La Siberia sta diventando abitabile a causa del riscaldamento globale

Nel 2100 vaste aree della Siberia saranno sgombre dai ghiacci e adatte all'abitazione e all'agricoltura

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Il fenomeno del riscaldamento globale (che abbia cause antropiche, come pensano la maggior parte degli scienziati o cause naturali come pensano alcuni altri) sta cambiando la faccia della Terra e, proprio mentre alcune parti del pianeta si prevede diventino inabitabili per il troppo caldo, altre zone, comprese le vaste e gelide desolate distese della Siberia, si avviano ad avere un clima più mite e adatto alla vita umana.

La Siberia è la più ampia regione della Russia asiatica, rappresentando il 77% della superficie terrestre della Russia. Non è ancora un posto particolarmente allettante per mettere casa in questo momento, ma questa è una situazione che potrebbe cambiare nei prossimi decenni.

Sulla base dei calcoli dei ricercatori, questa parte fredda e desolata della Terra diventerà molto più ospitale verso il 2100 e ciò potrebbe portare ad una migrazione su larga scala verso quei territori.

Le precedenti migrazioni umane sono state associate ai cambiamenti climatici“, afferma l’ecologa Elena Parfenova del Sukachev Institute of Forest in Russia. “Gli esseri umani nel corso del tempo hanno sviluppato le tecnologie per essere meno dipendenti dall’ambiente ed adattarlo alle proprie esigenze, in particolare in termini climatici. Abbiamo cercato di capire se i futuri cambiamenti climatici potrebbero rendere le parti meno ospitali della Russia asiatica più abitabile per gli esseri umani“.

Parfenova e i suoi colleghi hanno usato una scala nota come Representative Concentration Pathway (RCP) e modelli di circolazione denominati Coupled Model Intercomparison Project Phase 5 per prevedere come potrebbero apparire i 13 milioni di chilometri quadrati della Siberia entro la fine del secolo.



In particolare, sono stati identificati e utilizzati due scenari come i marcatori inferiore e superiore: RCP 2.6 che rappresenta un mite cambiamento climatico e l’RCP 8.5 che rappresenta cambiamenti climatici estremi.

Tra questi due punti, i ricercatori hanno rilevato che entro il 2080 potrebbero verificarsi aumenti di temperatura tra 3,4 – 9,1° C in inverno e 1,9 – 5,7° C in estate. Le precipitazioni annuali complessive nella regione potrebbero aumentare tra 60-140 mm, secondo lo studio.

Il clima in tutta la Siberia varia enormemente e molte parti di essa rimarrebbero desolate e inospitali,  ma i ricercatori affermano che anche un lieve cambiamento climatico potrebbe rendere almeno il 15% della regione più adatto per la vita umana rendendo la regione capace di sostenere un aumento della popolazione residenziale di almeno 5 volte la popolazione attuale.

Questo oggi non sembra un gran cambiamento, ma in termini climatici, questo può significare la differenza tra la vita e la morte“, dice uno dei ricercatori, Amber Soja del National Institute of Aerospace presso il NASA Langley Research Center.

L’estensione del territorio siberiano coperto dal permafrost scenderebbe dal 65% al ​​40%.

Con la Terra sull’orlo del precipizio per quanto riguarda le catastrofiche previsioni sui cambiamenti climatici, l’attenzione deve rimanere focalizzata sul taglio delle emissioni dei gas serra e sulla protezione delle parti del mondo che sono già abitabili e popolate.

La Siberia ha i suoi problemi legati al riscaldamento globale, inoltre con così poche persone che ci vivono, ha anche problemi con infrastrutture scadenti e poco in termini di sviluppo agricolo.

Ciò che i ricercatori stanno suggerendo è che sarebbe una buona idea iniziare a pianificare in anticipo cosa fare nel caso tra qualche decennio vi saranno migrazioni di massa verso la Siberia.

“La velocità con cui questo territorio potrà svilupparsi in termini di possibilità di accoglienza e sostentamento della popolazione umana, dipende dagli investimenti nelle infrastrutture e nell’agricoltura, che a loro volta dipendono dalla velocità con cui si prenderanno decisioni che presto diverranno improcrastinabili”, conclude la Parfenova .

La ricerca è stata pubblicata su Environmental Research Letters .

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