Osservato il decadimento del bosone di Higgs in una coppia di muoni

Gli esperimenti ATLAS e CMS del CERN hanno sperimentato per la prima volta il decadimento del bosone di Higgs in una coppia di muoni

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In occasione della 40a edizione della International Conference On High Energy Physics, tenutasi a Praga dal 28 luglio al 6 agosto 2020, sono stati annunciati dei nuovi risultati dagli esperimenti ATLAS (A Toroidal LHC ApparatuS) e CMS (Compact Muon Solenoid), dai quali si deduce che il bosone di Higgs decade in due muoni.

Il muone è la versione più pesante dell’elettrone, una delle particelle elementari che costituiscono il contenuto di materia dell’universo. Mentre gli elettroni sono classificati come particelle di prima generazione, i muoni appartengono a una seconda generazione. Il decadimento del bosone di Higgs in due muoni è un fenomeno molto raro, perché esso si verifica nel rapporto di 1:5000 decadimenti. Questi nuovi risultati hanno un’importanza rilevante per la fisica fondamentale, perché indicano, per la prima volta, che il bosone di Higgs interagisce con particelle elementari di seconda generazione.

Sin dalla sua scoperta, avvenuta nel 2012, i fisici del CERN hanno iniziato a studiare il bosone di Higgs, per decifrarne le proprietà. Il bosone di Higgs, prodotto dalla collisione di protoni all’interno del Large Hadron Collider, si disintegra – attraverso il suo decadimento – in altre particelle, subito dopo essere stato creato. Uno dei metodi più utilizzati per lo studio delle proprietà del bosone di Higgs consiste nell’analizzare il suo decadimento nelle varie particelle fondamentali, oltre che nell’analisi del tasso di questo decadimento.

I risultati dell’esperimento CMS hanno evidenziato la presenza di questo decadimento con una sensibilità pari a 3 sigma; ciò significa che vi è meno di una possibilità su 700 di vedere, da fluttuazioni statistiche, il decadimento di un bosone di Higgs in una coppia di muoni. L’esperimento ATLAS fornisce un risultato con sensibilità 2 sigma, ovvero che la possibilità si riduce a 1 su 40. La combinazione dei due risultati aumenterebbe la significatività ben al di sopra dei 3 sigma, dando una più forte evidenza del decadimento del bosone di Higgs in due muoni.

Roberto Carlin, portavoce dell’esperimento CMS, manifesta l’entusiasmo per il raggiungimento di questo livello di sensibilità nella trattazione del bosone di Higgs, che appunto sembra interagire anche con le particelle di seconda generazione, in accordo con le previsioni del Modello Standard.

Il bosone di Higgs rappresenta la manifestazione quantistica del campo di Higgs, che fornisce la massa alle particelle elementari con cui interagisce, attraverso il meccanismo di Brout – Englert – Higgs. Misurando la velocità alla quale il bosone di Higgs decade nelle diverse particelle, i fisici possono dedurre l’intensità della loro interazione con il campo di Higgs: maggiore è la velocità di decadimento in una data particella, più intensa è la sua interazione con il campo. Finora, gli esperimenti ATLAS e CMS hanno osservato decadimenti del bosone di Higgs in diversi tipi di bosoni, quali il bosone W e il bosone Z, oltre che in fermioni più pesanti come i leptoni tau. Nel 2018 sono state inoltre osservate delle interazioni con quark più pesanti, come i top e i bottom. I muoni, rispetto a queste ultime particelle, sono molto più leggeri, e la loro interazione con il campo di Higgs è molto più debole. Per questo motivo, le interazioni tra il bosone di Higgs e i muoni, non era stata osservata, in un primo momento, nell’LHC.

Karl Jakobs, ricercatore del progetto ATLAS, dice che l’evidenza dei decadimenti del bosone di Higgs in particelle di seconda generazione può considerarsi come il complemento di programma di studio e ricerca sulla fisica di Higgs. Le osservazioni sulle proprietà del bosone di Higgs hanno raggiunto alti livelli di precisione, che permettono quindi l’individuazione di rare modalità di decadimento. I risultati raggiunti si basano su un ingente set di dati provenienti dal Large Hadron Collider, dall’elevata efficienza prestazionale del rilevatore ATLAS e dalle nuove tecniche di analisi dei dati.

Ciò che rende questi studi ancora più stimolanti è che, presso l’LHC, per ogni decadimento di bosone di Higgs in una coppia di muoni, vi sono centinaia di coppie di muoni che vengono prodotte da altri processi che possono imitare i risultati attesi dall’esperimento in atto. L’evidenza caratteristica del decadimento di un bosone di Higgs in due muoni è data da un piccolo eccesso di eventi che si realizzano in prossimità di una massa di coppia muonica di 125 GeV, che equivale al valore della massa del bosone di Higgs.

Per isolare il bosone di Higgs nelle interazioni con la coppia di muoni, i due esperimenti (ATLAS e CMS) misurano l’energia, il momento e gli angoli di quei muoni che potrebbero scaturire dal decadimento del bosone di Higgs. Inoltre, di recente la sensibilità delle analisi è stata migliorata con nuove e più sofisticate strategie di modellazione di fondo e altre tecniche avanzate, tipo gli algoritmi machine-learning. L’esperimento CMS mette insieme quattro tipologie di analisi, ogni delle quali è ottimizzata per evidenziare eventi fisici con possibili segnali legati a una specifica produzione di bosoni di Higgs. L’esperimento ATLAS suddivide gli eventi in 20 categorie, ognuna della quali si riferisce a una specifica modalità di produzione di bosoni di Higgs.

I risultati, che finora sono stati compatibili con le previsioni del Modello Standard, sono stati ottenuti utilizzando il set di dati provenienti dal Large Hadron Collider. Con una maggiore quantità di dati, che saranno acquisiti dagli acceleratori di particelle di prossima generazione e dal nuovo LHC ad alta luminosità, si prevede che gli esperimenti ATLAS e CMS raggiungano la sensibilità (5 sigma) necessaria per definire la scoperta del decadimento del bosone di Higgs in una coppia di muoni e individuare delle nuove teorie della fisica, al di là del Modello Standard, che possano influenzare questa modalità di decadimento del bosone di Higgs.

Fonte: phys.org