Svelato il mistero dei ghiacciai marziani

I ghiacciai potrebbero essere molto utili quando su Marte sbarcheranno missioni esplorative che dipenderanno dall'acqua che potranno estrarre

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Una nuova analisi rivoluziona quello le nostre conoscenze sui ghiacciai Marziani. I risultati sono disponibili in un articolo pubblicato negli Atti delle National Academies of ScienceS (PNAS), a rivelarlo il planetologo Joe Levy, assistente professore di geologia alla Colgate University.

Ampie zone della Terra sono state coperte da ghiacciai durante l’ultima era glaciale che raggiunse il suo picco circa 20.000 anni fa. In seguito, i ghiacciai si sono ritirati ai poli. Su Marte invece, i ghiacciai non se ne sono mai andati, rimanendo congelati sulla fredda superficie del Pianeta Rosso per oltre 300 milioni di anni, nascosti dai detriti.

Come ha osservato Levy: “Tutte le rocce e la sabbia trasportate su quel ghiaccio sono rimaste in superficie. È come mettere il ghiaccio in un frigorifero sotto tutti quei sedimenti”.

I geologi non sanno se i ghiacciai presenti su Marte si sono formati durante una grande era glaciale o si sono formati separatamente nel corso delle ere geologiche. Le glaciazioni sono causate dallo spostamento nell’inclinazione dell’asse di un pianeta (noto come obliquità), rispondere a questa domanda potrebbe dire agli scienziati come l’orbita e il clima di Marte sono cambiati nel tempo, che tipo di rocce, gas e persino se i microbi potrebbe essere intrappolato nel ghiaccio.

“Ci sono ottimi modelli per i parametri orbitali di Marte negli ultimi 20 milioni di anni. Dopo di che i modelli tendono a diventare caotici”, ha aggiunto Levy.



Levy ha ideato un esperimento per esaminare le rocce sulla superficie dei ghiacciai. Poiché presumibilmente si erodono con il passare del tempo, una progressione costante di rocce più grandi e più piccole che procedono in discesa indicherebbe un singolo, lungo evento glaciale.

Levy ha scelto 45 ghiacciai, e dopo aver acquisito immagini ad alta risoluzione raccolte dal satellite Mars Reconnaissance Orbiter ha deciso di valutare le dimensioni e contare il numero delle rocce. Con una risoluzione di 25 centimetri per pixel, “puoi vedere cose delle dimensioni di un tavolo da pranzo”, spiega Levy.

Nonostante la risoluzione, nemmeno l’intelligenza artificiale può determinare con precisione cosa sia o non sia una roccia sulle superfici ruvide del ghiacciaio; così Levy ha chiesto l’aiuto di 10 studenti della Colgate durante due estati per contare e misurare circa 60.000 grandi rocce. “Abbiamo fatto una sorta di lavoro sul campo virtuale, camminando su e giù per questi ghiacciai e mappando i massi”, spiega ancora Levy.

Levy si è inizialmente stupito in quanto non osservava una progressione per dimensioni dei massi, ma ne ha rilevato una distribuzione casuale. “In effetti, i massi ci stavano raccontando una storia diversa”, spiega Levy. “Non era la loro dimensione che contava; era il modo in cui erano raggruppati”.

Levy si è reso conto che le rocce all’interno del ghiacciaio non venivano erose. Allo stesso tempo, erano distribuite in chiare fasce di detriti sulle superfici dei ghiacciai, segnando il limite dei flussi di ghiaccio separati e distinti, formati mentre Marte oscillava sul suo asse.

Sulla base di questi dati, Levy ha concluso che Marte ha attraversato tra sei e 20 ere glaciali separate negli ultimi 300-800 milioni di anni.

“Questo documento è la prima prova geologica di ciò che l’orbita e l’obliquità di Marte avrebbero potuto fare per centinaia di milioni di anni”, spiega Levy.

La scoperta che i ghiacciai si sono formati nel tempo ha implicazioni per la geologia planetaria e persino per l’esplorazione spaziale, Levy aggiunge ancora. “Questi ghiacciai sono piccole capsule del tempo, che catturano istantanee di ciò che soffiava nell’atmosfera marziana. Ora sappiamo che abbiamo accesso a centinaia di milioni di anni di storia marziana senza dover scavare in profondità attraverso la crosta: possiamo semplicemente fare un’escursione lungo la superficie”.

Analizzando la storia marziana attraverso i ghiacciai si potrebbero trovare tracce di vita marziana risalente a un lontano passato in cui Marte era ancora più simile al nostro pianeta.

“Se ci sono biomarcatori in giro, anche quelli rimarranno intrappolati nel ghiaccio”. 

I ghiaccia potrebbero essere molto utili quando su Marte sbarcheranno missioni esplorative che dipenderanno dall’acqua che potranno estrarre dai ghiacciai marziani. Per farlo dovranno sapere che potrebbero esserci delle rocce al loro interno che potrebbero essere pericolose le perforazioni. Levy e i suoi colleghi stanno mappando il resto dei ghiacciai sulla superficie di Marte, sperando con i dati raccolti di addestrare l’intelligenza artificiale a identificare e conteggiare i massi.

Il lavoro di Levy ci dirà molto sulla storia del Pianeta Rosso, forse potrà rispondere alla vecchia domanda su Marte: c’è o c’era vita sul pianeta rosso?

“C’è molto lavoro da fare per capire i dettagli della storia del clima marziano”, conclude Levy, “incluso quando e dove era abbastanza caldo e abbastanza umido perché ci fossero salamoie e acqua liquida”.

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