La famigerata canzone dei suicidi

Niente è così “appiccicoso” come le credenze popolari. Etichette che con il tempo si incollano a persone, eventi e persino manufatti accusati di essere maledetti, di portare sfortuna, addirittura di favorire la morte prematura di chi ha la sventura di entrarvi in contatto.

Forse però non tutti sanno che anche la musica e per essere esatti una canzone fanno parte di queste leggende metropolitane inossidabili. Quella che riguarda la canzone ungherese Szomorú vasárnap, internazionalmente meglio conosciuta con il titolo di una delle sue molteplici versioni inglesi Gloomy Sunday, dura ormai da 85 anni.

La canzone dei suicidi

Scritta nel 1933 dal duo ungherese Seress e Javor, la canzone viene lanciata nel 1935 da Pál Kalmár, un cantante ungherese che proprio grazie a Szomorú vasárnap raggiungerà l’apice della sua carriera. Il successo del brano fu subito strepitoso, addirittura internazionale.

Nell’arco di pochi mesi diventa uno standard jazz grazie alla versione firmata dal paroliere Sam Lewis nel 1936. Contestualmente al suo successo si sparge però nel mondo la convinzione che la canzone per la sua inconsolabile tristezza abbia indotto decine di persone al suicidio. Circolano addirittura nomi e circostanze di alcune persone che si sono tolte la vita ascoltando il brano.

Il testo originale di Seress esprime il dolore di un uomo per la perdita della donna amata o, secondo un’altra interpretazione, la sua difficoltà di provarle il proprio amore, al punto di non vedere altra soluzione che la morte. Nella seconda strofa, infatti, il protagonista descrive la scena del suo funerale.

E però nella cover  Gloomy Sunday del 1936, firmata da Sam Lewische si fa un esplicito il riferimento al suicidio.

Il brano acquisisce una sinistra fama e viene etichettato come la canzone ungherese dei suicidi. Per cercare di arginare questo inquietante mood, nel 1941  Billie Holiday  aggiunge una terza strofa dal carattere rasserenante, ottenuto mediante una temporanea modulazione al modo maggiore e un testo che rivela essersi trattato solo di un sogno, con il protagonista che si ridesta al fianco dell’amata.

Nonostante questo intervento, nello stesso anno la BBC ne vieta la diffusione per radio. L’Inghilterra è in guerra, sola contro i nazisti, sotto i bombardamenti della Luftwaffe e non vuole ingenerare ulteriore tristezza in un periodo così difficile. La cosa straordinaria è che il divieto di diffondere la canzone per radio durerà fino al 2002!

Nell’era della rete la leggenda di Gloomy Sunday è stata ripresa ovviamente dai siti complottisti pubblicando esempi dei presunti nefasti effetti della canzone. Eccone alcuni:

  • una giovane commerciante berlinese che si sarebbe impiccata lasciando ai suoi piedi uno spartito di Szomorú vasárnap;
  • una segretaria di New York che, asfissiandosi per inalazione di gas, avrebbe chiesto che il brano fosse eseguito al suo funerale;
  • una donna inglese avvelenatasi per mezzo di barbituricimentre nel suo appartamento andava un fonografo automatico che riproduceva la canzone;
  • un fattorino romano che si sarebbe gettato nel Tevere dopo averla udita da un mendicante;
  • un uomo di ottantadue anni saltato dal settimo piano dopo averla eseguita al pianoforte.

Negli anni le cover di questo brano sono state numerosissime, ci limitiamo qui a citarne solo alcune delle più significative quella di Ricky Nelson del 1959, quella di Elvis Costello del 1994, quella di Sinead O’Connor del 1992 ed infine quella più recente di Björk del 2010.

Naturalmente non poteva mancare una versione italiana della “famigerata”canzone. La prima del 1940 con i testi Nino Rastelli è stata interpretata da Norma Bruni, quella però più celebre del 1952 con il titolo di “Triste Domenica” è stata cantata da Nilla Pizzi.

A questo punto qualcuno di voi si potrà chiedere che fine hanno fatto l’autore originale del brano ed il primo cantante. Pál Kalmár non conobbe più il successo degli anni Trenta anche se continuò a cantare fino al 1968 quando un’operazione alla gola lo privò della voce.

Seress, il compositore del brano di origine ebraiche che era sopravvissuto ad un campo di concentramento nazista, quando la sua fama inizierà a scemare e la sua fede nel comunismo indebolirsi precipitò nella depressione.

Si suicidò a Budapest nel gennaio del 1968. Sopravvissuto ad un primo tentativo di suicidio, essendosi lanciato fuori da una finestra, si soffocò in ospedale ingoiando un filo.

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