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L’Universo corre più veloce della luce: l’espansione accelerata sfida le leggi della fisica

L'Universo, un luogo che abbiamo creduto di conoscere sempre meglio, ci riserva ancora sorprese sconcertanti. Recenti scoperte hanno messo in discussione le nostre teorie più solide, gettandoci in un'era di rinnovata esplorazione cosmica

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Negli ultimi anni, la nostra comprensione dell’Universo ha subito una scossa inattesa. Le nuove osservazioni cosmiche stanno mettendo a dura prova le nostre teorie più consolidate, innescando una vera e propria crisi nella cosmologia.

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L’Universo si espande più velocemente del previsto: una crisi per la cosmologia

Al centro di questa crisi c’è un problema noto come “tensione di Hubble“. In sostanza, i due metodi principali utilizzati per misurare la costante di Hubble, ovvero la velocità con cui si sta espandendo, forniscono risultati discordanti.

Il primo metodo si basa sull’analisi della radiazione cosmica di fondo (CMB), una sorta di eco del Big Bang che permea l’intero Universo. Misurando le minuscole fluttuazioni nella CMB, gli scienziati possono ricavare un valore per la costante di Hubble. Il secondo metodo, invece, si basa sull’osservazione di stelle variabili Cefeidi, utilizzate come “candele standard” per misurare le distanze cosmiche. Il problema è che i due metodi forniscono valori della costante di Hubble significativamente diversi. Le misure basate sulla CMB indicano un’espansione dell’Universo più lenta rispetto a quelle ottenute utilizzando le Cefeidi.

Questa discrepanza, nota come “tensione di Hubble”, ha messo in crisi il modello cosmologico standard, che descrive l’Universo come omogeneo, isotropico e in espansione accelerata. Se la tensione di Hubble è reale, potrebbe indicare che il nostro modello cosmologico è incompleto e che ci sono fenomeni fisici che ancora non comprendiamo appieno. Per spiegare questa discrepanza, gli scienziati hanno avanzato diverse ipotesi, che spaziano dall’introduzione di nuova fisica, come particelle o forze ancora sconosciute, alla presenza di errori sistematici nelle misure, fino alla possibilità che l’Universo non sia omogeneo su larga scala.

Le implicazioni sono profonde e potrebbero rivoluzionare la nostra comprensione dell’Universo. Potrebbe essere necessario rivedere le nostre teorie sulla gravità, sulla materia oscura e sull’energia oscura. Inoltre, questa scoperta potrebbe aprire nuove prospettive per la ricerca di una teoria unificata di tutte le forze fondamentali della natura.

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La tensione di Hubble rappresenta una sfida interessante per i cosmologi. Per risolvere questo enigma, saranno necessarie nuove osservazioni e nuove teorie. Telescopi come il James Webb Space Telescope e le future missioni spaziali svolgeranno un ruolo cruciale nel fornire i dati necessari per comprendere meglio l’Universo e risolvere questa  questione.

Un’anomalia inquietante

All’inizio, i dati sembravano confermare la nostra comprensione dell’Universo. Ma quando abbiamo iniziato a misurare le distanze tra le galassie utilizzando le Cefeidi, abbiamo scoperto qualcosa di sorprendente: l’Universo si stava espandendo più velocemente di quanto pensassimo. Questa scoperta ha creato un rompicapo per gli astronomi, mettendo in discussione le nostre teorie più consolidate.

La comunità scientifica è impegnata intensamente nel dibattito sulla tensione di Hubble. Mentre alcuni ricercatori cercano di individuare errori sistematici nelle misurazioni, altri propongono l’esistenza di una nuova fisica in grado di spiegare questa discrepanza. Le recenti misurazioni, sempre più precise, sembrano avvalorare quest’ultima ipotesi.

Con l’obiettivo di chiarire la natura della tensione di Hubble, il team di ricerca ha utilizzato i dati raccolti da DESI per costruire una scala delle distanze cosmiche. Questa scala, basata sulle posizioni di milioni di galassie, ha permesso di ottenere nuove misurazioni del tasso di espansione dell’Universo, confermando la discrepanza con le previsioni del modello cosmologico standard.

I primi risultati del DESI sembravano confermare le differenze già osservate tra i vari metodi di misurazione della costante di Hubble. Tuttavia, le incertezze legate alla calibrazione delle distanze nelle galassie più vicine hanno introdotto un margine di errore che ha reso più difficile interpretare i dati. In particolare, l’Ammasso della Chioma, una delle regioni più vicine a noi, ha rappresentato una sfida per gli astronomi.

Scolnic ha sottolineato che i dati di DESI, pur preziosi, presentavano una lacuna fondamentale: mancava una misurazione precisa delle distanze nelle galassie più vicine: “Ho compreso che potevo colmare questa lacuna“, ha affermato Scolnic, “E ho dedicato tutte le mie energie a questo progetto, ottenendo una delle stime più accurate della costante di Hubble“.

L’Ammasso della Chioma è stato al centro dello studio di Scolnic e del suo team, che hanno analizzato in dettaglio 12 supernove di Tipo Ia presenti in questa regione cosmica. Grazie a queste osservazioni, è stato possibile determinare con grande precisione la distanza dell’ammasso, fissandola a circa 320 milioni di anni luce. Questa misurazione, coerente con stime precedenti, rappresenta un punto di riferimento fondamentale per la calibrazione della scala delle distanze cosmiche e per la risoluzione della tensione di Hubble.

Conclusioni

La nuova scala delle distanze, ancorata più saldamente grazie alle osservazioni dell’Ammasso della Chioma, ha confermato il valore della costante di Hubble a 76,5 km/s/Mpc, rafforzando la tensione con le previsioni del modello cosmologico standard. Questa discrepanza rappresenta una sfida significativa per la nostra comprensione dell’Universo e suggerisce che potrebbero essere necessarie nuove teorie per spiegare l’espansione accelerata.

Lo studio è stato pubblicato sul The Astrophysical Journal Letters.

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