Un gruppo di ricercatori ha scoperto, rimaste impresse sulla superficie della Terra da circa 550 milioni di anni, una delle prime tracce fossili di un essere vivente di terra che potrebbe rivelarsi utile per raccontare la storia, ancora misconosciuta, dei primi organismi in grado di muoversi.
La scoperta è importante non solo perché è stata rinvenuta la traccia del movimento dell’antico organismo impressa nella roccia ma, anche perché, lungo la traccia, è stato rinvenuto il fossile dell’organismo che la ha prodotta. In passato, per attribuire tracce simili ad un animale specifico si erano potute solo fare congetture.
I fossili, rinvenuti pochi anni fa nella formazione di Dengying, nelle Gole dello Yangtze, in Cina, sono stati chiamati “Ylingia spiciformis“, insetto di Ylingia, essendo Ylingia la città più vicina al sito della scoperta.
Lo Ylingia spiciformis, lungo una decina di centimetri, e largo da 8 a 25 millimetri, si trascinava sul fondale fangoso dell’oceano muovendosi in modo alternato, lasciando tracce lunghe circa un metro.
Il suo corpo simile a quello di un millepiedi, era probabilmente composto da una cinquantina di segmenti. L’elementare organizzazione dello Ylingia spiciformis permette di distinguere una testa, una coda, una parte dorsale, una ventrale e una spiccata simmetria bilaterale. Il fossile, quindi, è una testimonianza diretta dell’avvento sulla Terra degli animali dotati di simmetria bilaterale i “bilateriani“ che includono la stragrande maggioranza degli animali oggi esistenti, essere umano compreso.
Le analisi condotte dai ricercatori cinesi dell’Accademia delle Scienze a Nanjing con i colleghi statunitensi del Virginia Tech College of Science sono state pubblicate su Nature.
“Questa scoperta dimostra che gli animali segmentati e mobili si erano già evoluti 550 milioni di anni fa“, afferma il geoscienziato Shuhai Xiao, del Virginia Tech College of Science. “La mobilità ha permesso agli animali di creare un’impronta inconfondibile sulla Terra, sia letteralmente che metaforicamente”.
I ricercatori che hanno studiato i fossili ritengono che questa scoperta potrebbe essere ancora più significativa: potrebbe rappresentare il primo esempio noto di animali dotati di capacità di decisione. La Yilingia spiciformis potrebbe essere morta mentre tentava di spostarsi da o verso qualcosa, forse grazie a un sofisticato sistema nervoso centrale, anche se saranno necessarie ulteriori ricerche per chiarire questo aspetto.
Con un esame più approfondito del fossile si è dimostrato che l’animale compiva delle soste durante il tragitto, forse per riposare o, vista la probabile presenza di una testa e quindi di un sistema nervoso centrale, prendere una qualche decisione sulla direzione.
La scoperta delle tracce conferma un’ipotesi precedente secondo cui le creature hanno prima evoluto la capacità di muoversi intenzionalmente ad un certo punto durante il periodo Ediacariano circa 635-540 milioni di anni fa segnando la nascita dei bilateriani in grado di controllare i propri movimenti.
Gli animali in grado di spostarsi autonomamente acquisirono un grande vantaggio evolutivo di cui le specie moderne beneficiano ancora. “La capacità [bilateriana] di modellare la faccia del pianeta è in definitiva legata all’origine della motilità animale“, afferma Xiao.
Grazie alla conquista della motilità la vita sulla Terra non è più stata la stessa: gli organismi divennero capaci di muoversi da soli, grazie alla propria energia. Questa conquista contirbuì a gettare le basi dell’esplosione della vita avvenuta durante il periodo Cambriano, 541-485 milioni di anni fa.
La scoperta ha portato entusiasmo tra i ricercatori: è uno dei primi segni di cambiamento nella vita sulla Terra che ha fatto diventare il nostro mondo come lo conosciamo oggi.
“Siamo l’animale di maggiore impatto sulla Terra“, afferma Xiao.”Lasciamo un’impronta enorme del nostro passaggio, non solo a causa della locomozione, ma in molte altre attività più incisive legate alla nostra capacità di muoversi“.
“Quando e come si è evoluta la locomozione animale definisce un importante contesto geologico ed evolutivo di impatto antropogenico sulla superficie della Terra“.
La ricerca è stata pubblicata su Nature.