Una recente ricerca dell’Università di Cambridge ha svelato il mistero dietro la composizione delle nuvole di Venere, identificando una combinazione di romboclasio e solfato ferrico acido come la causa di modelli unici di assorbimento dei raggi UV.
Di cosa sono fatte le nubi di Venere? Gli scienziati sanno che sono costituite principalmente da goccioline di acido solforico, con un po’ di acqua, cloro e ferro. Le loro concentrazioni variano con l’altezza nella densa e ostile atmosfera venusiana. Ma fino ad ora non sono stati in grado di identificare la componente mancante che spiegherebbe le macchie e le strisce delle nuvole, visibili solo nella gamma UV.
Scoperta nello studio di Venere
I ricercatori dell’Università di Cambridge hanno individuato minerali solfati contenenti ferro che sono stabili nelle dure condizioni chimiche delle nubi di Venere. L’analisi spettroscopica ha rivelato che una combinazione di due minerali, romboclasio e solfato ferrico acido, può spiegare il caratteristico e insolito spettro di assorbimento dei raggi UV su Venere risolvendo un mistero di vecchia data.
“Gli unici dati disponibili sulla composizione delle nubi di Venere sono stati raccolti da sonde e hanno rivelato strane proprietà delle nubi che finora non siamo stati in grado di spiegare completamente”, ha affermato Paul Rimmer del Cavendish Laboratory e coautore dello studio. “In particolare, se esaminate alla luce UV, le nubi venusiane presentavano uno specifico modello di assorbimento UV. Quali elementi, composti o minerali sono responsabili di tale osservazione?”
Formulato sulla base della chimica atmosferica di Venere, il team ha sintetizzato diversi minerali solfati contenenti ferro in un laboratorio di geochimica acquosa del Dipartimento di Scienze della Terra. Sospendendo i materiali sintetizzati in diverse concentrazioni di acido solforico e monitorando i cambiamenti chimici e mineralogici, il team ha ristretto i minerali candidati a romboclasio e solfato ferrico acido, le cui caratteristiche spettroscopiche sono state esaminate sotto sorgenti luminose appositamente progettate per imitare lo spettro di brillamenti solari (FlareLab di Rimmer; Laboratorio di Cavendish).
I ricercatori dell’Università di Harvard hanno fornito misurazioni dei modelli di assorbanza UV del ferro ferrico in condizioni acide estreme, nel tentativo di imitare le nubi di Venere ancora più estreme. Gli scienziati fanno parte della neonata Origins Federation, che promuove tali progetti di collaborazione. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Science Advances.
“I modelli e il livello di assorbimento mostrati dalla combinazione di queste due fasi minerali sono coerenti con le macchie UV scure osservate nelle nubi di Venere”, ha spiegato il coautore Clancy Zhijian Jiang, del Dipartimento di Scienze della Terra di Cambridge. “Questi esperimenti mirati hanno rivelato l’intricata rete chimica all’interno dell’atmosfera e hanno fatto luce sul ciclo degli elementi sulla superficie venusiana”.
“Venere è il nostro vicino più prossimo, ma rimane un mistero”, ha detto Rimmer. “Avremo la possibilità di imparare molto di più su questo pianeta nei prossimi anni con le future missioni della NASA e dell’ESA destinate a esplorarne l’atmosfera, le nuvole e la superficie. Questo studio prepara il terreno per queste future esplorazioni”, ha concluso.