Lupi: un parassita sta alterando le loro menti

Un lungo studio condotto su un periodo di 26 anni, analizzando i dati comportamentali di lupi e esaminando il sangue di 229 individui, ha rivelato che l’infezione da parte del parassita Toxoplasma gondii aumenta notevolmente la probabilità (circa 46 volte il normale) che i lupi assumano il ruolo di capobranco. Questa ricerca indica che gli impatti di questo parassita nell’ambiente naturale siano stati drasticamente sottostimati e che il suo ruolo negli ecosistemi e nel comportamento animale sia stato spesso trascurato.  

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Lupi e gatti minacciati dal Toxoplasma gondii

Chi ha un gatto, probabilmente avrà già sentito parlare del parassita T. gondii. L’organismo può riprodursi e prosperare nei felini, ma ha la facoltà di fare lo stesso in tutti gli animali a sangue caldo, inclusi gli esseri umani nel cui organismo può provocare una malattia parassitaria tipicamente asintomatica meglio conosciuta come toxoplasmosi.

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Una volta che si trovano in un altro ospite, i singoli parassiti T. gondii devono trovare il modo di riportare la loro prole all’interno di un esemplare felino, se non vogliono rischiare un vicolo cieco evolutivo. Le possibilità di massimizzare le loro possibilità di sviluppo sono inquietantemente alte. Gli animali, quali i ratti infestati dal parassita, si trovano esposti a rischi maggiori, manifestando in alcuni casi una pericolosa attrazione per l’odore dell’urina felina. Questo comportamento accresce notevolmente le probabilità di cadere vittima di predazione, portando in alcuni casi alla loro morte.

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Nei casi degli animali più grandi, come gli scimpanzé, l’infezione da T. gondii comporta un aumento del rischio di confrontarsi con felini più grandi, come ad esempio un leopardo. Animali come le iene, infestate da T. gondii, sono anch’esse più suscettibili di essere cacciate e uccise da leoni. 

Non si può certo dire che i lupi grigi ospiti del Parco Nazionale di Yellowstone siano preda dei gatti (ci mancherebbe). Bisogna però far notare come i lupi possono condividere occasionalmente il territorio con i puma (Puma concolor), noti portatori di T. gondii. Entrambe le specie predano gli stessi animali, come l’alce (Cervus canadensis), il bisonte (Bison bison), e il cervo mulo (Odocoileus hemionus), che sono presenti anche nell’area del parco.

Esiste la possibilità che i lupi si infettino anch’essi, magari attraverso l’eventuale consumo di puma morti o ingerendo le feci di questi felini. I dati raccolti riguardanti i lupi e il loro comportamento per un periodo di quasi 27 anni hanno fornito un’occasione straordinaria per esaminare gli effetti del parassita su un ospite selvatico intermedio.

I ricercatori, guidati dai biologi Connor Meyer e Kira Cassidy dello Yellowstone Wolf Project, hanno esteso la loro indagine analizzando campioni di sangue prelevati da lupi e puma per valutare il tasso di infezione da T. gondii. La loro indagine ha rivelato che i lupi con una significativa sovrapposizione territoriale con i puma manifestavano una maggiore probabilità di essere infettati da T. gondii. Da segnalare, tuttavia, anche una conseguenza comportamentale, con un aumento significativo dell’assunzione dei rischi.

I lupi infetti hanno presentato un’incidenza significativa, con un aumento di 11 volte nella probabilità di disperdersi dal branco e occupare un nuovo territorio. In particolare, i maschi infetti avevano una probabilità del 50% di abbandonare il branco entro sei mesi, rispetto ai più tipici 21 mesi per i lupi non infetti. In modo simile, le femmine infette hanno manifestato una probabilità del 25% di abbandonare il branco entro 30 mesi, in contrasto ai 48 mesi tipici per le femmine non infette.

I lupi infetti hanno palesato anche una maggiore probabilità di assumere il ruolo di capobranco. Si ipotizza che T. gondii possa innalzare i livelli di testosterone, determinando un aumento di aggressività e dominanza. Questi tratti potrebbero favorire il successo di un lupo nel consolidarsi come capobranco.

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