La storia della scienza è una formidabile raccolta di uomini ed eventi degni del più avvincente dei romanzi. Uno dei più straordinari di questi “romanzi” è rappresentato dalla vita, dalle scoperte e dalle colossali topiche di Linus Pauling (1901-1994), uno degli scienziati più geniali del Ventesimo Secolo, vincitore di due Premi Nobel.
All’età di 25 anni, Pauling che era nato a Portland negli Stati Uniti, vince una borsa di studio di 18 mesi in Germania allora centro di eccellenza scientifica mondiale. Durante questo soggiorno Pauling apprenderà i segreti della nascente meccanica quantistica che farà fruttare al suo rientro in patria.
Pauling comprese come i fenomeni quantistici influissero sui legami chimici, determinandone la forza, la conformazione geometrica, la durata e molto altro. Pauling, come affermò un collega ammirato, dimostrò che la chimica “poteva essere compresa e non soltanto imparata a memoria”.
Dopo questi primi straordinari successi il giovane e talentuoso ricercatore americano iniziò a sentire il campo di ricerca nella chimica come troppo limitante per una personalità poliedrica come la sua.
Dopo aver scoperto perché i fiocchi di neve avevano una struttura esagonale scoprì che l’anemia falciforme era letale a causa di una deformazione della molecola di emoglobina che non riesce più a trasportare l’ossigeno. Era la prima volta che si scopriva una causa molecolare per una malattia e la storia della medicina non sarebbe stata più la stessa.
Nel 1948, bloccato a letto dall’influenza, Pauling scoprì che le proteine possono formare teoricamente lunghi tubi detti alfa eliche da cui derivò la teoria che la funzione di una proteina dipende in gran parte dalla sua forma. Di li a poco, nel 1952, Pauling iniziò ad interessarsi al DNA.
L’acido desossiribonucleico era stato isolato già nel 1869 dal biochimico svizzero Friedrich Miescher, che individuò una sostanza microscopica contenuta nel pus di bende chirurgiche utilizzate. Dal momento che tale molecola aveva la sua localizzazione nel nucleo, egli lo chiamò nucleina.
Controlli più precisi alle conclusioni di Miescher rivelarono la presenza di grandi quantitativi di fosforo, elemento incompatibile con le conoscenze biochimiche del tempo. Soltanto nel 1952 grazie ad un esperimento condotto sui virus questi pregiudizi caddero.
Prima di quella data nessuno però sapeva dove fosse immagazzinata l’informazione genetica se nel DNA o nelle proteine. Il rebus fu risolto da due ricercatori che utilizzando dei marcatori radioattivi dimostrarono incontrovertibilmente che l’informazione genetica era depositata nel DNA.
Ma come era fatta questa molecola? Allora si sapeva che questa molecola si presentava come un lungo filamento composto da zuccheri e fosfati su cui si innestavano gli acidi nucleici.
Come aveva dimostrato Pauling, con le alfa eliche la forma di una molecola era intimamente connessa con la sua funzione, per questo la caccia alla forma del DNA divenne il Santo Graal della biologia molecolare. Pauling decise che nessuno meglio di lui avrebbe potuto disvelare il mistero. Dopo una serie di calcoli e simulazioni il chimico americano dedusse che la forma della molecola del DNA dovesse essere una tripla elica. Purtroppo i suoi dati si basavano su un frammento di DNA secco, morto, raggomitolato su sé stesso ed erano profondamente errati. Questo, però, Pauling non lo sospettava e le sue conclusioni sembravano del tutto plausibili.
Successivamente chiese ad un suo dottorando di controllare i calcoli che erano alla base delle sue conclusioni. Il giovane rimase costernato quando dopo numerosi controlli si accorse che i calcoli di Pauling non tornavano. Lo studente spiegò al suo mentore perché i risultati erano errati ma Pauling ignorò completamente le sue argomentazioni e divorato dall’ansia di arrivare primo nella scoperta della struttura del DNA pubblicò un articolo nel 1953 con le sue conclusioni: tripla elica.
Dall’altra parte dell’Atlantico due goffi studenti James Watson e Francis Crick ebbero modo, grazie al figlio di Pauling, di visionare l’articolo in anteprima e grande fu la loro sorpresa quando si resero conto che le conclusioni teoriche di Pauling ricalcavano un loro progetto di ricerca che l’anno precedente era stato demolito e confutato da una delle maggiori esperte di cristallografia dell’epoca Rosalind Franklin.
E grazie alle dritte che proprio la Franklin inavvertitamente aveva trasmesso ai due durante la dimostrazione degli errori commessi nella loro ricerca che il duo Watson e Crick, nel 1953, presentarono su Nature quello che è oggi accertato come il primo modello accurato della struttura del DNA, ovvero il modello a doppia elica.
A disegnarne il bozzetto fu Odile Speed, pittrice e moglie di Crick. I due non avevano fatto che mettere insieme le ricerche della Franklin, a cui molti ritengono risalga la vera paternità della scoperta, e di Pauling. Quest’opera di assemblaggio e di interpretazione valse loro insieme a Maurice Wilkins, nel 1962, il Premio Nobel.
Pauling, nonostante la sua divorante ambizione prese la sconfitta con signorilità, riconobbe l’esattezza dei calcoli di Weston e Crick, e li invitò ad un importante convegno scientifico che stava organizzando per l’autunno del 1953.
Persa la corsa al DNA Pauling si consolerà nel 1954 con un meritatissimo Premio Nobel per la chimica. Successivamente l’eclettico Pauling curò un suo brutto raffreddore con dosi massicce di vitamina C. La sua rapida guarigione lo indusse a ritenere che la vitamina C avesse un reale potere terapeutico e si deve a lui, l’autentica mania che pervase gli americani per questo elemento che iniziarono ad assumere in dosi massicce. Anche questa rientra tra le topiche del geniale Pauling.
Attivista politico, grande sostenitore della pace e del disarmo, Pauling ricevette nel 1962 un secondo Nobel, quello per la Pace. Unica persona ad aver vinto due Nobel non in condivisione con altri.
Mori a Big Sur, il 19 agosto 1994, all’età di 93 anni per un cancro alla prostata.