Oggi Marte è un deserto gelido, ma miliardi di anni fa era un pianeta molto più caldo e umido, con fiumi, laghi e forse persino oceani. Ma come ha fatto il Pianeta Rosso a mantenere queste condizioni favorevoli alla vita, considerando la sua distanza dal Sole e la debolezza del Sole primordiale?
Marte: un’altalena climatica che potrebbe aver ostacolato la vita
Una nuova ricerca, condotta da un team di scienziati della Harvard John A. Paulson School of Engineering and Applied Sciences (SEAS), suggerisce che la risposta potrebbe essere legata a un’altalena climatica, con periodi di caldo e freddo che si sono alternati per un periodo relativamente breve nella storia di Marte.
La presenza di acqua liquida è sempre stata un enigma per gli scienziati. Marte è più lontano dal Sole rispetto alla Terra e il Sole era molto più debole miliardi di anni fa. Eppure, ci sono prove geologiche che suggeriscono che l’acqua liquida scorreva sulla sua superficie. Una delle teorie più accreditate per spiegare questo fenomeno è che la sua atmosfera fosse ricca di idrogeno, un gas serra che avrebbe intrappolato il calore del Sole, riscaldando il pianeta. Tuttavia, l’idrogeno è un gas leggero che tende a disperdersi nello spazio, quindi non sarebbe potuto rimanere nell’atmosfera marziana per un periodo di tempo sufficiente a riscaldare il pianeta.
Il team di ricerca di Harvard ha sviluppato un nuovo modello per studiarne l’atmosfera nel corso del tempo. Questo modello ha rivelato che l’atmosfera marziana potrebbe aver subito cambiamenti radicali nel corso della sua storia, con periodi di caldo e umidità alternati a periodi di freddo e aridità.
Questi cambiamenti climatici potrebbero essere stati causati da variazioni nella quantità di idrogeno presente nell’atmosfera marziana. Durante i periodi di maggiore presenza di idrogeno, Marte si sarebbe riscaldato, permettendo all’acqua liquida di esistere sulla superficie. Durante i periodi di minore presenza di idrogeno, il pianeta si sarebbe raffreddato, causando la formazione di ghiaccio e la scomparsa dell’acqua liquida.
Questi sbalzi di temperatura potrebbero aver reso l’ambiente marziano inospitale per la vita. Se la vita fosse mai esistita su Marte, avrebbe dovuto adattarsi a cambiamenti climatici estremi e improvvisi. La ricerca sul suo clima antico è ancora in corso. I risultati di questo studio aprono nuove prospettive sulla comprensione della storia del Pianeta Rosso e sulla possibilità che la vita sia mai esistita. Ulteriori ricerche saranno necessarie per confermare questi risultati e per studiare l’impatto dei cambiamenti climatici sulla possibile vita marziana.
Un clima marziano instabile
Il team di ricerca, guidato da Adams, ha condotto complesse simulazioni per capire come l’idrogeno si sarebbe comportato nell’atmosfera di Marte, interagendo con altri gas e con le sostanze chimiche presenti sulla superficie del pianeta.
I risultati di queste simulazioni hanno portato a una scoperta interessante: il Pianeta Rosso ha sperimentato periodi caldi episodici circa 4-3 miliardi di anni fa. Queste fluttuazioni climatiche non sono state eventi isolati, ma si sono ripetute nel corso di un periodo di circa 40 milioni di anni. Ogni singolo episodio di riscaldamento è durato almeno 100.000 anni, un tempo sufficiente per avere un impatto significativo sull’ambiente marziano.
Un aspetto ulteriormente interessante di questa scoperta è il meccanismo che avrebbe innescato questi periodi caldi e umidi. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, sarebbero stati causati dalla perdita di acqua dall’atmosfera di Marte verso il suolo. Questo processo, apparentemente controintuitivo, avrebbe paradossalmente arricchito l’atmosfera di idrogeno, il gas serra responsabile dell’aumento della temperatura.
In altre parole, l’acqua evaporata dalla superficie marziana sarebbe salita nell’atmosfera, dove sarebbe stata scomposta dalla radiazione solare, liberando idrogeno. Questo idrogeno avrebbe poi intrappolato il calore, innescando un effetto serra che avrebbe riscaldato ulteriormente il pianeta, portando a un aumento dell’evaporazione dell’acqua e così via, in un ciclo di feedback positivo.
Il team di ricerca ha ipotizzato che i cambiamenti di temperatura su Marte fossero accompagnati da cambiamenti chimici significativi nell’atmosfera. In particolare, si sono concentrati sulla reazione dell’anidride carbonica, il gas serra più abbondante nell’atmosfera marziana. Normalmente, l’anidride carbonica reagisce con la luce solare producendo monossido di carbonio. Tuttavia, durante i periodi più caldi, il monossido di carbonio si sarebbe trasformato nuovamente in anidride carbonica, in un processo di “riciclaggio” che avrebbe mantenuto l’equilibrio chimico nell’atmosfera.
Questo processo di riciclaggio si sarebbe interrotto se Marte fosse rimasto gelido per un periodo di tempo prolungato. In queste condizioni, il monossido di carbonio non si sarebbe più trasformato in anidride carbonica, portando a un suo accumulo nell’atmosfera, insieme all’ossigeno. Come ha spiegato Adams, il team di ricerca è riuscito a identificare le scale temporali di tutte queste alternanze chimiche, ovvero i periodi di tempo necessari per il verificarsi di questi cambiamenti. Inoltre, sono stati in grado di descrivere tutti i pezzi di questo complesso puzzle chimico all’interno di un unico modello fotochimico, che simula le reazioni chimiche che avvengono nell’atmosfera del Pianeta Rosso sotto l’influenza della luce solare.
Conclusioni
La domanda fondamentale che tutti si pongono è se Marte abbia mai potuto ospitare la vita, anche nelle sue forme più semplici e microbiche. I risultati di questa ricerca suggeriscono che l’esistenza della vita sul Pianeta Rosso potrebbe essere stata messa a dura prova dai cambiamenti climatici estremi che hanno caratterizzato il pianeta nel corso della sua storia.
Come ha affermato Robin Wordsworth, uno dei ricercatori del team SEAS: “Il primo Marte è un mondo perduto, ma può essere ricostruito in grande dettaglio se poniamo le domande giuste”. Lo studio in questione rappresenta un importante passo in questa direzione, sintetizzando per la prima volta la chimica atmosferica e il clima marziano per fare previsioni che potranno essere verificate una volta che avremo a disposizione i campioni.
La ricerca è stata pubblicata in un nuovo articolo su Nature Geoscience.