Rudolf Clausius e la morte dell’universo

Nel 1875 Rudolf Clausius perde, in seguito ad un parto difficile, l’amatissima moglie Adie. Mentre è in ginocchio nella camera matrimoniale in penombra pervasa dall’aspro odore del sangue, il fisico e matematico tedesco osservava il corpo esanime della moglie, non può fare a meno di pensare che dal momento del concepimento l’uomo ingaggia un’inutile e perdente battaglia con la morte.

Venticinque anni prima, la sua rivoluzionaria teoria sul calore, gli aveva permesso di descrivere la Vita e la Morte da una prospettiva diversa, quella quantitativa. Clausius aveva scoperto che l’universo stava morendo e sia pure da un punto di vista emotivo, né aveva avuto conferma in quel momento così doloroso della sua esistenza.

Nell’universo esistono due tipi di processi quelli reversibili, le cui conseguenze possono, in determinate condizioni, essere annullate e quelli irreversibili. Questi ultimi sono fatali, portano in maniera più o meno progressiva, alla decadenza ed infine alla morte.
Per i filosofi naturali del Settecento (come si chiamavano allora gli scienziati) l’irreversibilità era blasfema: come poteva l’universo creato da Dio morire? Eppure verso la metà di quel secolo questa sicurezza che scaturiva da basi teologiche più che razionali, iniziò a vacillare quando si scoprirono alcuni processi irreversibili, due dei quali collegati con il calore.

Il calore pareva trasmettersi sempre da un corpo caldo ad uno freddo e mai viceversa e l’attrito trasformava sempre il moto in calore e mai il contrario. L’esistenza di questi due processi dimostrava che oltre la Vita, anche l’universo stava invecchiando. Si trattava di un’invecchiamento progressivo e inarrestabile che avrebbe condotto prima o poi alla morte oppure qualche processo sconosciuto avrebbe permesso all’universo di perpetuarsi all’infinito?

Domande razionali e religiose si intrecciavano inestricabilmente. In questo contesto, con padre un pastore protestante rigidamente convinto che Dio regolasse ogni aspetto dell’esistenza umana e che la caparbietà dell’uomo di scoprire le leggi che governavano la natura fosse empia, nasce a Koslin il 2 gennaio 1822 Rudolf Julius Emanuel Clausius.

Rudolf era il più piccolo di ben 14 fratelli. Nello stesso anno in cui veniva al mondo Sadi Carnot, in Francia, stava completando la sua opera più importante “Riflessioni sulla forza motrice del calore” a cui, alcuni decenni dopo si ispirerà Rudolf Clausius.

Durante il primo ciclo di studi Clausius fu soggetto ad un’istruzione fortemente condizionata dall’ortodossa religiosità paterna. Apprese fra l’altro che secondo calcoli biblici la Terra e il Sole avevano circa 6.000 anni di vita. Fu solo frequentando le scuole superiori a Stettino che Rudolf iniziò ad avere un’istruzione laica, che galvanizzò la mente curiosa e razionale del ragazzo. Venne a conoscenza così che le teorie sostenute da scienziati che basavano le loro convinzioni sugli insegnamenti teologici (nettunisti) erano contestate da geologi laici chiamati uniformisti.

Nel 1844 Rudolf si laurea a Berlino, nonostante il periodo difficile e doloroso cominciato l’anno prima con la morte della madre. In meno di sei anni riuscì, basandosi sui principi di Carnot e di Lord Kelvin, a migliorare la teoria del calore creando le basi per la formulazione del secondo principio della termodinamica, postulando l’impossibilità del passaggio spontaneo del calore da un corpo freddo a un corpo caldo.

Nel 1865 indotto a porre una distinzione tra le trasformazioni reversibili e quelle irreversibili, introdusse il principio di entropia. Successivamente, utilizzando i rapporti tra energia e entropia, giunse alla conclusione che l’entropia dell’universo aumenta sempre e tende ad un massimo, raggiunto il quale si troverà in uno «stato di morte immodificabile» (morte termica dell’universo).

Clausius inoltre teorizzò come l’energia non poteva essere distrutta ma soltanto trasformata in un altro tipo di energia e che quindi la “somma” globale dell’energia dell’universo rimaneva invariata (principio di conservazione dell’energia).

Nel frattempo, siamo nel 1870, scoppia la guerra franco-prussiana. Il quarantottenne Rudolf Clausius organizzò un corpo di ambulanza. Fu ferito in battaglia e rimase permanentemente disabile. Per questa iniziativa ricevette l’onorificenza della Croce di ferro.

Cinque anni dopo, la morte dell’adorata moglie Adelheid Rimpham segnerà di fatto la conclusione della sua carriera di scienziato ed insegnante. Rudolf dedicherà il resto della sua vita alla cura dei sei figli.

Rudolf Clausius morirà a Bonn il 24 agosto 1888.

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