Il mare è pesantemente inquinato dalla plastica che, ridotta in microscopici frammenti, è addirittura entrata a far parte della catena alimentare perchè molte creature marine, inconsapevolmente o no, ne ingoiano piccole quantità. Poi, si sa, pesce grande mangia pesce piccolo e, alla fine, i nostri rifiuti di plastica arrivano sulle nostre tavole apparecchiate, sotto forma di pesci, frutti di mare e altri alimenti.
Di recente, un certo numero di studi hanno confermato, se ce ne fosse stato bisogno, questo fatto incontrovertibile. È il caso di uno studio sulle feci umane che ha confermato anche che il nostro organismo non è capace di deteriorare la plastica che ingoiamo nutrendoci che, inevitabilmente, scartiamo.
Stiamo cominciando ad eliminare frammenti di microplastica con le nostre feci.
Gli archeologi sanno benissimo che è possibile imparare moltissime cose su come vive una comunità studiandone il letame. Ad esempio, pochi giorni fa un gruppo di archeologi della Oxford University ha monitorato il passaggio da una dieta a base di pesce ad una a base di carne bovina studiando i parassiti rintracciati in latrine vecchie di 700 anni a Lubecca, in Germania.
Se gli archeologi di un lontano futuro decidessero di intraprendere un simile esame sul letame delle nostre città contemporanee, probabilmente non saranno colpiti dai parassiti rintracciabili nelle nostre feci a causa di cibo mal cotto ma troveranno piccoli pezzi di plastica. La nostra scienza è più avanzata di quella dell’Europa medievale, tuttavia, e quindi non c’è bisogno di aspettare così a lungo: i ricercatori della facoltà di Medicina di Vienna lo hanno già fatto.
I ricercatori hanno convinto otto persone sparse su tutto il pianeta a tenere un diario esatto di tutto ciò che hanno mangiato per una settimana. Hanno quindi raccolto le loro feci e le hanno esaminate per verificare la presenza di di 10 diversi tipi di plastica.
Sono stati trovati nove di questi materiali plastici, con una concentrazione media di 20 particelle per 10 grammi di feci. Le materie plastiche rilevate hanno una dimensione compresa tra 50 e 500 micrometri e sono state individuate nei rifiuti di tutti i partecipanti allo studio, anche se due di loro non hanno mangiato pesce durante il periodo in esame.
Le particelle di plastica più comuni trovate erano polipropilene, utilizzato per la stampa e per pannolini di plastica, e polietilene tereftalato, comunemente utilizzato per le bottiglie di bibite.
Il ricercatore capo Dr Philipp Schwabl ha presentato i risultati alla conferenza di gastroenterologia UEG Week . “Questo è il primo studio di questo tipo e conferma quello che abbiamo a lungo sospettato, ovvero che le materie plastiche hanno ormai raggiunto l’intestino umano“, ha detto Shwabl in un comunicato . “Di particolare interesse è ciò che questo significa per noi, e in particolare i pazienti con malattie gastrointestinali.”
Secondo Schwabl ora siamo davanti ad una prospettiva davvero preoccupante poichè è possibile che “le particelle di microplastiche più piccole siano in grado di entrare nel flusso sanguigno, nel sistema linfatico e possano persino raggiungere il fegato. Ora che abbiamo le prime prove che vi sono microplastiche all’interno degli esseri umani, abbiamo bisogno di ulteriori ricerche per capire cosa questo significhi per la salute umana“.
Questo possiamo indovinarlo anche da soli: niente di buono.