Irina Gaidamachuck nasce a Njagan nel 1972, poco più che un paesone (non ha ancora lo status di città che otterrà tre anni dopo) nella Russia siberiana occidentale, a breve distanza dal basso corso del fiume Ob.
Tutta la cittadina vive intorno allo sfruttamento dei giacimenti di petrolio e di gas. E’ in questo luogo freddo e piovoso che Irina cresce. Non sappiamo molto della sua infanzia se non che i suoi genitori sembrano ignorare i disagi di questa ragazzina che diventa dipendente dall’alcool durante l’adolescenza. La situazione è cosi grave, che viene revocata la patria potestà ai genitori.
Diventata maggiorenne Irina si trasferisce a Krasnoufiminsk, una cittadina a circa 1000 km a sud, che all’epoca conta circa 47.000 abitanti. Qui conosce un ragazzo, Yuri che diventa presto suo marito. I due vanno a vivere insieme, e Irina di lì a poco diventa mamma di una bimba.
I problemi di dipendenza della giovane sono tutt’altro che superati, ormai Irina è una vera e propria alcolizzata, beve quantità esorbitanti di vodka. Il marito sta ben attento a non lasciare soldi per casa né a consentirle l’uso delle sue carte di credito, consapevole che finirebbero tutti in alcool. La donna non ha un lavoro, d’altra parte non riuscirebbe a tenerselo nelle condizioni di dipendenza in cui vive ma nel 2002, quando ha da poco compiuto i 30 anni, inizia ad uscire di casa tutti i giorni come se avesse un’occupazione.
Esce la mattina presto e rientra nel tardo pomeriggio, spesso con soldi o cibo. Il fatto è che questi soldi e questo cibo non sono frutto di un normale lavoro. Irina se li procura nel modo più brutale e sconvolgente possibile: uccidendo.
Nonostante la sua dipendenza dalla vodka, Irina mantiene infatti una lucidità ed una scaltrezza sorprendenti. Sceglie le sue vittime tra le donne anziane e sole, meglio se di carattere socievole e aperto. Fa la posta presso negozi e centri commerciali e quando individua la sua vittima, la segue per giorni, spiandone abitudini e comportamenti, individuandone l’abitazione e verificando quando e se ricevono visite da parenti ed amici.
Quando ritiene di aver un quadro esatto della situazione colpisce..
Si veste con una certa eleganza, bussa alla porta della vittima predestinata e spacciandosi per un’assistente sociale inizia a conversare amabilmente. Poi la richiesta di poter entrare per usare il bagno o bere un bicchiere d’acqua. Irina non fa paura, è una ragazza bionda (all’epoca si tingeva i capelli), ben educata, socievole. La fanno entrare.
Ed è a questo punto che si scatena la Lupa di Krasnoufiminsk o il Satana in gonnella come verrà soprannominata da stampa e televisione. Estrae dalla borsa un martello e massacra la vittima di turno.
Poi cerca in tutta la casa soldi o cibo, non prende altro, sta attenta a ripulire le eventuali tracce lasciate, mette in disordine l’abitazione simulando un tentativo di furto finito tragicamente e torna tranquillamente a casa, dall’ignaro marito.
Inizialmente le indagini della polizia non ottengono risultati concreti: l’idea che una simile violenza possa essere frutto dell’azione di un uomo porta gli investigatori fuori strada.
Ci vorrà una sopravvissuta alla follia omicida di Irina, tale Bilbinur Makshaeva, che indica senza alcun dubbio come una donna dai capelli biondi, la persona che l’ha aggredita, indirizzando cosi le ricerche della polizia sulla strada giusta. Lo sforzo messo in campo è enorme vengono interrogate e verificate le posizioni di oltre 3.000 donne ed arrestata anche una poveretta che risulterà innocente e la cui confessione è il frutto di coercizione da parte degli organi inquirenti.
Intanto Irina si rende conto che la terra inizia a scottare a Krasnoufiminsk ed inizia ad uccidere in altre città. Mieterà vite a Ekaterinburg (la capitale dell’Oblast’ di Sverdlovsk e quarta città più popolosa della Russia, situata a quasi 200 km a est di Krasnoufimsk), a Serov (cittadina a 350 km a nord di Ekaterinburg), a Druzhinino (75 km a ovest di Ekaterinburg), e nel piccolissimo villaggio di Achit.
Tutte donne tra i 60 e i 90 anni. Le sarà fatale un piccolo cambio nel suo modus operandi, si presenta alla sua ultima vittima, l’ottantunenne Alexandra Povaritsina, non come un’assistente sociale ma come un’imbianchina che si offre per ridipingere l’abitazione della vittima. Questo particolare risulterà molto chiaro e dettagliato con tanto di descrizione negli interrogatori sia dei vicini della vittima che dei parenti. Attraverso l’identikit si arriva cosi ad arrestare nel 2010 il Satana in gonnella.
In otto anni Irina aveva ucciso 17 anziane, oltre a risultare colpevole di un tentato omicidio. Il processo inizia nel febbraio del 2012 e il 12 giugno si conclude con una condanna a 20 anni di carcere. Irina, la Lupa di Krasnoufiminsk, ammesso che sconterà per intero la condanna, uscirà di prigione a 60 anni.