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Marte: la presenza di acqua liquida nel sottosuolo rianima la speranza di vita

L'analisi dei dati sismici raccolti dal lander InSight della NASA, condotta da Katayama e Akamatsu, ha portato a una nuova interpretazione che suggerisce la presenza di acqua liquida subsuperficiale su Marte. Questa scoperta alimenta la possibilità di forme di vita microbica nel sottosuolo marziano, offrendo nuove prospettive nella comprensione del potenziale biologico del pianeta

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Una nuova e stimolante interpretazione dei dati sismici raccolti dal lander InSight della NASA offre indizi promettenti sulla potenziale presenza di acqua liquida al di sotto della superficie marziana.

Questa scoperta, frutto dell’analisi condotta dai ricercatori Ikuo Katayama dell’Università di Hiroshima e Yuya Akamatsu dell’Istituto di Ricerca per la Geodinamica Marina, riaccende con forza l’annosa questione della possibilità di vita microbica nel sottosuolo di Marte.

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L’esistenza di acqua allo stato liquido è considerata un prerequisito fondamentale per la vita come la conosciamo, e la sua potenziale presenza nelle profondità marziane aprirebbe scenari inediti per la sopravvivenza di microrganismi protetti dalle rigide condizioni ambientali della superficie.

Marte: la presenza di acqua liquida nel sottosuolo rianima la speranza di vita
Marte: la presenza di acqua liquida nel sottosuolo rianima la speranza di vita

L’analisi sismica di InSight: una finestra indiretta sull’interno di Marte

La base di questa intrigante ipotesi risiede nei dati forniti dallo strumento SEIS (Seismic Experiment for Interior Structure), un sofisticato sismometro dispiegato sulla superficie marziana dal lander InSight della NASA, atterrato con successo nel 2018. A differenza delle precedenti missioni focalizzate sull’analisi della superficie o dell’atmosfera, InSight ha avuto il compito specifico di sondare la struttura interna di Marte attraverso la rilevazione e l’analisi delle onde sismiche. Il sismometro SEIS, posizionato direttamente sul suolo marziano tramite il braccio robotico del lander, ha registrato le vibrazioni generate da eventi sismici naturali, comunemente definiti “terremoti marziani” (marsquakes), e dagli impatti di meteoriti sulla superficie.

Le onde sismiche rilevate da SEIS, classificate in onde primarie (onde P), onde secondarie (onde S) e onde superficiali, si propagano attraverso l’interno di Marte, interagendo con i diversi strati geologici che incontrano lungo il loro percorso. La velocità di propagazione, la riflessione e la rifrazione di queste onde sono strettamente correlate alle proprietà fisiche dei materiali attraversati, come la densità, l’elasticità e la fase (solida o liquida).

Studiando attentamente le caratteristiche di queste onde sismiche, come il loro tempo di transito e le variazioni nella loro velocità, gli scienziati possono dedurre la composizione degli strati sotterranei e identificare potenziali discontinuità o zone con proprietà anomale che potrebbero indicare la presenza di materiali specifici, inclusa l’acqua allo stato liquido.

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L’analisi condotta da Katayama e Akamatsu si è concentrata sull’interpretazione di specifiche anomalie nelle onde sismiche registrate da InSight, suggerendo la presenza di uno strato o di sacche di materiale con caratteristiche compatibili con acqua liquida a una certa profondità sotto la superficie marziana. Questa nuova interpretazione dei dati sismici apre prospettive entusiasmanti sulla possibilità di un ambiente subsuperficiale abitabile su Marte, alimentando ulteriormente la ricerca di tracce di vita extraterrestre.

Rivelatori di fase e densità nel sottosuolo marziano

Le onde sismiche, in particolare le onde primarie (onde P) e le onde secondarie (onde S), rappresentano uno strumento diagnostico di straordinaria potenza per gli scienziati impegnati nello studio della composizione e della struttura interna dei corpi planetari, inclusa Marte. L’analisi dettagliata delle loro proprietà di propagazione attraverso il sottosuolo marziano consente di inferire una vasta gamma di informazioni cruciali sulle rocce che compongono il pianeta, tra cui la loro densità e le eventuali variazioni nella composizione chimica che si verificano in profondità. La differente interazione delle onde P e delle onde S con i materiali planetari fornisce indizi distinti sulla natura del sottosuolo.

Una distinzione fondamentale tra le onde P e le onde S risiede nella loro capacità di attraversare diversi stati della materia. Le onde S, caratterizzate da un moto di vibrazione trasversale alla direzione di propagazione, non sono in grado di propagarsi attraverso fluidi, come l’acqua liquida. Al contrario, le onde P, che consistono in compressioni ed espansioni del materiale attraversato nella direzione di propagazione, possono viaggiare sia attraverso solidi che attraverso liquidi, sebbene la loro velocità sia influenzata dalle proprietà del mezzo.

Inoltre, la velocità di propagazione delle onde S è generalmente inferiore a quella delle onde P nello stesso materiale solido. Pertanto, la presenza, l’assenza e il tempo di arrivo delle onde S in determinate regioni del sottosuolo marziano possono fornire indicazioni decisive sulla presenza o assenza di strati liquidi. Analogamente, la velocità di propagazione delle onde P è sensibile alla densità del materiale attraversato: esse tendono a viaggiare più rapidamente attraverso materiali ad alta densità e più lentamente attraverso materiali meno densi.

Di conseguenza, la misurazione precisa della velocità delle onde P e delle sue variazioni con la profondità può contribuire a definire il profilo di densità del sottosuolo di Marte e a identificare eventuali transizioni significative nella composizione o nella struttura.

I dati sismici raccolti dallo strumento SEIS di InSight hanno rivelato la presenza di discontinuità nella velocità sismica a profondità di circa 10 e 20 chilometri. Precedentemente, questi confini erano stati interpretati come marcate transizioni nella porosità delle rocce (la percentuale di spazio vuoto all’interno della roccia) o come cambiamenti significativi nella composizione chimica dell’interno di Marte.

Katayama e Akamatsu propongono una nuova e affascinante interpretazione di queste anomalie sismiche: esse potrebbero rappresentare la prova della presenza di acqua liquida confinata all’interno di fratture e fessure nel sottosuolo di Marte. Secondo questa ipotesi, i dati sismici indicherebbero un confine tra regioni di fratture “secche”, prive di fluidi significativi, e regioni di fratture “piene d’acqua”, dove l’acqua liquida riempirebbe gli spazi vuoti all’interno della roccia.

Per testare la validità della loro ipotesi interpretativa, i ricercatori hanno condotto esperimenti di laboratorio volti a misurare la velocità sismica attraverso campioni di roccia con strutture e composizione simili a quelle tipiche della crosta di Marte in diverse condizioni ambientali: umide, secche e ghiacciate. La scelta di una roccia analoga, la diabase di Rydaholm proveniente dalla Svezia, è motivata dalla sua somiglianza mineralogica con le rocce marziane, caratterizzate da granuli di plagioclasio e ortopirosseno di dimensioni uniformi.

I risultati di questi esperimenti comparativi hanno permesso di correlare le variazioni nella velocità sismica misurata con la presenza e lo stato dell’acqua all’interno della struttura rocciosa, fornendo un supporto sperimentale all’ipotesi che le anomalie sismiche rilevate da InSight possano effettivamente essere indicative della presenza di acqua liquida nel sottosuolo di Marte.

Un indizio chiave sulla presenza di acqua liquida

Per fornire una base sperimentale solida all’interpretazione delle anomalie sismiche rilevate su Marte come indicatrici della presenza di acqua liquida, Katayama e Akamatsu hanno condotto una serie di misurazioni di laboratorio precise. Utilizzando un trasduttore piezoelettrico, un dispositivo che converte l’energia elettrica in onde meccaniche, i ricercatori hanno generato onde sismiche di tipo P e S attraverso campioni di diabasi, una roccia terrestre analoga per composizione e struttura alle rocce tipiche della crosta marziana.

L’esperimento è stato condotto su tre set di campioni: uno mantenuto in condizioni anidre (asciutto), uno saturo di acqua (bagnato) e uno portato a temperature inferiori allo zero per simulare condizioni di congelamento (congelato). Il trasduttore piezoelettrico ha agito sia come sorgente delle onde sismiche, generando vibrazioni meccaniche controllate, sia come sensore, monitorando l’energia e la velocità di propagazione delle onde P e S attraverso i diversi campioni di roccia nelle varie condizioni di umidità e temperatura.

Le misurazioni sperimentali hanno rivelato differenze notevoli e statisticamente significative nelle velocità di propagazione delle onde sismiche attraverso i campioni di diabasi sottoposti a condizioni diverse. In particolare, le velocità delle onde P e S nei campioni asciutti, bagnati e congelati hanno mostrato variazioni consistenti.

Questa osservazione sperimentale fornisce un forte supporto all’ipotesi che i confini sismici rilevati a 10 e 20 chilometri di profondità sotto la superficie marziana, precedentemente attribuiti a cambiamenti nella porosità o nella composizione chimica delle rocce, possano invece derivare da una transizione geologica da roccia “asciutta” a roccia “bagnata“, ovvero contenente acqua liquida nelle sue fratture e porosità.

I risultati ottenuti in laboratorio corroborano in modo convincente l’interpretazione proposta da Katayama e Akamatsu, secondo cui le discontinuità nella velocità sismica osservate nei dati di InSight indicano un cambiamento nella quantità di acqua presente nelle rocce del sottosuolo marziano piuttosto che una variazione intrinseca nelle proprietà fisiche o chimiche delle rocce stesse.

La significativa differenza nelle velocità sismiche misurate in laboratorio tra i campioni asciutti e quelli saturi d’acqua si allinea con le variazioni osservate nei dati sismici marziani, rafforzando l’idea che l’acqua liquida sia effettivamente presente nel sottosuolo di Marte. Come sottolinea Katayama, “Molti studi suggeriscono la presenza di acqua sull’antico Marte miliardi di anni fa, ma il nostro modello indica la presenza di acqua liquida sul Marte attuale”.

Questa affermazione è di fondamentale importanza poiché implica che le condizioni necessarie per la vita microbica, almeno per come la conosciamo, potrebbero persistere ancora oggi nel sottosuolo marziano, protetto dalle estreme condizioni ambientali della superficie. La scoperta di acqua liquida attuale su Marte riapre con rinnovato vigore le prospettive della ricerca di vita extraterrestre e sottolinea l’importanza di future missioni esplorative focalizzate sul sottosuolo del Pianeta Rosso.

Lo studio è stato pubblicato su Geology.

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