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Marte, rosso di rabbia…

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di Oliver Melis per Reccom Magazine

Marte è il quarto pianeta del sistema solare; come la Terra, Venere e Mercurio è un pianeta roccioso e, secondo gli studiosi, c’è stato un tempo, un paio di miliardi di anni fa, in cui il suo ambiente e la sua atmosfera era simili a quelli della Terra. Viene chiamato il Pianeta rosso a causa del colore con cui appare all’osservazione telescopica, colore dovuto alle grandi quantità di ossido di ferro che lo ricoprono.

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Come si vede da questa immagine satellitare, Marte presenta un lieve strato di atmosfera e una superifice butterata di crateri da impatto.

Possiede un’atmosfera rarefatta e temperature medie in superficie comprese tra −140 °C e 20 °C è il pianeta più simile alla Terra tra quelli del sistema solare. Le dimensioni sono: raggio equatoriale 3397 km, circa la metà di quello della Terra e la massa poco più di un decimo. L’ inclinazione dell’asse di rotazione e durata del giorno simili a quelle terrestri. La superficie presenta formazioni vulcaniche, valli, calotte polari e deserti sabbiosi. Sia in passato con l’osservazione telescopica che nel presente attraverso l’invio di sonde robot, su Marte sono state scoperte formazioni geologiche probabilmente dovute all’azione di scorrimento dell’acqua liquida. La superficie del pianeta appare butterata di crateri ben delineati  a causa della scarsa azione di rimodellamento effettuata dalla lieve atmosfera marziana e, per la stessa ragione, è ben evidente anche la presenza di resti di meteoriti.

Su Marte sono presenti strutture geologiche eccezionali, il Monte Olimpo, il vulcano più grande del sistema solare, la Valle Marineris, un canyon di grande estensione.

Marte presenta delle variazioni di colore, un tempo imputate alla presenza di vegetazione stagionale, che cambiava di colore durante l’anno marzianò. Tuttavia, le osservazioni spettroscopiche dell’atmosfera avevano da tempo fatto abbandonare l’ipotesi che vi potessero essere mari, canali e fiumi o un’atmosfera sufficientemente densa. le ipotesi di un pianeta “vivo” fu definitivamente

smontata dalla missione Mariner 4 che, nel 1965, mostrò un pianeta desertico e arido, caratterizzato da tempeste di sabbia particolarmente violente. Gli scienziati, però, ritengono sia possibile che Marte ospiti ancora qualche forme di vita elementare, infatti, di recente, è stata confermata la presenza di ghiaccio, di residui di sali idrati, indice forse dell’effimera presenza di ruscelli di acqua salata, quindi dell’esistenza di acqua in forma liquida sulla superficie del pianeta.

Attorno a Marte orbitano due piccoli satelliti Fobos e Deimos di piccole dimensioni e dalla forma irregolare.

Le stranezze di Marte

I canali

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La mappa di Schiapparelli

Il 5 settembre 1877 si verificò un’opposizione perielica e in quell’anno l’astronomo italiano Giovanni Schiaparelli, utilizzò un telescopio di 22 cm per realizzare la prima mappa dettagliata di Marte la cui nomenclatura è ancora quella ufficiale. l’astronomo descrisse delle strutture che definì “Canali” (che in seguito si dimostrarono illusioni ottiche) in quanto la superficie del pianeta presentava diverse lunghe linee alle quali egli attribuì nomi di celebri fiumi terrestri.

La traduzione in inglese del termine “canali” usato da Schiaparelli, confuso con la parola inglese “canal”, ovvero canale artificiale, portò il mondo scientifico a ritenere che su Marte vi fossero canali artificiali. Influenzato da queste traduzioni l’astronomo statunitense Percival Lowell nel corso di una favorevole opposizione del 1894 e nelle successive osservò i canali e scrisse, in seguito, diversi libri su Marte e la vita sul pianeta, basate anche sull’origine artificiale dei canali, finendo per influenzare l’opinione pubblica. Anche gli astronomi Henri Joseph Perrotin e Louis Thollon si dedicarono all’osservazione dei canali marziani. Nacque l’immagine di un mondo morente dove la siccità costringeva la matura civiltà marziana a immense opere di canalizzazione per portare l’acqua dai poli verso le zone aride del pianeta. Si credette per decenni che Marte fosse un mondo coperto di flora, infatti osservando il mutamento stagionale delle dimensioni delle calotte polari si vedevano delle ampie zone scure sulla superficie del pianeta che venivano interpretate come una fitta vegetazione che si formava grazie allo scioglimento delle calotte polari.

La faccia di Marte

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La famosa “faccia” di Marte ripresa dal Viking 1.

Cydonia Mensae è una regione di Marte situata alle coordinate 33° Nord e 13° Ovest. Il 25 luglio del 1976, nel corso della sua 35ª orbita, la sonda Viking 1 realizzò una fotografia conosciuta come il volto di Marte e ritenuta all’epoca da alcuni come una struttura artificiale. Il “volto” misura approssimativamente 3 km in lunghezza e 1,5 km in larghezza e si trova 10° a nord dell’equatore marziano. La NASA, pubblicò la prima foto sei giorni dopo. Altre immagini furono poi rese pubbliche, ed anche in esse era evidente l’effetto di luci ed ombre che riproduceva i tratti di un volto umano, da cui quest’area prende il nome. La foto raffigura uno dei molti altopiani disseminati nella regione marziana di Cydonia. L’altopiano assume le sembianze di un volto grazie ad una combinazione di angolo d’illuminazione, bassa risoluzione della foto, e tendenza della mente umana a riconoscere motivi familiari, specialmente volti. Infine, un’interruzione nella trasmissione dati inviati sulla Terra dalla sonda creò una macchia nera in corrispondenza dell’ipotetica narice. Altre sonde hanno scattato foto della zona con una risoluzione molto più alta, la zona in questione ricorda molto meno una faccia. Si diffusero diverse teorie in proposito e in poco tempo nacque la leggenda di un monumento sul suolo marziano, un monumento che ricordava un volto umano, il volto di un marziano che forse voleva comunicare con gli esseri umani del pianeta Terra.

Il 21 settembre 2006 l’ESA ha reso pubbliche nuove immagini ad altissima risoluzione della regione di Cydonia in cui compare l’area del volto, in esse un pixel copre una dimensione di soli 14 metri. Dalle immagini appare l’origine naturale della “faccia”. In conclusione, l’origine artificiale del volto di Cydonia, ripresa dalla sonda Viking appariva tale soltanto a causa di una interpretazione visiva di immagini spaziali a bassa risoluzione, si tratta di un fenomeno noto come pareidolia che è la tendenza del cervello umano a cercare rassomiglianze con oggetti familiari.

Le piramidi

Secondo alcuni ufologi e studiosi indipendenti, Cydonia nasconderebbe anche delle piramidi: ne sono state identificate sei, alcune a quattro e altre a cinque lati, insieme a una “una piccola fortezza triangolare”. La ‘costruzioni’ più imponente è alta circa 1600 metri. Richard Hoagland, un ex-collaboratore della NASA, iniziò insieme al suo gruppo una serie di studi molto dettagliati sulle singolari strutture evidenziando alcune relazioni tra le loro posizioni reciproche, le dimensioni e gli orientamenti. La complessità di queste relazioni, secondo lui, rendeva difficile attribuirle al caso: i costruttori, sempre secondo il ricercatore, avrebbero seguito regole geometriche, come fecero le antiche civiltà terrestri. Il complesso sarebbe una sorta di messaggio mandato dai marziani ai terrestri. Ma anche le presunte piramidi con una risoluzione migliore appaiono ciò che sono, delle collinette del tutto naturali…

Alberi marziani

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Gli “alberi” mariziani: una foto suggestiva.

Su Marte sembra ci siano addirittura degli alberi, una sonda statunitense avrebbe mandato una foto che dimostrerebbe la loro esistenza, un campo innevato dove sembrano innalzarsi delle gigantesche piante. Le dimensioni sarebbero colossali, dell’ordine delle centinaia di metri, la foto è stata addirittura presentata all’Astronomy pictures day della NASA. La realtà, come sempre, viene rivelata dagli strumenti sempre più sofisticati montati sulle attuali sonde che operano su Marte, in superficie e in orbita, in grado di inviarci immagini con un dettaglio di risoluzione impensabile fino a qualche anno fa.

Purtroppo, su Marte non c’è nessun albero, solo rivoli di sabbia che scorrono lungo le dune, dalla cresta verso la base. La visuale dall’alto fa perdere la prospettiva: la “base” degli “alberi” è la cresta di una duna, e la “chioma” è l’accumulo della sabbia a valle. Insomma anche gli alberi sono solo il frutto della fantasia del cervello umano che, troppo spesso, viene sfruttata da pseudo ricercatori per promuovere teorie che forse andavano bene a fine ottocento: Canali, monumenti, piramidi, facce e statue frutto solo di interpretazioni di foto a bassa risoluzione o causate da quello che la nostra mente ricostruisce, se su Marte ci fosse stata davvero una civiltà la NASA o il Governo americano non avrebbero avuto nessun interesse ad occultare le foto, anzi, avrebbero avuto tutto l’interesse a coinvolgere il pubblico per avere i finanziamenti necessari a portare al più presto l’uomo sulla superficie del pianeta rosso.

Oliver Melis è owner su facebook delle pagine NWO Italia, Perle complottare e le scie chimiche sono una cazzata.

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