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La scoperta del cosmo, da Aristotele a Newton

Un breve excursus storico sulla scoperta del cosmo dall'antichità ad Isaac Newton

Ancora ai tempi della scoperta delle Americhe (e per la verità ancora oggi se consideriamo le pattuglie di terrapiattisti) la convinzione che il nostro pianeta fosse piatto e non sferico era piuttosto diffusa e le idee sulla posizione della Terra nel cosmo erano tutt’altro che chiare.

Eppure, fin dall’antichità, la consapevolezza della sfericità della Terra era stata accertata. 

Nel 340 a.e.v., Aristotele nella sua opera “Sul cielo” avanzava dei validi argomenti a sostegno della tesi secondo le quali la Terra era sferica e non piatta.

Uno di questi argomenti si basava sulle eclissi di Luna. Quando il nostro pianeta si interponeva tra il Sole e la Luna, notava Aristotele, esso proiettava un’ombra sempre di forma circolare e ciò implicava la sfericità della Terra. Infatti se la Terra fosse un disco piatto, la sua ombra proiettata sulla Luna avrebbe una forma circolare soltanto quando il Sole è direttamente perpendicolare al centro del disco terrestre, mentre in tutti gli altri casi avrebbe invece la forma allungata di un’ellisse (l’ellisse è, per l’appunto, un cerchio allungato).

I greci, poi, portavano un ulteriore argomento a sostegno di questa tesi: quando una nave si avvicina dall’orizzonte sul mare si dovrebbe vedere dapprima un puntino e poi man mano che avanza i dettagli dello scafo e delle vele. Invece osservando una nave all’orizzonte se ne vede inizialmente soltanto la velatura e solo successivamente il resto di una nave.

Come se non bastasse i greci avevano notato che in cielo, tra le migliaia di luci visibili, cinque, più la Luna, si comportavano in maniera differente.

A volte sembravano deviare dal regolare tragitto da est a ovest, per poi fare un’altra inversione di marcia e ritornare sui loro passi. Queste particolari luci vennero così chiamate «pianeti»: dal termine greco che significa «vaganti».

I greci scoprirono solo cinque dei pianeti del sistema solare per il semplice fatto che questi cinque sono gli unici che possono essere visti a occhio nudo: Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno.

Per ragioni di carattere filosofico, Aristotele era convinto che la Terra fosse al centro dell’Universo e che il moto circolare fosse quello perfetto.

Chi arrivò a sistemizzare questa concezione del cosmo fu Tolomeo (nato a Peluso intorno al 100 e morto ad Alessandria d’Egitto nel 175 circa). Tolomeo sviluppò un modello cosmologico completo nel quale la Terra era circondata da otto sfere concentriche rotanti, ciascuna delle quali era più grande della precedente. In base al modello elaborato da Tolomeo era possibile predire, con ragionevole accuratezza, le posizioni dei diversi astri nella volta celeste.

Per mantenere queste predizioni tuttavia il più grande astrologo ed astronomo dell’antichità si trovava di fronte ad una contraddizione insormontabile. Affinché tutto tornasse era necessario che la Luna in alcuni momenti, si trovasse a essere due volte più vicina alla Terra che in altri; di conseguenza, in quei primi momenti essa sarebbe dovuta apparire due volte più grande rispetto a questi ultimi.

Il cosmo secondo Copernico

Nonostante questa evidente contraddizione di cui lo stesso Tolomeo era perfettamente a conoscenza, il “sistema tolemaico”, rimase punto di riferimento per tutto il mondo occidentale (ma anche arabo) fino a che non fu sostituito dal modello di sistema solare eliocentrico dell’astronomo polacco Niccolò Copernico, già noto, comunque, nell’antica Grecia al tempo del filosofo Aristarco di Samo.

Questo grazie all’appoggio della Chiesa che trovava questo modello del cosmo in accordo con le Sacre Scritture, lasciando spazio oltre l’ultima sfera concentrica al paradiso ed all’inferno e quindi in definitiva a Dio.

Come accennato, nel 1514 Copernico, recuperando e perfezionando un modello già conosciuto dal mondo antico, propose un’alternativa al sistema tolemaico. Dapprima operò quasi in incognito per timore delle conseguenze di uno scontro con la Chiesa cattolica. La rivoluzione copernicana, infatti, implicava che la Terra ed i pianeti ruotassero intorno al Sole che era immobile al centro del sistema solare.

La teoria copernicana si affermò definitivamente quasi un secolo dopo quando due astronomi – il tedesco Giovanni Keplero e Galileo Galilei – iniziarono a sostenerla pubblicamente.

Galileo, nel 1609, utilizzando uno strumento, il “canocchiale” da poco inventato, scoprì le cinque lune di Giove. Questa scoperta smentiva una volta di più l’assunto del sistema tolemaico che prevedeva che tutti i corpi celesti ruotassero intorno alla Terra.

Nello stesso periodo Keplero perfezionò la teoria copernicana suggerendo che le orbite dei pianeti non erano circolari, bensì ellittiche: in questo modo, le predizioni teoriche riuscirono infine a concordare pienamente con le osservazioni empiriche. Il combinato disposto di queste osservazioni costituirono il colpo del KO per il modello tolemaico.

Per comprendere però la natura delle forze in grado di “costringere” i pianeti a ruotare intorno al sole dovremo attendere il 1687, quando Isaac Newton pubblicò quella che, probabilmente, è stata la singola opera più importante mai scritta nel campo delle scienze fisiche: i Philosophiae naturalis principia mathematica (Princìpi matematici della filosofia naturale).

Nei Principia Newton affermò che un corpo in stato di quiete tende a rimanere naturalmente in quello stato finché una forza non viene ad agire su di esso. Il movimento delle orbite ellittiche dei pianeti intorno al Sole si spiegava quindi con l’applicazione di una particolare forza, come quella che, sulla terra, fa si che se lasciamo cadere da una mano un oggetto esso precipita sulla superficie.

Egli diede a questa forza il nome di “gravità”.

Newton inventò inoltre la matematica con cui analizzare in termini numerici la reazione degli oggetti sottoposti a forze come quella di gravità, e risolse le rispettive equazioni.

In questo modo, egli fu anche in grado di dimostrare che, per via della gravità del Sole, la Terra e gli altri pianeti dovevano muoversi nel cosmo lungo orbite ellittiche – proprio come aveva predetto Keplero!

Messe da parte le sfere di Tolomeo non c’era ragione per pensare che l’Universo avesse un qualche confine naturale. Inoltre anche il nostro Sole perse ogni aurea di unicità, quello che lo distingueva dalle altre stelle, per le conoscenze del tempo, era soltanto le differenti ed abissali distanze dalla Terra.

Si può affermare che con Newton nasce la visione scientifica moderna del cosmo.

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