malevolo” nella figura di Vladimir Putin. Questa guerra lampo sui social media, caratterizzata da “disinformazione” e un’operazione multimilionaria in stile leninista, mirava a destabilizzare la democrazia rumena e a minare gli interessi di sicurezza di Stati Uniti, NATO e UE. È stato in questo frangente che i servizi segreti rumeni e di altri paesi occidentali hanno scoperto questa furtiva invasione del processo elettorale.
Citando gravi violazioni della legge elettorale e interferenze straniere, la Corte Costituzionale rumena ha annullato il primo turno delle elezioni e ordinato la ripetizione del voto. Al secondo turno, l’affluenza alle urne ha superato la media del 51%, raggiungendo quasi il 65%, a testimonianza della reazione decisa e coraggiosa dei rumeni. Hanno respinto il candidato di Putin, scegliendo la strada democratica e filo-NATO con un netto margine del 54% contro il 46%.
Un gruppo bipartisan di sette ex ambasciatori statunitensi in Romania aveva pubblicamente esortato i rumeni a respingere il candidato di Putin. Il gruppo riteneva di non poter rimanere in silenzio e permettere che la palese propaganda russa, basata su falsità, procedesse indisturbata. Si è assistito in prima persona al successo della Romania, passando dalla dittatura imposta dalla Russia alla libertà, all’integrazione con il resto d’Europa nell’UE e all’alleanza con gli Stati Uniti attraverso la NATO.
La scelta storica della Romania: un contro-esempio all’aggressione di Vladimir Putin
Si è presentata l’opportunità di inquadrare con precisione la scelta storica che i rumeni avrebbero dovuto compiere alle urne, chiarendo la posta in gioco. È stato sottolineato come, sotto la guida di Vladimir Putin, la Russia fosse nuovamente in marcia, con l’interrogativo incombente se, dopo l’Ucraina, la Romania sarebbe stata il suo prossimo obiettivo, così come lo fu per Stalin. I rumeni si sono trovati di fronte a un bivio cruciale: “il dominio della Russia o il vostro futuro alleato con l’America nella NATO”.
Nonostante i suoi sforzi in Romania siano infine falliti miseramente, avrebbero potuto causare danni concreti. Fortunatamente, le istituzioni e le voci democratiche del Paese non si sono lasciate intimidire dalle sue recenti tattiche. Si incoraggiano ora altre nazioni e attori a far sentire la propria voce per contrastare i tentativi di Putin di minare la democrazia attraverso le urne.
I rumeni, agendo con saggezza, si sono giustamente assunti la responsabilità del proprio futuro, optando per la libertà e la prosperità in contrapposizione al putinismo. A seguito della vittoria di Nicușor Dan alle elezioni presidenziali, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha rassicurato i rumeni, affermando che avrebbe “rafforzato i legami con la Romania, sostenuto la nostra partnership militare e promosso e difeso gli interessi economici e di sicurezza americani all’estero“.
Chi sarà il prossimo obiettivo?
Purtroppo, molte figure che dovrebbero essere più informate continuano ad avvicinarsi a Vladimir Putin, sostenendo i suoi candidati filo-russi e minando così la sicurezza degli Stati Uniti e di altri alleati democratici. Ad esempio, a maggio, il protetto di Elon Musk, Mario Nawfal, era a Mosca. A giugno, lo stesso padre di Elon Musk e i controversi commentatori americani di destra Jackson Hinkle e Alex Jones hanno partecipato al forum “Future 2050″ a Mosca. Questo evento ha visto la presenza di numerosi alleati di Putin, tra cui il filosofo russo di destra Aleksandr Dugin, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov e l’ex presidente Dmitrij Medvedev.
La battaglia in Romania è stata vinta, ma la guerra di Putin contro la democrazia è tutt’altro che finita. La domanda ora è: chi sarà il prossimo sulla sua lista? Le prossime elezioni in Moldavia, Estonia, Georgia, Paesi Bassi, Repubblica Ceca e altre nazioni europee sono tutte a rischio di interferenze. Prima che la sua propaganda possa radicarsi, è fondamentale contrastare le sue violazioni delle leggi elettorali.
La lotta per la democrazia si è ormai estesa al cyberspazio, dove le tattiche di invasione di Vladimir Putin devono essere affrontate con la stessa determinazione mostrata sul campo di battaglia. Il nuovo fronte è online, e la sovranità democratica è la posta in gioco. La lezione appresa dalla Romania è inequivocabile: la migliore difesa contro la propaganda è la verità e il coraggio di affermarla.
Per maggiori informazioni, visita il sito ufficiale dell’Institute for the Study of War (ISW).
