Un team di scienziati ha scoperto che i microrganismi presenti nella corteccia degli alberi svolgono un ruolo fondamentale nell’eliminazione del metano dall’atmosfera. Il gas serra è un prodotto dell’agricoltura e della combustione di combustibili fossili ed è 28 volte più potente dell’anidride carbonica. Tuttavia, rimane nell’atmosfera per un periodo di tempo più breve.
Il metano è responsabile di circa il 30% del riscaldamento globale
Il metano è responsabile di circa il 30% del riscaldamento globale fin dall’epoca preindustriale e attualmente le sue emissioni stanno aumentando al ritmo più rapido dagli anni ’80.
Il team che ha sviluppato lo studio dell’Università di Birmingham, pubblicato sulla rivista Nature e guidato dal Professor Vincent Gauci, ha studiato i livelli di assorbimento di metano nelle foreste tropicali di montagna dell’Amazzonia e di Panama; negli alberi di latifoglie temperate di Wytham Woods nell’Oxfordshire nel Regno Unito; e negli alberi di conifere boreali in Svezia.
Lo studio
Si è scoperto che i livelli di assorbimento di metano sono più elevati nelle foreste tropicali, probabilmente grazie alla capacità dei microrganismi di prosperare in condizioni calde e umide.
In precedenza, si è supposto che il suolo fosse l’unico pozzo terrestre di metano, con batteri nel suolo in grado di assorbire il gas e scomporlo per usarlo come fonte di energia, ma Gauci ha detto che la ricerca ha evidenziato: “Un nuovo modo straordinario in cui gli alberi forniscono un servizio climatico vitale”.
Il Global Methane Pledge, lanciato nel 2021 al summit sul clima Cop26, ha delineato l’obiettivo di ridurre le emissioni di metano del 30% entro la fine del decennio. Gauci ha affermato: “I nostri risultati hanno indicato che piantare più alberi e ridurre la deforestazione devono sicuramente essere parti importanti di qualsiasi approccio verso questo obiettivo”.
Piantare alberi è diventata una tattica fondamentale per combattere la crisi climatica, con il governo del Regno Unito che pianifica di spendere più di 500 milioni di sterline in alberi e boschi tra il 2020 e il 2025. Ma la ricerca ha mostrato che i paesi devono soppesare i vantaggi e gli svantaggi della piantagione di alberi, con la rigenerazione naturale delle foreste che si è dimostrata più conveniente in alcune circostanze.
Jacob Bukoski, uno scienziato del college of forestry dell’Oregon State University, e il suo team hanno analizzato i dati di migliaia di siti di riforestazione in 130 paesi per lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Climate Change. Hanno scoperto che la rigenerazione naturale sarebbe più conveniente in un periodo di 30 anni per il 46% delle aree studiate, mentre la piantumazione sarebbe più conveniente per il 54%.
“In generale, possiamo lasciare che le foreste si rigenerino da sole, il che è lento ma poco costoso, oppure adottare un approccio più attivo e piantarle, il che accelera la crescita ma è più costoso“, ha affermato Bukoski: “Il nostro studio confronta questi due approcci nei paesaggi rimboschibili nei paesi a basso e medio reddito, identificando dove è probabile che la rigenerazione naturale o la piantagione di foreste abbia più senso”.
Si è scoperto che la rigenerazione naturale è più conveniente in aree quali il Messico occidentale, la regione andina, il cono meridionale del Sud America, l’Africa occidentale e centrale, l’India, la Cina meridionale, la Malesia e l’Indonesia.
Una combinazione di fattori ha migliorato la rigenerazione naturale in queste aree, ad esempio la presenza di condizioni ecologiche sufficienti per la ricrescita degli alberi, i costi di opportunità e di attuazione e i tassi di accumulo del carbonio.
Conclusioni
Gli scienziati hanno infine stabilito che usare una combinazione di entrambi gli approcci a livello globale sarebbe stato migliore del 44% rispetto alla sola rigenerazione naturale e del 39% rispetto alla sola piantagione: “Se il tuo obiettivo è sequestrare il metano il più rapidamente e il più economicamente possibile, l’opzione migliore è un mix di foreste che si rigenerano naturalmente e di foreste che vengono piantate“, ha affermato Bukoski.
Sebbene la riforestazione possa rivelarsi altamente efficace nel compensare le emissioni di metano, gli autori sottolineano che la riforestazione è un complemento, non un sostituto, della riduzione delle emissioni da combustibili fossili. L’intero potenziale di mitigazione della riforestazione in 30 anni equivarrebbe solo a meno di otto mesi di emissioni globali di metano.
Gli autori sostengono inoltre che, quando si decide dove e come riforestare i paesaggi, è necessario considerare molti altri fattori, oltre al metano, come l’impatto della riforestazione sulla biodiversità, la domanda di prodotti in legno e gli effetti biofisici non legati al carbonio, come la disponibilità di acqua.