Nella tarda antichità la supremazia di Platone sulla metafisica era indiscussa ma il maestro e per certi versi il fondatore della logica, era senza alcun dubbio, Aristotele.
L’impronta nella logica del filosofo di Stagira (383 o 382 a.c. – 322 a.c.) fu enorme e storicamente sarebbe stata ancora più grande se l’impianto logico delineato da Aristotele avesse costituito il primo passo di un’evoluzione e non l’imbalsamazione dei suoi postulati per quasi i successivi duemila anni.
Il più importante lavoro logico di Aristotele è la dottrina del sillogismo. Un sillogismo è un ragionamento che si suddivide in tre parti: una premessa maggiore, una premessa minore ed una conclusione.
I sillogismi possono essere di vari tipi, ad ognuno dei quali gli scolastici attribuirono un nome, il più comune è quello definito Barbara.
Tutti gli uomini sono mortali (premessa maggiore). Socrate è un uomo (premessa minore). Quindi: Socrate è mortale (conclusione).
Un’altra forma, il cosiddetto Celarent può essere descritta attraverso questo esempio:
Nessun pesce è ragionevole. Gli squali sono pesci. Nessun squalo è ragionevole.
Un’altra forma detta Ferio, recita in questi termini:
Nessun Greco è nero, alcuni uomini sono Greci, quindi alcuni uomini non sono neri.
I tipi Barbara, Celarent, Ferio insieme al quarto tipo Darii costituiscono la prima figura di Aristotele a cui poi, sia il filosofo di Stagira che gli scolastici ne aggiunsero altre. Aristotele ed i suoi seguaci pensavano che tutte le deduzioni, se stabilite rigorosamente, fossero sillogistiche.
Questo sistema segnò l’inizio della logica formale ma allo stesso tempo come abbiamo detto anche la sua immobilizzazione concettuale per quasi due millenni. Questo immobilismo ha evidenziato in questa struttura, con il tempo, almeno tre errori di fondo:
- difetti formali entro il sistema stesso
- sopravvalutazione del sillogismo rispetto ad altre forme di ragionamento deduttivo
- Sopravvalutazione della deduzione come forma di ragionamento
L’opera che apre la struttura della logica è i Primi Analitici a cui Aristotele farà seguire altri scritti che troveranno un notevole eco nel Medio Evo. Uno di questi è la breve opera sulle Categorie che Aristotele definisce sommariamente come “espressioni che non sono da nessun punto di vista di significato complesso” elencando poi le dieci categorie possibili.
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Nei Secondi Analitici Aristotele si preoccupa di un aspetto centrale del processo deduttivo ovvero come si ottengono le prime premesse. In maniera un po’ confusionaria Aristotele non trova niente di meglio per giustificare il fatto che le prime premesse non possono essere provate se non per diretta esperienza, che rifarsi al concetto di essenza.
Basti dire in questa sede che l’essenza di una cosa consisteva in quelle delle sue proprietà che il soggetto non può mutare senza perdere la sua identità. Sfortunatamente per l’umanità la logica di Aristotele è apparsa verso la fine del pensiero creativo greco e quindi fu accettata come un dogma.
Oggi non sopravvive quasi più niente della logica aristotelica che per altro ha avuto il discutibile merito di imbalsamare per secoli l’ingegno umano in questa sfera del sapere.