Il 13 febbraio 1961, in California fu ritrovato un manufatto destinato a diventare oggetto di acceso dibattito. Non esamineremo la disputa sviluppatasi intorno a questo fantomatico reperto tra sostenitori dell’evoluzionismo e del creazionismo che rimandiamo a futuri articoli concentrandoci, invece, sulla storia del manufatto di Coso o geoide di Coso che avrebbe dovuto sconvolgere le attuali conoscenze sull’età e la storia del nostro pianeta.
Di questo oggetto misterioso abbiamo poco o nulla in mano in quanto non possiamo verificare le testimonianze, le circostanze del rinvenimento e tanto meno possiamo avere accesso ad analisi approfondite in quanto il reperto stesso è ormai scomparso nel nulla.
La storia inizia quando Wallace Lane, Virginia Maxey e Mike Mikesell, che gestivano una rivendita di souvenir a Olancha in California, che andavano spesso in cerca geodi (pietre dalla forma sferica con cavità rivestite di cristalli) ne rinvennero una sulle alture della catena montuosa del Coso (da qui deriva il nome del geoide).
Il geoide venne tagliato ma, al suo interno, invece del solito cristallo venne rinvenuto un congegno meccanico sconosciuto circondato da un materiale di colore bianco. Il congegno, un cilindro di ceramica o porcellana con degli anelli di rame, aveva al centro una barretta metallica che non presentava ossidazione.
Il geologo sconosciuto
Qui iniziano i misteri: un geologo di cui non sappiamo nulla, lo avrebbe analizzato ipotizzando un’età del congegno stesso pari a circa mezzo milione di anni. Non siamo a conoscenza del metodo utilizzato per datare il manufatto e questo è un altro punto oscuro della storia che si fa ancora più intricata quando Virginia Maxey, la stessa che aveva parlato del fantomatico geologo, dichiarò in seguito che forse il manufatto risaliva a qualche decennio prima.
Ulteriori analisi
Si sa che l’oggetto venne studiato da Ron Calais, un collaboratore di Brad Steiger, noto scrittore del paranormale, che, a seguito di alcune radiografie, notò la presenza di una sottile molla metallica di forma elicoidale. Calais,che scattò le poche fotografie ancor oggi disponibili del geoide, fornì questo primo materiale all’INFO Journal di Ivan Terence Sanderson, naturalista e scrittore britannico, e il redattore Paul J.Willes, col fratello Ron, nel 1969 ci scrisse un articolo, che rimane la principale fonte di informazione sul geoide.
Lo scrittore avanzò una stravagante ipotesi: l’oggetto rinvenuto all’interno del geoide era una candela di un motore di una civiltà del passato ormai scomparsa nel nulla, un’ipotesi che forse si rifaceva a quanto dichiarato dal misterioso geologo che per primo analizzò il manufatto, chiaramente un’ipotesi estremamente forzata.
A fare aumentare ulteriormente i dubbi sull’autenticità del manufatto fu lo strano comportamento di Wallace Lane, che essendo il possesso del reperto, si rifiutò di concederlo ai Willes per approfondire le analisi e cercare di svelarne il mistero.
Wallace Lane, invece, tentò di sbarazzarsi del manufatto cercando di piazzarlo al miglior offerente per 25.000 dollari ma senza trovare nessun acquirente per quella cifra. Da quel momento l’oggetto sparì dalla circolazione.
Tutte le ricerche si rivelarono inutili, soprattutto dopo la morte di uno degli scopritori: gli altri due scopritori o si resero irreperibili o si chiusero dietro un totale silenzio al riguardo.
La candela Champion
Nel 1999 avvenne una svolta ormai insperata, almeno per chi cercava la verità sul manufatto. Venne chiamato in causa Chad Windham, presidente della Spark Plug Collectors of America, che si occupava del collezionismo di candele elettriche.
Chad Windham non ebbe nessuna difficoltà a spiegare che l’oggetto misterioso era solo una comune candela elettrica della Champion risalente al 1920, già in uso sui motori di alcuni modelli Ford.
La comparazione tra le fotografie del geoide di Coso e un paio di queste candele, una delle quali smontata, chiusero tutti i discorsi sulla sua datazione, il manufatto non poteva avere certamente mezzo milione di anni o appartenere a chissà quale civiltà progredita del passato, della quale, se fosse effettivamente esistita ne avremo certamente delle evidenti tracce, ma cosi non è.
Conclusioni
Come abbiamo realizzato, il manufatto è scomparso nel nulla e di esso possiamo osservare solo delle foto, quindi a parte una semplice comparazione visiva con delle candele dello stesso tipo appartenenti ai collezionisti, di più non si può fare.
C’è, però, un altro indizio che rafforza le affermazioni di Chad Windham: nella zona del presunto rinvenimento esisteva, nei primi anni del ‘900, una miniera in cui è possibile siano stati utilizzati macchinari dotati di motore a combustione che ovviamente in quegli anni utilizzavano un qualche tipo di candela di accensione.
Fonti: Cicap; Antikitera.net