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Saturno, nuova teoria sulla tempesta esagonale al polo nord

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By Harvard University
7 Ottobre 2020
tradotto e adattato da Giampiero Muzi

Col suo stupefacente sistema di anelli ghiacciati, Saturno ha sempre affascinato gli osservatori sin dai tempi più remoti. Anche oggi, il sesto pianeta del Sistema Solare continua ad avere molti misteri da scoprire, soprattutto perché la notevole distanza dalla Terra non agevola le ricerche. Un altro fattore rende gli studi su Saturno molto complessi: questo gigante gassoso, infatti, non è solo molte volte più grande del nostro pianeta (solo il diametro è dieci volte quello terrestre), ma ha anche una composizione e un’atmosfera principalmente fatte di idrogeno ed elio, rendendolo così del tutto diverso dalla Terra. Studiarlo e conoscerlo meglio potrebbe aprire la strada verso nuove intuizioni sulla stessa creazione del Sistema Solare.

Uno dei misteri di Saturno riguarda la gigantesca tempesta a forma esagonale che si sviluppa sul suo Polo Nord. Il vortice a sei lati è un fenomeno atmosferico che ha affascinato gli scienziati sin dal momento della sua scoperta negli anni Ottanta del secolo scorso, effettuata dal programma statunitense Voyager, e confermato successivamente nel 2006 dalla Missione congiunta NASA-ESA Cassini–Huygens. Lanciata il 15 ottobre 1997, la sonda aveva due elementi, l’orbiter americano Cassini – chiamato così in onore dell’astronomo ligure Giovanni Domenico Cassini, che sul finire del 1600 diede grande impulso allo studio del pianeta – e il lander europeo Huygens. Questa tempesta ha un diametro di oltre 32.000 chilometri (oltre 2,5 volte quello terrestre) ed è formata da venti che soffiano a quasi 500 km l’ora. Un uragano del genere non si è mai visto su nessun pianeta o satellite finora studiato.

Tra i numerosi ricercatori a caccia di tempeste interplanetarie per scoprire i segreti di queste autentiche meraviglie del cosmo, in questo periodo se ne segnalano due: Jeremy Bloxham (docente di Geofisica all’Università di Harvard nel Massachusetts, USA) e Rakesh K. Yadav, ricercatore associato che lavora nel medesimo laboratorio dello scienziato americano presso il Dipartimento della Terra e delle Scienze Planetarie a Boston. I due ricercatori hanno iniziato a valutare come quel vortice si sia determinato in uno studio pubblicato nel 2020 su PNAS, la rivista ufficiale dell’Accademia Nazionale delle Scienze americana, edita dal 1915.

Vediamo regolarmente uragani sulla Terra e anche questi sono sempre a forma di spirale, a volte circolari, ma mai abbiamo osservato qualcosa del genere con segmenti esagonali o con poligoni con spigoli”, ha detto Yadav. “È qualcosa di davvero impressionante e completamente inaspettato. Il punto ora è capire come un tale enorme sistema si formi e come possa restare immutato su un pianeta così grande”, ha aggiunto il ricercatore di origine indiana.

Creando un modello di simulazione 3D dell’atmosfera di Saturno, Yadev e Bloxham credono di riuscire a dare presto una risposta. Nel loro studio, gli scienziati sostengono che questa tempesta – che davvero sembra innaturale – accade quando le profonde correnti atmosferiche dentro Saturno creano grandi e piccoli vortici (noti anche come cicloni) che circondano una più grande corrente a getto orizzontale che soffia verso est vicino il Polo Nord del pianeta, anch’esso frequentato da diversi uragani.

Le tempeste più piccole interagiscono con il sistema più grande e il risultato è che effettivamente la corrente orientale viene spinta e confinata sul polo del pianeta. Questo processo di spinta deforma la corrente in un esagono. “Questo getto procede intorno a Saturno e deve coesistere con gli uragani locali più piccoli”, ha precisato Yadav, il coautore della ricerca. Per capire meglio, ha continuato studioso, “immaginate di avere un elastico, di legarvici attorno un mucchio di elastici più piccoli, e poi di schiacciare tutto dall’esterno. L’anello centrale andrà ad essere compresso e formerà alcune strane forme con un certo numero di spigoli. Questo è quello che fisicamente sta succedendo. Abbiamo queste tempeste minori che di fatto costringono l’uragano maggiore verso la regione polare e, dal momento che devono coesistere assieme, trovano uno spazio sufficiente per entrarvi tutti. Dal movimento di queste correnti ne esce questa forma poligonale”.

Il modello che i ricercatori hanno creato suggerisce che l’uragano sia profondo migliaia di chilometri, ben al di sotto delle nuvole di Saturno. La simulazione imita lo strato esterno del pianeta e comprende solo circa il 10% del suo raggio. In un esperimento durato un mese gli scienziati sono andati molto veloci; la simulazione al computer ha mostrato che un fenomeno chiamato convezione termica profondache accade quando il calore si trasferisce da un posto ad un altro mediante il movimento di liquidi o gas – può inaspettatamente dare vita a flussi atmosferici in grado di produrre grandi cicloni polari e una corrente con andamento verso est ad alta latitudine. Quando questo mix di eventi si produce assume una forma insolita e, dato che gli uragani si formano profondamente all’interno del pianeta, gli scienziati ritengono che questo crei la tempesta esagonale furiosa e persistente.

Il fenomeno della convezione è la stessa forza che origina tornado e uragani sulla Terra. È come bollire l’acqua in una pentola: il calore dal fondo si trasferisce su verso la superficie più fredda, causando le bolle di ebollizione. Questo principio è quello che si suppone sia alla base di molti uragani su Saturno che, essendo un gigante di gas, non ha una superficie solida come la Terra.

L’andatura a forma di esagono del flusso di correnti su Saturno è un esempio impressionante di come le turbolenze appaiano auto-organizzate”, hanno scritto i ricercatori. “Il nostro modello produce simultaneamente e auto-sistematicamente correnti zonali alternate, un ciclone polare e strutture poligonali esagonali del tutto simili a quelle osservate su Saturno”.

Cosa il modello non riusciva a riprodurre era comunque proprio un esagono. Infatti, nella riproduzione del modello gli scienziati hanno visto una forma di poligono a nove lati che si muoveva più velocemente di quanto non facesse l’uragano su Saturno. E ancora, la forma riprodotta serve come prova di concetto per tutte le tesi complessivamente formulate sulla creazione di questa enorme figura e sul perché sia rimasta relativamente immutata per quasi 40 anni.

L’interesse per la tempesta esagonale di Saturno risale infatti al 1988; all’epoca l’astronomo David A. Godfrey analizzò i dati trasmessi dalla sonda Voyager nel biennio 1980-81, quando passò vicino il pianeta e rivelò la scoperta. Decenni dopo, dal 2004 al 2017, la sonda della NASA Cassini fotografò alcune tra le più chiare e meglio conosciute immagini dell’anomalia, prima di cadere su Saturno.

Ancora relativamente poco si conosce su questo fenomeno in quanto il pianeta impiega 30 anni per orbitare intorno al Sole, lasciando i suoi poli al buio per tutto questo tempo. Per un istante, Cassini ha solo catturato delle immagini termiche dell’uragano, durante il suo primo passaggio nel 2004. Ma anche quando il Sole brilla sul Polo Nord di Saturno, le nuvole sono così spesse che la luce non riesce a penetrare profondamente nel pianeta.

In ogni caso, molte ipotesi esistono sulla formazione della tempesta, tra cui due principali scuole di pensiero. Una suggerisce che l’esagono sia solo superficiale ed esteso solamente per una profondità di centinaia di chilometri; la seconda che le correnti locali siano profonde migliaia di chilometri.

Le scoperte di Yadev e Bloxham si riferiscono a quest’ultima teoria naturalmente, ma hanno bisogno di maggiori dati sull’atmosfera di Saturno e di migliorare ulteriormente il modello di simulazione per creare una più accurata immagine di cosa sta accadendo nella tempesta.

Complessivamente, i due scienziati sperano che le loro scoperte possano aiutare a costruire un ritratto dell’attività di Saturno più in generale. “Da un punto di vista scientifico, l’atmosfera è davvero importante nel determinare quanto velocemente un pianeta si raffreddi. Tutte queste cose che possiamo vedere sulla superficie, sono chiaramente le manifestazioni del raffreddamento continuo del pianeta, e questo fenomeno ci dice che un mucchio di cose stanno succedendo dentro Saturno”, ha concluso Yadav. “L’obiettivo della scienza è evidentemente capire come Saturno sia arrivato a questo punto e come si evolverà in futuro”.

Fonte: https://scitechdaily.com/interplanetary-storm-chasing-new-explanation-for-hexagonal-storm-on-saturn/

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