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Universo multidimensionale e teoria delle stringhe

Secondo la teoria delle stringhe, piccoli anelli vibranti si manifestano sia come elettroni, quark, neutrini, e altre particelle fondamentali, che come portatori di forze quali fotoni, gluoni, gravitoni, ecc

La teoria delle stringhe nacque da un articolo che Gabriele Veneziano scrisse per spiegare il comportamento degli adroni.

Quando lavorava al Cern di Ginevra nel 1968, Veneziano si accorse che una vecchia formula conosciuta come “funzione beta di Eulero” scritta 200 anni prima, poteva dare indicazioni importanti sulla interazione forte che non poteva essere spiegata dai modelli adronici.

Questa teoria per alcuni fisici rappresenta “una teoria del tutto” che un giorno potrà spiegare “tutto” ma proprio tutto quello che osserviamo o misuriamo. Forze, particelle, costanti, tutto quello che esiste in natura secondo i fautori della teoria delle stringhe (o “corde” secondo il significato più comune del termine “strings”) è il risultato di minuscole stringhe che vibrano nel vuoto.

I teorici, al lavoro da 50 anni, hanno capito che la teoria funziona se esistono più dimensioni di quelle che osserviamo e l’idea pare più sensata di quanto sembri.

Secondo la teoria delle stringhe, piccoli anelli vibranti si manifestano sia come elettroni, quark, neutrini, e altre particelle fondamentali, che come portatori di forze quali fotoni, gluoni, gravitoni, ecc. Queste stringhe o corde sono molto piccole e non sembrano nulla di più di particelle puntiformi, ma ogni corda può vibrare in modo diverso, un po’ come si possono ottenere note diverse dalle corde di una chitarra. Ognuno di questi modi di vibrare spiega l’esistenza delle diverse particelle elementari. Elettroni vibrano in un modo, fotoni in un’altro ecc, mentre le collisioni di particelle secondo la teoria, sono corde che si fondono e si dividono.

Sembra semplice, ma affinché questo avvenga occorre un prerequisito fondamentale, non sono sufficienti le quattro dimensioni note nel nostro universo, ce ne devono essere molte di più, perché lo spazio-tempo quadrimensionale non fornisce abbastanza “spazio” affinché le corde possano vibrare in tutti i modi per garantire l’esistenza di tutte le particelle che osserviamo.

Le stringhe quindi non si muovono semplicemente, lo fanno in maniera iperdimensionale.

Esistono versioni della teoria delle stringhe che richiedono almeno 10 dimensioni, tempo compreso, mentre una teoria ancora più esotica ne richiede 11. Tuttavia osservando l’universo vediamo solo tre dimensioni spaziali e misuriamo lo scorrere del tempo senza vedere nessuna dimensione extra.

Come possiamo accordare questa teoria o le sue versioni con quello che osserviamo?

I fisici teorici che sostengono la teoria delle stringhe hanno trovato un precedente nella storia della fisica per spiegare le dimensioni extra. Dopo la pubblicazione della Teoria della relatività generale di A. Einstein il fisico e matematico Theodor Kaluza maneggiando alcune equazioni trovò qualcosa di interessante aggiungendo una quinta dimensione alle equazioni che rimanevano valide.

Kaluza fece qualcosa di più che aggiungere una dimensione extra, la aggiunse arrotolandola su sé stessa in quella che definì “la condizione del cilindro”. Questo requisito fece emergere qualcosa di nuovo: Kaluza ottenne le solite equazioni della relatività generale nelle solite quattro dimensioni, oltre a una nuova equazione che replicava le espressioni dell’elettromagnetismo. Sembrava che l’aggiunta potesse unificare la fisica ma cosi non fu.

Molti anni dopo un fisico, Oskar klein, cercò di dare un’interpretazione del lavoro di Kaluza in termini di meccanica quantistica. Klein scoprì che se un’eventuale quinta dimensione esisteva e in qualche modo fosse responsabile dell’elettromagnetismo, quella dimensione doveva essere arrotolata su se stessa come Kaluza suggeri, ma in uno spazio molto piccolo, dell’ordine i 10 ^ -35 metri.

Se questa quinta dimensione extra è veramente cosi piccola non la possiamo studiare nemmeno con gli esperimenti ad alta energia. Se effettivamente questa dimensione extra o altre dimensioni extra in generale sono avvolte in loro stesse, ogni volta che ci muoviamo nello spazio a quattro dimensioni le oltrepassiamo molte volte. Proprio in queste dimensioni strettamente avvolte abitano le stringhe.

Ulteriori approfondimenti matematici hanno consentito di scoprire che le sei dimensioni spaziali extra necessarie alla teoria delle stringhe devono essere racchiuse in una particolare serie di configurazioni, note come varietà Calabi-Yao. Ma non esiste una varietà unica consentita dalla teoria delle stringhe, ne esistono circa 10 ^ 200.000.

Queste varietà dicono che le dimensioni extra possono essere avvolte su se stesse in molte configurazioni e ognuna di esse influenzerà il modo in cui le stringhe vibrano determinando il loro comportamento nel mondo macroscopico. Ognuna di esse dunque porta a un universo distinto con le sue leggi fisiche.

Solo una delle configurazioni può originare il nostro universo, quale?

Purtroppo la teoria delle stringhe non è in grado di dire quale sia la configurazione che descrive il nostro universo.

Non esiste ancora una matematica in grado di seguire la catena che porta dalle molteplici varietà alle vibrazioni delle stringhe specifiche fino alla fisica dell’universo che osserviamo.

La risposta dei teorici delle stringhe è qualcosa che si chiama Paesaggio, un multiverso composto da tutti i possibili universi previsti dalle varie varietà, con il nostro universo ridotto a uno di essi perso tra le miriadi di universi.

Ed è qui che si trova la teoria delle stringhe oggi, da qualche parte nel Paesaggio.

Fonte: https://www.space.com/more-universe-dimensions-for-string-theory.html

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