“Mantenere la prontezza di combattimento delle forze nucleari strategiche, dare la massima priorità alle armi a lungo raggio a guida di precisione” e all’hardware dell’aviazione”. Era sparito nel nulla, scomparso dai radar nel momento cruciale della guerra in Ucraina. Adesso Sergei Shoigu è riapparso impartendo queste direttive nel corso di un incontro tenutosi a Mosca.
Le parole del potente ministro della Difesa russo sono state inserite all’interno di un comunicato targato Ministero della Difesa rilanciato dall’agenzia Interfax. Prima di analizzare il significato delle affermazioni del “falco di Putin”, occorre fare un piccolo passo indietro e accendere i riflettori su cosa gli è accaduto negli ultimi giorni, quando nessuno aveva più avuto notizie di Shoigu.
Innanzitutto, il giallo sulla scomparsa di Shoigu ha assunto una notevole rilevanza in quanto l’enigmatico ministro è una delle tre persone che, nella Federazione Russa, possiede i codici della bomba atomica. In sostanza, per scatenare una rappresaglia nucleare non basta che Vladimir Putin autorizzi il lancio con il codice di lancio in suo possesso. È necessario, infatti, il doppio semaforo verde proveniente dal suddetto ministro della Difesa e dal capo di Stato maggiore interforze, Valery Gerasimov, anch’essi in possesso di due chiavi. Se anche uno solo dei tre codici viene annullato, l’intera procedura atomica si interrompe.
La ricomparsa di Shoigu
L’evaporazione di Shoigu (sparito assieme a Gerasimov) aveva dato adito alle ipotesi più assurde: da un eclissamento volontario ad una messa in stato di arresto, da una possibile epurazione al fatto che abbia avuto un malore.
L’ultima apparizione pubblica del ministro risale allo scorso 11 marzo, in occasione della consegna di varie onorificenze alle truppe russe. Il 18 marzo, il Cremlino ha fatto sapere che Shoigu era presente ad un incontro tra Putin e i membri del Consiglio di sicurezza per discutere lo stato della missione in terra ucraina. Eppure, le indiscrezioni sulla sua scomparsa hanno continuato a tenere banco. Arriviamo così al 25 marzo, apogeo del giallo Shoigu. La figura dell’alto funzionario del Cremlino è riapparsa, anche se solo virtualmente, in una videoconferenza con il presidente Putin diffusa dal Cremlino.
Mistero svelato? Neanche per idea, visto che i primi e gli ultimi 4 secondi del filmato sono sembrati identici. Questo ha sollevato sospetti sulla reale veridicità del video. Non a caso c’è chi sostiene che si sia trattato di un video confezionato ad hoc per placare i dubbi sulla sorte del ministro. Adesso è arrivata la prova che dovrebbe definitivamente chiarire la vicenda: Shoigu sarebbe vivo e non sarebbe stato epurato.
Le indicazioni del ministro
La nota diffusa dal governo russo si limita a riportare le parole di Shoigu. “Alla luce dell’operazione militare speciale, è necessario mantenere l’attuale tasso di forniture di armi avanzate, compresi i sistemi robotici e i mezzi di acquisizione delle informazioni e la guerra elettronica, nonché, naturalmente, come sempre, i mezzi di sostegno materiale e tecnico, alle forze armate”, ha fatto sapere il ministro.
Le sue parole potrebbero indicare che Mosca non intenderà abbandonare il campo di battaglia fin quando non avrà centrato tutti gli obiettivi prefissati. Non si spiegherebbe, altrimenti, la direttiva sul mantenimento della prontezza di strumenti e armi strategiche. A meno che non sia un semplice diversivo per dare coraggio all’esercito russo impegnato in Ucraina (che, secondo Kiev e le intelligence occidentali, si troverebbe in seria difficoltà).
In ogni caso alcune domande su Shoigu sono ancora senza risposta. Che fine aveva fatto in questi ultimi giorni? Davvero, come sostengono a gran voce alcune fonti, ha avuto problemi di salute?