Negli ultimi giorni, complice il clamore mondiale attorno alla scomparsa di Papa Francesco e ai primi interrogativi circa l’identità del prossimo Papa che uscirà dal conclave, le antiche profezie di San Malachia sono tornate a far parlare di sé.
Secondo alcuni studiosi di questa tradizione criptica e controversa, il prossimo Papa — chiamato Pietro il Romano — sarà l’ultimo nella lunga linea di successori di San Pietro.
E con lui potrebbe concludersi l’epoca della Chiesa come la conosciamo.
Ma quanto c’è di vero?
E quanto, invece, è solo leggenda alimentata dal fascino irresistibile delle profezie?
Come vedremo in questo articolo, con Pietro Romano si conclude la lunga teoria dei papi previsti da San Malachia e alcuni guardano con apprensione al prossimo conclave. Eppure, se vogliamo restare fedeli al testo di San Malachia, l’ultimo Pontefice potrebbe essere stato proprio Francesco.
Cerchiamo di capirci qualcosa di più.
Le origini misteriose della profezia
Attribuite a San Malachia d’Armagh, un arcivescovo irlandese vissuto nel XII secolo, le cosiddette “Profezie dei Papi” consistono in una lista di 112 brevi motti latini, ciascuno dedicato a un futuro pontefice.
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📘 Leggi la guida su AmazonCuriosamente, il manoscritto non venne mai citato da Malachia né dai suoi contemporanei.
Fu pubblicato soltanto nel 1595 dal monaco benedettino Arnold de Wyon, in piena epoca di forti tensioni religiose tra cattolici e protestanti.
Questo ritardo sospetto nella “scoperta” del manoscritto ha alimentato fin dall’inizio il sospetto che le profezie siano un’elaborazione apocrifa, forse concepita per influenzare l’elezione papale di quel periodo.
L’ultimo Papa: “Petrus Romanus”
La profezia finale si distingue nettamente da tutte le altre:
non è un semplice motto, ma una vera e propria profezia di sventura:
“Durante l’ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa, siederà Pietro il Romano, che pascerà il suo gregge tra molte tribolazioni; dopo le quali la città dei sette colli sarà distrutta, e il terribile Giudice giudicherà il suo popolo.”
Questa visione apocalittica ha alimentato nei secoli una lunga teoria di interpretazioni:
alcune vedono la fine imminente di Roma, altre interpretano la distruzione della città dei “sette colli” come una metafora del crollo morale dell’istituzione ecclesiastica.
E Papa Francesco?
Un elemento che spesso genera confusione è il posto di Papa Francesco all’interno della profezia:
-
Dopo il motto Gloria olivae (assegnato a Benedetto XVI), la lista di San Malachia non prosegue con un nuovo motto.
-
Si entra direttamente nella sezione finale dedicata a Pietro il Romano.
Questo ha generato due principali interpretazioni:
Interpretazione | Significato |
---|---|
Francesco è Pietro il Romano | Il pontificato di Francesco coincide già con la fase finale della Chiesa, anche se non porta formalmente il nome di Pietro. |
Francesco è il penultimo Papa | Dopo Francesco ci sarà ancora un altro Papa — “Pietro II” — che rappresenterà davvero la fine dell’epoca. |
Interessante notare che Francesco ha scelto un nome mai usato prima nella storia dei Papi, richiamando San Francesco d’Assisi, simbolo di povertà, riforma spirituale e rottura con il potere.
Questo, per alcuni, lo rende perfetto come traghettatore verso una nuova fase — oppure verso l’ultimo giudizio profetizzato.
I motti degli ultimi papi: tra realismo e forzature
Un’analisi attenta dei motti assegnati agli ultimi papi rivela un fatto interessante:
più ci si avvicina ai nostri tempi, più i motti diventano vaghi e difficilmente collegabili ai pontificati.
Ecco alcuni esempi:
-
Giovanni Paolo II ➔ De labore Solis (“Dal lavoro del Sole”).
Interpretato liberamente come un riferimento al fatto che nacque durante un’eclissi parziale di sole — ma il legame è tirato per i capelli. -
Benedetto XVI ➔ Gloria olivae (“Gloria dell’ulivo”).
L’ulivo richiama la pace, e i benedettini (da cui prende il nome) hanno un ramo chiamato “Congregazione dell’Ulivo”. Anche qui, il collegamento è più suggestivo che reale.
Queste forzature dimostrano quanto sia facile, a posteriori, adattare qualsiasi motto a qualsiasi figura.
È la tipica sindrome delle profezie vaghe:
il significato lo trovi dopo, mai prima.
Interpretazioni a confronto
Visione Apocalittica
Per i più catastrofisti, Pietro II sarà l’ultimo baluardo di fede prima del collasso dell’intero ordine ecclesiastico.
La distruzione di Roma viene letta come evento letterale o come metafora del decadimento morale.
Visione Simbolica
Altri propongono che Pietro Romanus sia un simbolo di rinascita:
un ritorno ai valori più puri della Chiesa primitiva, svuotata del potere temporale e della pompa vaticana.
Visione Scettica
La maggior parte degli storici oggi ritiene che:
-
Le profezie siano un falso pio del Rinascimento.
-
Redatte per favorire alcuni cardinali nei conclavi più turbolenti della storia.
-
Riempite di vaghezze sapientemente calcolate per adattarsi a ogni epoca.
E oggi?
Con l’imminente elezione del prossimo pontefice, il mito di Pietro Romanus si riaffaccia.
Non tanto come timore reale, ma come specchio delle nostre paure collettive:
-
paura del cambiamento,
-
paura della fine,
-
nostalgia di un ordine che appare sempre più fragile.
In fondo, che si tratti di visioni autentiche o di abili manipolazioni, le profezie sono sempre una radiografia dei nostri tempi.
Conclusione
Roma, città eterna, ha resistito a imperatori, invasioni, carestie e guerre mondiali.
Sopravviverà anche alla profezia di San Malachia?
Probabilmente sì.
Ma il fatto stesso che continuiamo a interrogarci dimostra che,
in un angolo segreto della nostra anima,
il fascino della fine non morirà mai.