In molti avremo visto le foto di Nole Djokovich a torso nudo con una patch attaccata con un cerotto al processo xifoideo dello sterno: “Il segreto della mia carriera” titolava la versione on line del Corriere della Sera parlando del misterioso cerotto che viene descritto come un magnete.
Il dubbio è stato immediato, se questo oggetto avesse davvero molta importanza nel rendimento sportivo di Nole, perché se ne parla solo ultimamente? Una rapida ricerca su Google immagini con parole chiave “Nole Djokovich fisico” fanno emergere decine di immagini del grande campione a torso nudo e solo in quelle più recenti compare la misteriosa patch.
L’oggetto in questione è un dispositivo Taopatch®, un gadget nanotecnologico basato su nanotubuli di carbonio e quantum dots, che emette fotoni ed elettroni coerenti e permette, a detta della ditta veneta che lo produce e commercializza, mirabolanti effetti sulla postura e sulle prestazioni atletiche. Il cerotto vanta anche alcune ricerche e persino un articolo su una rivista referata, in teoria il massimo della “ufficialità” della scienza. Sono quindi andato a leggermi questa documentazione.
Devo ammettere che partivo prevenuto. Perché i quantum dots sono una cosa seria, vengono effettivamente usati per realizzare laser (cioè sorgenti di fotoni coerenti) ma, e qui nascono i primi dubbi, se non gli fornisci energia elettrica non producono nessun fotone.
Il Taopatch è un dischetto di plastica, che funziona senza nessuna alimentazione elettrica, semplicemente grazie al calore della pelle. Un oggetto che emette fotoni alle lunghezze d’onda della luce visibile oltretutto si dovrebbe vedere, al buio. Lo scaldi e splende come una lampadina. Se te lo applichi in fronte puoi fare lo speleologo senza portarti in giro pesanti torce elettriche.
Il Taopatch funzionerebbe trasformando i fotoni termici emessi dal corpo in fotoni luminosi, che hanno frequenza (ed energia) superiore, e soprattutto a temperatura di colore superiore. Si tratterebbe a tutti gli effetti di un “frigorifero gratuito”, un meccanismo che assorbe energia da un corpo (il nostro) ad una certa temperatura e la cede ad un altro (il campo elettromagnetico dei fotoni) a temperatura molto più alta, senza dover scaricare calore verso un “pozzo freddo” (funziona normalmente sotto i vestiti, che intrappolano il nostro calore).
Un oggetto del genere sfiderebbe il secondo principio della termodinamica e aprirebbe la strada a tutta una serie di mirabolanti macchine a moto perpetuo di seconda specie.
Facendo qualche ricerca in rete emergono alcuni articoli di analisi e recensione ed alcuni articoli “scientifici” dai risultati interpretabili pubblicati su alcune riviste a basso impact factor.
Ad esempio, Gianni Comoretto nel 2018 scriveva:
“Ho cominciato a studiare la cosa 3 anni fa, in seguito ad un articolo su un blog di un appassionato di scienza, poi ripreso dalla giornalista scientifica Sylvie Coyaud. All’epoca (la pagina del 2015 è stata archiviata nella Time Machine, la rete non dimentica nulla) )il funzionamento del cerotto veniva imputato all’ “entanglement quantistico“, un collegamento tra particelle lontane tra loro ma interlacciate (o intrecciate) molto difficile da realizzare e soprattutto difficile da mantenere. Pensare che un cerotto possa essere in uno stato di entaglement con parti del corpo umano (rettifico, con una “unità di memoria” che l’inventore conserva in ditta e con cui trasmette al cerotto le frequenze giuste) è semplicemente ridicolo. L’inventore deve essersene reso conto, e ha rimosso tutti i riferimenti a questo fenomeno, sostituendoli con l’apparentemente più innocua “coerenza”. Ma anche la coerenza è qualcosa che non è facile da realizzare. In particolare i fotoni, nella descrizione del dispositivo, sembrerebbero coerenti con qualcosa di non meglio specificato nel corpo del soggetto a cui il dispositivo sarebbe applicato. E soprattutto andrebbe dimostrata, cosa che su dei fotoni che nessuno ha neppure mai visto credo sia complicato. Cosa siano poi degli elettroni coerenti non è dato di sapere”.
La documentazione scientifica a corredo del dispositivo parte da una dichiarazione di conformità rilasciata dalla facoltà di Chimica dell’Università di Milano, che in pratica afferma solamente che il dispositivo è innocuo e non costituisce doping. Essendo un dischetto di plastica anallergica, assolutamente inerte, la cosa non sorprende.
Poi ci sono diverse tesi di laurea, o di master, e una presentazione ad un congresso. Ne è disponibile una in rete, e credo sia indicativa del livello di questi lavori. Si parte da una introduzione che ricopia le affermazioni pseudo-fisiche contenute nel sito del produttore. Noi saremmo composti al 99% da energia, e il Taopatch@ agirebbe su questa energia tramite i fotoni coerenti emessi (che misteriosamente nessuno vede). Segue una descrizione del sistema scheletro-muscolare che ci tiene in piedi, e infine le misure effettuate su 15 persone a cui è stato applicato il dischetto, confrontate con 15 persone a cui ne è stato applicato uno finto e 15 senza nessun dischetto. I dati sono difficili da interpretare, in quanto non viene fornito un elemento essenziale: quanto variano i risultati tra una persona e l’altra? Qualcosa si capisce guardando attentamente i grafici. Chi indossava il dispositivo mostra una leggerissima (qualche percento) diminuzione della lunghezza delle oscillazioni che esegue quando sta in piedi (bene), e un leggerissimo aumento dell’area su cui oscilla (male). Ma da persona a persona questi parametri variano anche di un fattore 1 a 3, e nei piccoli campioni osservati comunque ci si aspetta variazioni consistenti, anche del 20-30%. Quindi il tesista, per trovare qualcosa, ha innanzitutto calcolato il rapporto tra lunghezza ed area. Ha valutato questa quantità quando le persone tenevano gli occhi aperti e chiusi, e la lingua lasciata libera o puntata contro il palato. In questo modo trova che ad occhi chiusi, con la lingua contro il palato, il Taopatch® causerebbe un “miglioramento” del 10%. Che dai dati riportati è assolutamente casuale. Inoltre siamo nel caso del “multiple comparison bias”, se cerchi abbastanza parametri ne troverai sicuramente uno che sostiene quello che vuoi tu. Non commento neppure l’ultimo capitolo, in cui si fa provare il cerotto a DUE malati di sclerosi multipla. In una malattia che ha alti e bassi, e in cui le persone sapevano di indossare un oggetto che li avrebbe dovuti aiutare, sarebbe stato strano non osservare un miglioramento in almeno qualcuno dei 20 parametri misurati.
Infine nel settembre 2017 è stato pubblicato un articolo sulla rivista (referata) “The Journal of Sports Medicine and Physical Fitness“. Anche qui si parte con una descrizione del principio di funzionamento. Si riportano ricerche sugli effetti dei fotoni coerenti (stimolazione laser), dicendo però che per ottenere questi effetti si usano laser con potenze da 5 milliwatt (più luminosi di un puntatore laser) a 200 milliwatt (delle discrete bestie). Se il cerotto emettesse queste potenze, lo si potrebbe usare come lampadina.
Anche qui sono stati analizzati 15 volontari con il cerotto “vero” e 15 con un cerotto “finto”. Sono state confrontate la stabilità della postura prima e dopo 4 ore di applicazione del cerotto, ad occhi aperti e chiusi, valutando 4 indicatori (lunghezza totale ed area delle oscillazioni, e deviazioni dalla verticale nei due assi avanti-dietro e destra-sinistra). In totale 8 parametri, che diventano 24 in quanto si confrontano i risultati prima e dopo l’applicazione sia nei singoli gruppi di test e di controllo che i gruppi tra di loro. Solo due di questi mostrano qualcosa, l’effetto del cerotto non sposta il baricentro e non è visibile ad occhi chiusi. E solo in uno c’è una differenza significativa (e comunque modesta) tra gruppo di test e di controllo, dovuta essenzialmente ad un peggioramento nel gruppo con il patch finto, non a un miglioramento in quello con il patch vero. I dati grezzi non sono riportati, lo sono solamente le conclusioni, e quindi non è possibile ripetere e verificare l’analisi statistica. I ricercatori sembrano comunque rendersi conto dei limiti del lavoro e parlano di “risultati preliminari” che “devono essere confermati da altri studi”.
Ho trovato un’altra valutazione dello studio, effettuato da un medico che arriva a conclusioni simili alle mie, sul sito Chiedi le prove.
In conclusione. Se il cerotto funzionasse come descritto nelle ricerche splenderebbe al buio, permetterebbe il moto perpetuo, la comunicazione di informazione istantanea in barba alla velocità della luce, e richiederebbe in generale una revisione della fisica oggi nota a partire dai suoi fondamenti. Il fortunato scopritore concorrerebbe a pieno titolo per il Nobel, e verrebbe inseguito dalle più prestigiose università, oltre a poter fare una valanga di soldi con le applicazioni delle sue scoperte. Non esiste neppure una minima indicazione, in tutta la documentazione fornita, che sostenga queste affermazioni.
Resta la domanda: ma funziona? A sentire i testimonial sì, ma sappiamo da almeno 50 anni che se ti dicono che una cosa funziona, almeno su qualcuno funzionerà. Magari poco. Magari ti sembrerà solo che funzioni anche se non fa nulla. Gli studi disponibili (essenzialmente due, il master e l’articolo su rivista) mostrano il primo un effetto praticamente nullo, e solo sui parametri scelti a posteriori come quelli “giusti”. Il secondo un effetto debolissimo, che un testimonial non sarebbe mai in grado di rilevare, e nel senso opposto al primo. Che gli stessi autori dell’articolo sostengono vada confermato prima di crederci davvero.
In realtà, in rete non mancano i commenti positivi postati da persone che soffrono di sclerosi multipla che potrebbero, però, godere dell’effetto placebo. Ho vissuto la sclerosi multipla sulla pelle di mio padre e ho constato come facilmente qualsiasi prospettiva di alleviarne i sintomi induce in chi soffre di questa malattia un repentino, quanto temporaneo, miglioramento. Aggiungiamo che per sua natura la SM comporta peggioramenti seguiti da lunghi periodi di regressione che potrebbero essere facilmente scambiati per segni del funzionamento benefico del dispositivo.
Insomma, esaminando recensioni e commenti presenti in rete emerge che il dispositivp, solo recentemente, adottato da Djokovich sia frutto di una qualche forma di sponsorizzazione visto che dubito che un professionista del calibro di Nole, dotato di fiori di consulenti, affiderebbe la sua integrità fisica ad un dispositivo la cui unica certificazione garantisce che non è dannoso e che solo la ditta che lo produce e commercializza afferma apportare ogni genere di effetti positivi a chi lo indossa.
Concludo riportando i link ai lavori pubblicati che citano il dispositivo senza giungere a conclusioni definitive per i piccoli numeri dei soggetti impiegati e che, inevitabilmente, raccomandano ulteriori studi si una più ampia corte di soggetti. Da notare che i lavori sono tutti pubblicati su riviste a basso impact factor, che ad oggi hanno bassissime o nulle citazioni e che, in due casi, l’articolo è pubblicato su pubmed, un database, cioè una raccolta, dove può pubblicare quasi chiunque e non c’è peer review,
Per completezza riporto anche gli aarticoli più interessanti da cui ho attinto, invitandovi anche a leggere i commenti, forse più esaustivi degli artyicoli stessi ed il sito della casa madre del dispositivo.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36112067/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32744040/
Il gemello malvagio della scienza
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8495370/
https://forum.mssociety.org.uk/t/taopatch-anyone-tried/33705/14