Quando guardiamo il nostro pianeta, la Terra, dallo spazio, vediamo una miriade di colori diversi. Il cielo è blu, poiché l’atmosfera disperde preferenzialmente la luce blu a lunghezza d’onda più corta in tutte le direzioni, conferendo alla nostra atmosfera il suo colore caratteristico. Gli oceani sono blu, poiché le molecole d’acqua assorbono meglio la luce rossa a lunghezza d’onda maggiore rispetto alla luce blu. I continenti, invece, appaiono marroni o verdi, a seconda di quanta vegetazione (o della sua mancanza) vi cresce, mentre le calotte polari e le nuvole appaiono sempre bianche.
Quando guardiamo Marte, invece, domina il rosso. Il terreno è rosso: rosso ovunque. Le pianure sono rosse; gli altipiani sono rossi; rossi sono i letti prosciugati dei fiumi; le dune di sabbia sono rosse; è tutto rosso. Anche l’atmosfera stessa è rossa in ogni luogo in cui possiamo misurarla. L’unica eccezione sembra essere costituita dalle calotte polari e dalle nuvole, che sono bianche, se le osserviamo dai satelliti che vi orbitano intorno, o con una tonalità rossastra se osservate con i telescopi dalla Terra. Eppure, sorprendentemente, il “rossore” di Marte è incredibilmente superficiale; se si scava solo per pochi centimetri sotto la superficie, il rossore svanisce.
Il colore di Marte
Dallo spazio, non si può negare l’aspetto rosso di Marte. Per tutta la storia documentata in un’ampia varietà di lingue, il rosso è da sempre la sua caratteristica più importante. Mangala, la parola sanscrita per Marte, significa rosso. Har decher, il suo antico nome in egiziano, significa letteralmente “rosso”. E man mano che abbiamo sviluppato tecnologie per l’osservazione astronomica ed il volo spaziale sempre migliori, le foto di Marte hanno sempre dimostrato che anche l’aria che circonda Marte ha un colore intrinsecamente rosso.
Nell’atmosfera terrestre domina lo scattering di Rayleigh, che proietta la luce blu in tutte le direzioni mentre la luce rossa viaggia relativamente indisturbata. Tuttavia, l’atmosfera di Marte ha uno spessore pari solo allo 0,7% di quella terrestre, il che rende la diffusione di Rayleigh dalle molecole di gas nell’atmosfera di Marte un effetto trascurabile. Invece, le particelle di polvere nell’atmosfera marziana dominano (probabilmente) in due modi:
- maggiore assorbimento a lunghezze d’onda ottiche corte (400-600 nm) rispetto a lunghezze d’onda più lunghe (600+ nm),
- le particelle di polvere più grandi (~ 3 micron e più grandi) diffondono la luce a lunghezza d’onda maggiore in modo più efficiente rispetto alle particelle di gas atmosferico che diffondono la luce a lunghezza d’onda più corta dallo scattering di Rayleigh.
Osservando in dettaglio la polvere atmosferica sospesa su Marte le sue proprietà spettrali – o “come influenza la luce” – ci fanno vedere che la polvere è molto simile a quella delle regioni di Marte che:
- hanno un alto potere riflettente,
- rappresentano depositi di terreno luminosi,
- e sono ricche di ferro: contengono cioè grandi quantità di ossidi ferrici.
Quando osserviamo la polvere in dettaglio, in particolare con lo strumento OMEGA della missione Mars Express dell’ESA, scopriamo che il tipo più comune di polvere proviene dall’ematite rossa nanocristallina, che ha la formula chimica α-Fe 2 O 3. Le particelle che compongono questa ematite sono piccole: tra circa 3 e 45 micron di diametro. Questa è la dimensione e composizione che permette ai rapidi venti marziani, che tipicamente soffiano a velocità vicine a circa 100 km/ora, spazzino continuamente grandi quantità di polvere nell’atmosfera, dove rimane abbastanza ben miscelata, anche quando non ci sono tempeste di polvere.
Quando guardiamo la superficie marziana stessa, tuttavia, la storia diventa molto più interessante. Da quando abbiamo iniziato a esaminare in dettaglio la superficie marziana – dalle missioni in orbita e dai lander e dai rover – abbiamo notato che le caratteristiche della superficie cambiano nel tempo. In particolare, abbiamo notato la presenza di aree più scure e aree più luminose e che le aree scure si evolvono secondo uno schema particolare:
- iniziano scure,
- si coprono di polvere che sospettiamo provenga dalle aree più luminose,
- e poi tornano ad essere di nuovo scure.
Per molto tempo non ne abbiamo saputo il motivo, finché non abbiamo iniziato a notare che le aree scure che cambiano avevano tutte alcune cose in comune, in particolare se paragonate alle aree scure che non cambiano. In particolare, le aree scure che cambiano nel tempo hanno quote relativamente più basse e pendii più dolci, e sono circondate da aree più luminose. Al contrario, le aree scure più elevate, con pendenze più ripide e molto grandi non cambiano in questo modo nel tempo.
Fu una coppia di scienziati – uno dei quali era Carl Sagan – a trovare la soluzione: Marte è ricoperto da uno strato di questa sottile polvere sabbiosa spinta dai venti su tutta la superficie marziana. Questa sabbia viene trasportata da un’area all’altra, ma è più facile che la polvere:
- percorra brevi distanze,
- viaggi da quote più elevate a quote più basse o ad altitudini comparabili, piuttosto che fino ad altitudini molto più elevate,
- sia spazzata via dalle aree con pendii più ripidi, rispetto alle aree con pendii meno profondi.
In altre parole, la polvere rossa che domina la tavolozza dei colori di Marte è solo superficiale. Gran parte di Marte è ricoperta da uno strato di polvere spesso solo pochi millimetri! Anche nella regione in cui la polvere è più spessa – il grande altopiano conosciuto come regione di Tharsis, costituito da tre vulcani molto grandi appena spostati dall’Olympus Mons (che appare a nord-ovest dell’altopiano) – si stima che sia appena 2 metri di spessore.
Potresti quindi osservare questi fatti e chiederti quanto segue: abbiamo una mappa topografica di Marte e una mappa degli ossidi di ferro su Marte, e queste mappe sono correlate tra loro in qualche modo?
È un pensiero intelligente, a cui daremo un’occhiata tra un secondo, ma “ossido ferrico” non significa necessariamente “polvere rossa di Marte” come potresti pensare. Innanzitutto gli ossidi ferrici sono presenti ovunque sul pianeta:
- dentro la crosta,
- si trovano nelle colate laviche,
- e nella polvere marziana che è stata ossidata dalle reazioni con l’atmosfera.
Dato che l’atmosfera, anche oggi, contiene quantità significative sia di anidride carbonica che di acqua, esiste una fonte di ossigeno facilmente disponibile per ossidare qualsiasi materiale ricco di ferro che arriva in superficie, dove entra in contatto con l’atmosfera.
Di conseguenza, quando osserviamo la mappa dell’ossido ferrico di Marte – realizzata ancora una volta dal favoloso strumento OMEGA a bordo del Mars Express dell’ESA – scopriamo che sì, gli ossidi ferrici sono ovunque, ma le abbondanze sono più elevate nella parte settentrionale e centrale del pianeta.
D’altra parte, la topografia di Marte mostra che l’elevazione del pianeta rosso varia in modo interessante sulla sua superficie, e in un modo che è solo parzialmente correlato all’abbondanza di ossidi ferrici. L’emisfero meridionale, prevalentemente, si trova ad un’altitudine molto più elevata rispetto alle pianure del nord. Gli aumenti maggiori si verificano nella regione di Tharsis, ricca di ossido ferrico, ma nelle pianure a est di essa, l’abbondanza di ossidi ferrici precipita.
Quello che bisogna capire è che la forma ematite rossa dell’ossido ferrico, che forse è la colpevole del “rossore” di Marte, non è l’unica forma di ossido ferrico. Esiste anche la magnetite: Fe 3 O 4, che è di colore nero anziché rosso. Sebbene la topografia globale di Marte sembri giocare un ruolo nell’abbondanza di ossido ferrico, chiaramente non è l’unico fattore in gioco, e potrebbe non essere nemmeno il fattore principale nel determinare il colore di Marte.
Ciò che pensiamo stia accadendo è che ci sia un insieme di polvere brillante, distribuito a livello globale e globalmente omogeneo che viene trascinato nell’atmosfera e rimane lì. Quella polvere è sostanzialmente sospesa nella sottile atmosfera marziana e, sebbene eventi come le tempeste di polvere possano aumentare la concentrazione, non scende mai a un valore trascurabilmente basso. L’atmosfera di Marte è sempre ricca di questa polvere che le fornisce il colore; ma le caratteristiche cromatiche della superficie di Marte non sono affatto uniformi.
Il “deposito della polvere atmosferica” è solo uno dei fattori che determinano il colore della superficie di varie regioni di Marte. Questo è qualcosa che abbiamo imparato molto bene dai nostri lander e rover: Marte non è affatto di un colore rosso uniforme. In effetti, la superficie stessa è complessivamente più di una tonalità arancione di caramello al burro, e che vari oggetti rocciosi e depositi sulla superficie sembrano avere una varietà di colori: marrone, dorato, marrone chiaro e persino verdastro o giallo, a seconda di quali minerali costituiscono tali depositi.
Una questione ancora in fase di studio è l’esatto meccanismo con cui si formano queste particelle di ematite rossa. Sebbene ci siano molte idee che coinvolgono l’ossigeno molecolare, si trova solo in piccole tracce derivanti dalla fotodissociazione dell’acqua. Sono possibili reazioni che coinvolgono acqua o alte temperature, ma sono termodinamicamente sfavorevoli.
Le due possibilità apparentemente più probabili sono le reazioni che coinvolgono il perossido di idrogeno (H2O2), che si trova naturalmente su Marte in scarsa abbondanza, ma è un ossidante molto forte. Il fatto che vediamo grandi quantità di α-Fe 2 O 3 ma nessun minerale di ferro ferrico idrato potrebbe essere un’indicazione di questo percorso.
In alternativa, potremmo ottenere l’ematite semplicemente da un processo puramente fisico: l’erosione. Se mescoli insieme polvere di magnetite, sabbia di quarzo e polvere di quarzo e li metti in una fiaschetta, parte della magnetite si converte in ematite. In particolare, una miscela “nera” (dominata dalla magnetite) apparirà rossa, poiché il quarzo si frattura, esponendo gli atomi di ossigeno, che si attaccano ai legami rotti della magnetite, formando ematite. Forse, dopo tutto, l’idea che “l’acqua è responsabile degli ossidi ferrici” è letteralmente una falsa pista.
Quindi, tutto sommato, Marte è rosso a causa dell’ematite, che è una forma rossa di ossido ferrico. Sebbene gli ossidi ferrici si trovino in molti luoghi, solo l’ematite è in gran parte responsabile del colore rosso, e le piccole particelle di polvere sospese nell’atmosfera e che ricoprono i pochi millimetri più alti della superficie di Marte sono interamente responsabili del colore rosso che vediamo.
Se potessimo in qualche modo calmare l’atmosfera per lunghi periodi di tempo e lasciare che la polvere marziana si depositi, ci si potrebbe aspettare che lo scattering di Rayleigh domini come sulla Terra, rendendo i cieli blu. Questo però è solo in parte corretto; infatti, poiché l’atmosfera marziana è molto sottile e tenue, il cielo dovrebbe apparire molto scuro: quasi completamente nero, con una leggera sfumatura bluastra. Se potessi bloccare con successo la luminosità proveniente dalla superficie del pianeta, probabilmente saresti in grado di vedere alcune stelle e fino a sei pianeti – Mercurio, Venere, Terra, Giove, Saturno e talvolta Urano – anche durante il giorno.
Marte è chiamato “pianeta rosso”, ma solo una piccola parte di esso è effettivamente rossa. Fortunatamente per noi, quella parte rossa è lo strato più esterno della sua superficie, pervasivo nell’atmosfera marziana, e questo spiega il colore che effettivamente percepiamo.