L’abiogenesi è il processo mediante il quale la materia vivente nasce dalla materia non vivente. Secondo il pensiero scientifico moderno, la vita sulla Terra è sorta spontaneamente attraverso processi naturali talvolta chiamati evoluzione chimica.
L’idea è che prima dell’emergere della vita, sulla Terra vi fossero prevalentemente composti inorganici. I processi naturali mediati dalla chimica e dall’energia termica iniziarono a produrre molecole organiche sempre più complesse, che alla fine portarono all’emergere degli organismi viventi più semplici. Questa sarebbe l’abiogenesi. Come sia accaduta è tutto un altro discorso.
Non è una questione di fede, è una questione di evidenza, osservazione e sperimentazione.
Ci sono molte prove a favore dell’abiogenesi dovuta a cause spontanee e naturali. Questo, ovviamente, non dimostra automaticamente l’abiogenesi, ma rende la nascita della vita dalla non vita estremamente probabile e ci offre anche la migliore delle possibili spiegazioni sull’origine della vita.
Abbiamo ormai infinite prove che la vita deve essersi sviluppata spontaneamente da sostanze inizialmente inorganiche. Ai fini di questo articolo, però, ne descriveremo una sola.
L’esperimento Miller-Urey
Negli anni ’50, gli scienziati Stanley Miller e Harold Urey decisero di testare sperimentalmente la possibilità che la materia inorganica si trasformasse in materia organica attraverso processi naturali.
I due ricercatori progettarono e realizzarono uno strumento atto a dimostrare la loro idea e lo facero secondo il diagramma mostrato sopra. Questa configurazione simula abbastanza accuratamente le condizioni ambientali che c’erano sulla Terra nelle prime fasi del suo sviluppo geologico. Miller e Urey attivarono questa configurazione e la lasciarono in esecuzione per diverse settimane.
Per compiere questo esperimento Miller ricreò le condizioni ambientali che si pensava fossero presenti nella Terra primordiale. Partì dal presupposto che in quell’atmosfera non ci fosse ossigeno libero, quanto piuttosto abbondasse idrogeno (H2), l’elemento più diffuso nell’universo, e altri gas quali metano (CH4) e ammoniaca (NH3), oltre ad acqua (H2O). Con queste condizioni ed in presenza di una fonte di energia, come i fulmini o la radiazione solare, si sarebbero potute originare molecole più complesse.
Per l’esperimento Miller e Urey si servirono di un sistema sterile costituito da due sfere contenenti l’una acqua allo stato liquido e l’altra i gas elencati precedentemente e due elettrodi, collegate tra loro da un sistema di tubi sigillati. L’acqua veniva scaldata per indurre la formazione di vapore acqueo mentre i due elettrodi venivano utilizzati per fornire scariche elettriche che simulavano fulmini. Il tutto veniva poi raffreddato cosicché l’acqua potesse ricondensare e ricadere nella prima sfera per ripetere il ciclo.
Dopo circa una settimana ininterrotta di funzionamento in cui le condizioni dell’ambiente erano state mantenute costanti, Miller osservò che circa il 15% dell’idrogeno era andato a formare composti organici, tra cui alcuni amminoacidi ed altri potenziali costituenti biologici, come elencati nella tabella sotto riportata.
Ogni 59.000 micromoli (μmol = 1/1.000.000 di mole) di CH4 trasformati si sono ottenuti:[1]
Prodotto | Formula | Produzione (N° di μmol) |
Atomi di C |
Atomi di C in μmol |
---|---|---|---|---|
Acido formico |
2330
|
1
|
2330
|
|
Glicina * |
630
|
2
|
1260
|
|
Acido glicolico |
560
|
2
|
1120
|
|
Alanina * |
340
|
3
|
1020
|
|
Acido lattico |
310
|
3
|
930
|
|
β-Alanina |
150
|
3
|
450
|
|
Acido acetico |
150
|
2
|
300
|
|
Acido propionico |
130
|
3
|
390
|
|
Acido iminodiacetico |
55
|
4
|
220
|
|
Acido diamminoacetico |
50
|
3
|
150
|
|
Acido α-ammino-n-butirrico |
50
|
4
|
200
|
|
Acido α-idrossi-n-butirrico |
50
|
4
|
200
|
|
Acido succinico |
40
|
4
|
160
|
|
Urea |
20
|
1
|
20
|
|
N-Metilurea |
15
|
2
|
30
|
|
N-Metilalanina |
10
|
4
|
40
|
|
Acido glutammico * |
6
|
5
|
30
|
|
Acido aspartico * |
4
|
4
|
16
|
|
Acido α-amminoisobutirrico |
1
|
4
|
4
|
|
Totale |
4916
|
8944
|
- * = Amminoacidi proteinogeni
Forti di queste considerazioni, Miller e Urey con questo esperimento dimostrarono che scariche elettriche, simulanti fulmini, in presenza di acqua e di una mistura di gas tra cui metano e ammoniaca portavano alla formazione di diverse molecole organiche tra cui alcuni amminoacidi.
Sulla Terra primordiale le reazioni coinvolte poterono proseguire per milioni di anni, rendendo possibile un ulteriore sviluppo delle sostanze organiche.
In un recente studio pubblicato su PNAS è stata eseguita un’analisi accurata per mezzo di tecniche moderne sui campioni conservati da Miller nel 1958, mostrando la presenza di un maggior numero di composti organici rispetto alle analisi originarie. Insomma, la chimica naturale piegava verso la biochimica, avvianod, in apparenza, l’abiogenesi. Altri studi eseguiti sulle fiale conservate da Miller hanno mostrato risultati analoghi.
Reazioni chimiche ipotizzate
Effettuando dei prelievi durante l’esperimento, Miller ed Urey osservarono che la concentrazione di ammoniaca diminuiva progressivamente mentre le concentrazioni di acido cianidrico e di cianogeno aumentavano costantemente, come anche per le aldeidi. Gli amminoacidi comparivano più tardi a spese dell’acido cianidrico e delle aldeidi. Questo fa supporre che gli amminoacidi si siano formati a partire dalle aldeidi e dall’acido cianidrico con un meccanismo ben noto in chimica organica che prende il nome di sintesi amminoacidica di Strecker.
Limiti dell’esperimento
In realtà le condizioni utilizzate dai due studiosi non riproducevano esattamente quelle dell’atmosfera primordiale, ma furono sufficienti comunque a rendere plausibile la possibilità che la vita si sia sviluppata proprio partendo dagli elementi già presenti nel pianeta.
La sintesi di amminoacidi in laboratorio conduce alla formazione di un numero uguale di enantiomeri levogiri e destrogiri. Questo tipo di distribuzione racemica non è caratteristico delle forme di vita così come le conosciamo oggi. Infatti tutte le attuali forme di vita dipendono solamente da amminoacidi levogiri. Tuttavia la produzione di miscele racemiche in laboratorio non preclude la formazione di strutture prebiotiche in gran parte levogire nell’ambiente naturale così come non è esclusa l’azione selettiva di substrati inorganici come le rocce nella formazione di un solo enantiomero.
L’interesse degli scienziati nell’abiogenesi, ovvero l’origine abiotica della vita si è spostato in modo complementare dal pianeta Terra allo spazio profondo. Infatti si stanno accumulando numerose osservazioni della presenza di molecole organiche complesse nelle polveri e nelle nubi interstellari.
L’esperimento fu ripetuto molte volte, sia dagli stessi Miller e Urey, sia da altri ricercatori, e il risultato fu sempre lo stesso: il corso naturale dei processi chimici, date le giuste condizioni, iniziò a formare composti organici sempre più complessi.
Inoltre, il fatto che molecole organiche complesse siano state trovate su altri corpi celesti mostra che, nel tempo, sostanze semplici possono auto-organizzarsi in sostanze più complesse, il che può portare all’emergere di materia organica e vita.
Pertanto, come nel caso di qualsiasi ipotesi scientifica, l’abiogenesi è attualmente la migliore spiegazione per l’origine della vita, sebbene difficilmente possa essere dimostrata con un’accuratezza del 100%, ma tutte le altre ipotesi, in particolare le ipotesi creazioniste, perdono in modo significativo nell’evidenza base.