Le missioni umane possono contaminare Marte con forme di vita terrestri

Secondo un nuovo studio sembra improbabile che microbi terrestri possano sopravvivere alle dure condizioni ambientali di Marte, anche se dovesse possedere acqua salmastra

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Sappiamo con certezza, dal 2015, che su Marte esiste l’acqua liquida e basandoci su quanto osserviamo sulla Terra, l’acqua è una sostanza fondamentale per sostenere la vita.

Lo può fare anche su Marte? Gli scienziati per stabilire se Marte sostiene forme elementari di vita, o le ha sostenute in passato, devono analizzare l’acqua marziana e per farlo devono superare un grosso ostacolo, il Trattato sullo spazio esterno delle Nazioni Unite del 1967 secondo il quale l’esplorazione dello spazio deve essere condotta in modo tale da evitare ogni tipo di contaminazione e, al momento, non abbiamo modo di sterilizzare completamente gli strumenti dai microbi terrestri.

Il Trattato sullo spazio è costituito da un nucleo di principi generali, consolidatosi nel diritto internazionale tra il 1961 e il 1967, e da un insieme di norme contenute nei cinque trattati spaziali elaborati nell’ambito delle Nazioni Unite: il Trattato sullo spazio regola le attività degli Stati nell’esplorazione e l’uso dello spazio extra-atmosferico; l’Accordo sul salvataggio degli astronauti del 1968; la Convenzione sulla responsabilità per danni causati da oggetti spaziali del 1972; la Convenzione sulla registrazione degli oggetti lanciati nello spazio del 1975; l’Accordo relativo alle attività degli Stati sulla Luna e gli altri corpi celesti del 1979.

Il regime giuridico si fonda essenzialmente sul principio in base al quale lo spazio e i corpi celesti non sono soggetti a occupazione o appropriazione statale. L’esplorazione e l’utilizzazione dello spazio costituiscono appannaggio dell’umanità intera e gli Stati devono cooperare nelle attività spaziali. Nello spazio gli Stati sono responsabili per tutte le attività, proprie e svolte dai privati con la loro autorizzazione e sotto il loro controllo; essi sono tenuti alla registrazione degli oggetti spaziali lanciati in orbita.
Le attività spaziali, per considerarsi lecite, devono essere pacifiche. L’attività militare non è vietata, purché sia un’attività non aggressiva e conforme al principio di denuclearizzazione dello spazio.

Tornando a Marte, secondo un nuovo studio sembra improbabile che microbi terrestri possano sopravvivere alle dure condizioni ambientali di Marte, anche se dovesse possedere acqua salmastra, lo ha spiegato lo scienziato planetario Edgard G. Rivera-Valentín della University Space Space Association (USRA) e il Lunar and Planetary Institute (LPI):

“La vita sulla Terra, anche la più estremofila, ha certi limiti ambientali che può tollerare.  Abbiamo studiato la distribuzione e la chimica dei liquidi stabili su Marte per capire se questi ambienti sarebbero adatti almeno alla vita estrema sulla Terra”.

Per capire come potrebbe presentarsi la vita aliena, gli scienziati spesso studiano ambienti estremi, dove gli organismi definiti “estremofili” prosperano. Tra questi ambienti troviamo l’arido deserto di Atacama in Cile, l’Area geotermica salata e acida di Dallol in Etiopia e persino l’orbita terrestre a bordo della ISS. Questi ambienti, pur avendo qualcosa in comune con Marte non sono gli stessi ambienti estremi tanto che sulla superficie di Marte, l’acqua liquida non può esistere, fa cosi freddo e la pressione atmosferica è cosi bassa che la fase liquida evaporerebbe in poco tempo.

L’acqua sulla Terra è presente in forma liquida e negli oceani ricchi di vita vi sono in essa disciolti sali di sodio, magnesio e calcio abbondanti anche su Marte; se questi sali si mescolassero con l’acqua per creare una soluzione salina chiamata salamoia, ne abbasserebbero il punto di congelamento, rallentandone il tasso di evaporazione, cosi da permettere al liquido di permanere in superficie. E se ci fosse abbastanza umidità nell’atmosfera marziana, alcuni sali potrebbero subire un processo chiamato deliquescenza, assorbendo l’umidità per formare una soluzione liquida.

Ma restano delle domande: questa salamoia liquida può formarsi e rimanere sulla superficie marziana abbastanza a lungo da permettere alla vita terrestre di radicarsi? Lo ha spiegato su Sciencealert lo scienziato planetario Alejandro Soto del Southwest Research Institute.

“Il nostro team ha esaminato regioni specifiche di Marte, aree in cui la temperatura dell’acqua liquida e i limiti di accessibilità potrebbero consentire a organismi terrestri noti di replicarsi, per capire se fossero abitabili. Abbiamo utilizzato le informazioni sul clima marziano sia da modelli atmosferici che da misure di veicoli spaziali. Abbiamo sviluppato un modello per prevedere dove, quando e per quanto tempo le salamoie sono stabili sulla superficie e sul sottosuolo superficiale di Marte”.

Confrontando anni di dati sperimentali sulle reazioni chimiche in condizioni simulate di Marte, nonché dei dati climatici, il team ha messo insieme un quadro di quando e dove potrebbero essere presenti salamoie liquide sulla superficie di Marte o pochi centimetri sotto la sua superficie.

Hanno scoperto che queste salamoie liquide potrebbero persistere fino a sei ore dall’equatore alle alte latitudini, per oltre il 40 percento della superficie marziana. E ciò può avvenire solo stagionalmente, per circa il 2 percento dell’anno.
Potrebbe non sembrare molto, ma è più di quanto gli scienziati pensassero in precedenza. Ma ciò non significa ancora che la vita della Terra possa sopravvivere su Marte.

Ha spiegato Rivera-Valentín: “La temperatura più alta che una salamoia stabile può sperimentare su Marte è di -48 gradi Celsius. Questo è ben al di sotto della temperatura più bassa che la vita che conosciamo può tollerare”.

Ciò significa, ha concluso il team, che le salamoie marziane non soddisfano i requisiti stabiliti dal Comitato per la ricerca spaziale (COSPAR) del Consiglio internazionale per la scienza e che, pertanto, non dovrebbero ostacolare una missione di esplorazione su Marte con equipaggio.

È importante notare che i risultati dello studio non hanno alcun impatto sulla domanda se vi sia o vi sia stata vita marziana, in quanto si basano interamente sulla nostra comprensione della vita terrestre. E questo potrebbe essere un limite.

“Abbiamo dimostrato che su scala planetaria la superficie marziana e il sottosuolo poco profondo non sarebbero adatti per gli organismi terrestri perché i liquidi possono formarsi solo in rari momenti, e anche allora, si formano in condizioni difficili. Tuttavia, sulla Terra potrebbero esserci forme di vita ancora sconosciute che potrebbero adattarsi a queste condizioni”, ha concluso Rivera-Valentín.

C’è da dire che i risultati di questo studio contraddicono quanto dimostrato lo scorso anno da una ricerca condotta dalla Wichita State University che ha letteralmente messo in salamoia alcuni tipi di batteri per poi essiccarli e infine sottoporli a un processo di umidificazione. I batteri in questione sono sopravvissuti, dimostrando che potrebbero avere la stessa sorte anche sull’arido terreno marziano ricco di sali.