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Tumori: uno studio di Yale chiarisce l’inefficacia delle cure alternative

Sempre più spesso si sente parlare di medicine alternative, omeopatia su tutte. La popolarità che queste pratiche hanno assunto nel corso del tempo è a dir poco incredibile, tanto che si è arrivati al punto che, nell’opinione pubblica, vengono ormai poste sullo stesso livello, se non al di sopra, rispetto alla medicina tradizionale. Si è arrivati ad avere persone che si affidano alle cure alternative quando sono affette da qualsiasi tipo di patologia, anche se si tratta di tumori.

I ricercatori della Yale School of Medicine hanno condotto uno studio di osservazione, pubblicato il 10 Agosto 2017 sul JNCI, proprio su malati oncologici che si sono affidati alle medicine alternative e hanno paragonato i risultati ottenuti con quelli di pazienti trattati con i metodi convenzionali.

Lo studio

Il lavoro dei ricercatori di Yale si è concentrato sull’analisi di tumori non metastatici del seno, del polmone, del colon-retto e della prostata, per i quali le aspettative di guarigione sono buone con le terapie standard, non tenendo conto dei pazienti con patologie al IV stadio. Per questi tipi di neoplasie si è voluto osservare la sopravvivenza a cinque anni dei pazienti.

281 persone sono state scelte tra coloro che hanno deciso di utilizzare solo ed esclusivamente le cure alternative mentre il gruppo dei pazienti trattati dalla medicina convenzionale contava di 560 individui. Si è prestato attenzione anche a selezionare persone nelle stesse fasce di età e che non presentassero patologie secondarie in grado di modificare l’andamento dello studio e incidere sulla letalità dei tumori.

I risultati

I ricercatori hanno osservato che il 78.3% dei pazienti curati con metodiche standard è sopravvissuta alla malattia per almeno cinque anni (intervallo di confidenza 95% tra 74.2% e 81.8%) mentre con le cure alternative questa percentuale scende al 54.7% (intervallo di confidenza 95% tra 47.5% e 61.3%).
Da ciò si vede come i pazienti curati con medicina tradizionale hanno molte più possibilità di sopravvivere al tumore almeno per il periodo dello studio.

Va osservato come il tipo di tumore faccia la differenza ed abbia un peso specifico all’interno di questa analisi. Non tutti i tumori presi in esame hanno lo stesso tasso di mortalità in un arco di tempo così breve, per cui i pazienti affetti da tumore prostatico hanno una buona possibilità di sopravvivere per cinque anni anche se si affidano alle cure alternative, poiché si tratta di un tumore a crescita molto lenta.
Analizzando solo i tumori al seno, si è registrato un divario decisamente più ampio: 86.6% contro 58.1%.

Così i ricercatori hanno commentato i loro risultati:

 “Abbiamo visto come i pazienti oncologici che hanno iniziato dal principio un trattamento con cure alternative, senza un trattamento convenzionale dei tumori, avevano una maggiore probabilità di morire”.

Conclusioni

Questo studio rappresenta dunque, se ce ne fosse ancora bisogno, un altro tentativo di buttare giù il mito delle medicine alternative. Non esiste certo una cura miracolosa che i medici tengono segreta, non ci sono gli interessi delle case farmaceutiche dietro la mancata scoperta di una cura efficace contro il cancro. Chi si rivolge alle cure alternative per disperazione o per mancanza di fiducia nel personale sanitario dovrebbe capire che sta scegliendo una strada pericolosa e che spesso ha esito infausto.

Nessuno può negare che queste pratiche possano fornire un aiuto concreto, seppur solo psicologico, ai malati di tumori per alleviare le loro sofferenze, tuttavia ripudiare l’aiuto che la medicina dà nel combattere questo male non può che essere considerato folle.

Il compito di chi fa scienza e di chi la divulga è proprio questo: far sì che più persone possibile comprendano l’utilità delle terapie convenzionali così da limitare i casi di morti dovute a scelte tutt’altro che logiche.

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