Il 15 febbraio 2013 si verificò un grave incidente sopra la città russa di Chelyabinsk: un piccolo asteroide, grande più o meno come un edificio di sei piani, esplose dopo essere penetrato nell’atmosfera. L’esplosione fu più forte di un’esplosione nucleare e fu rilevata dalle stazioni di monitoraggio di mezzo mondo. L’onda d’urto generata provocò la frantumazione dei vetri alle finestre di tutta la città ed il ferimento di circa 1200 persone. Secondo alcuni scienziati, la luce dell’esplosione potrebbe avere brevemente sovrastato quella del Sole.
Dopo l’evento di Chelyabinsk, la NASA ha istituì un Ufficio di Coordinamento per la Difesa Planetaria con il compito di prendere i dati dal programma di osservazione degli oggetti Near-Earth dell’agenzia. Le responsabilità dell’ufficio includono il monitoraggio e la caratterizzazione di oggetti potenzialmente pericolosi, la comunicazione di informazioni su di loro e il coordinamento di una risposta da parte del governo degli Stati Uniti in caso di minaccia (finora non sono state rilevate minacce imminenti).
Secondo gli scienziati, l’esplosione dell’asteroide sopra a Chelyabinsk fu tra le 30 e le 40 volte più forte della bomba atomica che gli Stati Uniti lanciarono su Hiroshima, in Giappone, durante la seconda guerra mondiale. Chelyabinsk, tuttavia, non ha prodotto gli effetti devastanti provocati a Tunguska, in Siberia, nel 1908, presumibilmente dall’esplosione di un asteroide o una piccola cometa. L’esplosione di Tunguska rase al suolo 2.137 km quadrati di foresta. Sebbene fosse un’esplosione più piccola, la polvere dell’impatto di Chelyabinsk è rimasta nell’atmosfera per mesi.
L’evento di Chelyabinsk ebbe, tra le sue conseguenze, anche l’avvio di una missione atta a capire come difenderci al meglio dalla minaccia degli asteroidi: la missione DART.
DART, o Double Asteroid Redirection Test, è una missione della NASA lanciata a novembre 2021 con l’obiettivo di raggiungere il sistema binario di asteroidi Didymos e Dimorphos e consiste in una sonda che effettuerà una serie di esami e test per poi scagliarsi contro Dimorphos, il più piccolo dei due asteroidi, per provocare una piccolissima deviazione nella sua orbita atta a spostare dal suo percorso, grazie alla sua lieve attrazione gravitazionale, anche il corpo principale, Didymos. Il sistema Didymos non presenta alcun rischio di collisione con la Terra.
La navicella spaziale DART, un progetto congiunto della NASA e del Johns Hopkins Applied Physics Laboratory, attualmente è impegnata a raggiungere il suo obiettivo. Una volta arrivata, andrà letteralmente a sbattere contro l’asteroide più piccolo del sistema binario Didymos, Dimorphos. Questo test dovrebbe avvenire il 26 settembre 2022.
In realtà, La Terra non è in pericolo immediato e nessuna roccia spaziale conosciuta è su una traiettoria d’impatto con il nostro pianeta almeno per i prossimi due secoli. La possibilità che un asteroide, tra quelli conosciuti, abbastanza grande da causare davvero danni o mettere in pericolo la nostra intera esistenza, colpisca il pianeta nei prossimi 100 anni è insignificante (molto più probabile che prima di un impatto di un asteroide noi ci si possa estinguere per i cambiamenti climatici e altre ripercussioni negative della nostra presenza sulla Terra).
Nel settembre 2022, con l’asteroide nel mirino, la sonda si allineerà e poi… bam! – andrà a sbattere contro la roccia a quasi 25.000 chilometri all’ora. Si prevede che l’impatto cambierà leggermente l’orbita dell’asteroide. Successivamente, gli scienziati osserveranno il cambiamento di orbita con i telescopi per determinare se questa tecnica potrebbe funzionare per proteggere il nostro pianeta da una vera minaccia cosmica.
Se la missione funzionerà come previsto, DART scaverà un cratere sulla superficie di Dimorphos e lancerà nello spazio un mucchio di detriti rocciosi, in quello che in gergo tecnico viene definito ejecta. Quel materiale espulso ad alta velocità si comporterà come un motore a razzo e spingerà l’asteroide rallentandone il periodo orbitale di circa dieci minuti.