Un team di ricercatori dell’Università di Cambridge, in Inghilterra, hanno stabilito un fondamento teorico per la realtà dei wormhole, o tunnel di Einstein-Rosen.
Un tunnel di Einstein-Rosen, o wormhole, è un oggetto misterioso che affascina scienziati e non. Il nome, più che altro fantascientifico, significa letteralmente “buco di verme” e si pensa che, sostanzialmente, sia un collegamento tra due punti dello spazio-tempo. Questi “tunnel” apparvero per la prima volta come soluzione delle equazioni di campo di Einstein. Sono infatti chiamati anche ponti di Einstein-Rosen, dai nomi del celebre scienziato Albert Einstein e dal suo allora assistente statunitense Nathan Rosen.
Secondo alcune teorie, entrando in un tunnel di Einstein-Rosen sarebbe possibile sbucare quasi istantaneamente all’altra estremità del tunnel nonostante entrata e uscita possano distare tra loro fisicamente anche miliardi di anni luce. Fu teorizzato che potesse esistere un oggetto così massivo da essere in grado di bucare il piano spazio temporale collegando due punti come un cunicolo. Questo oggetto estremamente massivo deve essere compresso in un raggio relativamente piccolo, detto raggio di Schwartzschild: rs=2GMc2. Questi oggetti vengono anche chiamati “singolarità”, un nome che spesso si sente associare ai buchi neri. Difatti l’entrata di questo del ponte di Einstein-Rosen sarebbe per l’appunto un buco nero, mentre quello d’uscita viene detto buco bianco.
Questi ponti possono collegare due punti dello stesso spazio-tempo (cunicoli intra-universo) o, volendo seguire la discussa M-teoria, due brane (“membrane”) distinte che entrano in contatto tramite il wormhole. Secondo questa teoria, nata per provare a riunificare le cinque teorie delle stringhe, l’universo sarebbe una brana tridimensionale immerso in un iperspazio ad 11 dimensioni. In questo modello esisterebbero altri infiniti universi costituiti da brane n-dimensionali che fluttuano in questo enorme iperspazio e i wormhole, quindi fornirebbero una via per passare da un universo all’altro (cunicoli inter-universo).
Ma c’è un problema: i wormhole di Einstein-Rosen sarebbero estremamente instabili e non rimarrebbero aperti abbastanza a lungo da far passare qualcosa.
Kip Thorne del California Institute of Technology ipotizzò in uno studio che i wormhole potessero essere mantenuti aperti usando una forma di energia negativa chiamata energia Casimir. In fisica l’effetto Casimir consiste nella forza attrattiva che si esercita fra due corpi estesi situati nel vuoto (ad esempio due piastre parallele), dovuta alla presenza del campo quantistico di punto zero.
Tale campo trae origine dall’energia del vuoto determinata da particelle virtuali che si creano continuamente per l’effetto di fluttuazioni quantistiche, secondo quanto previsto dal principio di indeterminazione di Heisenberg.
Il fenomeno prende il nome dal fisico olandese Hendrik Casimir che, nel corso delle sue ricerche sull’origine delle forze viscose nelle soluzioni colloidali, lo teorizzò nel 1948 in base a considerazioni di meccanica quantistica.
La meccanica quantistica ci dice che il vuoto dello spazio-tempo pullula di fluttuazioni quantistiche casuali, che creano ondate di energia. Ora immaginiamo due piastre di metallo che fluttuano parallele in questo vuoto. Alcune onde di energia sono troppo grandi per stare tra le piastre, quindi la quantità di energia tra loro è inferiore a quella che li circonda. In altre parole, lo spazio-tempo tra le piastre ha energia negativa.
I tentativi teorici di utilizzare tali piaste per mantenere aperti i wormhole sono finora risultati insostenibili. Ora Luke Butcher dell’università di Cambridge potrebbe aver trovato una soluzione.
L’ipotetica soluzione stabilita a Cambridge ha a che fare con le proprietà dell’energia quantica e dimostra che anche i vuoti si uniscono per mezzo di onde di energia.
Nelle giuste circostanze, la forma tubolare del wormhole stesso potrebbe generare energia Casimir? I calcoli mostrano che se la gola del wormhole è di svariati ordini di grandezza più lunga della larghezza della sua bocca, effettivamente crea energia Casimir al suo interno.
“Sfortunatamente, questa energia non è sufficiente per mantenere stabile il wormhole a lungo” ha dichiarato Butcher.
C’è, però da aggiungere che l’esistenza di energia negativa permette al wormhole di crollare molto lentamente. Ulteriori calcoli mostrano che il centro del tunnel spaziale potrebbe rimanere aperto abbastanza a lungo da permettere a un impulso di luce di attraversarlo.
Un wormhole è una scorciatoia attraverso lo spazio-tempo, quindi inviarvi dentro un impulso luminoso potrebbe consentire una comunicazione più veloce della luce. E poiché le due bocche di un wormhole possono esistere in momenti diversi, in teoria un messaggio potrebbe essere inviato nel tempo.
Butcher avverte che sarà necessario molto più lavoro per confermare che altre parti del wormhole oltre al centro rimangono aperte abbastanza a lungo da permettere alla luce di arrivare fino in fondo. Ha anche bisogno di capire se un impulso abbastanza grande da trasmettere informazioni significative potrebbe sgattaiolare attraverso la gola che crolla lentamente.
E, naturalmente, siamo molto lontani dal tradurre le equazioni teoriche in un oggetto fisico.
Fonti: arxiv.org – portale misteri – Different – Reccom Magazine