Il telescopio spaziale James Webb della NASA ha iniziato una campagna di osservazioni per esaminare meglio l’atmosfera dell’esopianeta K2-18b – noto anche come EPIC 201912552b – in orbita attorno alla nana rossa K2-18, a 124 anni luce di distanza da noi, in quella che la NASA definisce la sua “zona abitabile”.
K2-18b ha catturato l’attenzione degli scienziati per il suo potenziale di ospitare la vita, testimoniato, come annunciato dalla NASA lo scorso 11 settembre 2023, dal rilevamento nella sua atmosfera basata sull’idrogeno di metano ed anidride carbonica. Oltre a questi gas che potrebbero avere anche origine inorganica, l’analisi spettroscopica dell’atmosfera ha rilevato tracce significative di dimetilsolfuro (DMS), un gas che sulla Terra viene prodotto solo dal fitoplancton marino. Si ritiene che K2-18b sia un mondo coperto di oceani con una dimensione superiore a quella della Terra di circa 2,6 volte.
Cosa sappiamo di K2-18b
K2-18b è stato scoperto telescopio spaziale Kepler della NASA, lanciato nel 2009, tuttavia, durante la missione del telescopio Webb, l’atmosfera del pianeta è stata osservata più da vicino.
L’anno scorso, come dicevamo, è stato scoperto che K2-18b ha una “presenza di molecole contenenti carbonio tra cui metano e anidride carbonica” – ha rivelato la NASA. La scoperta si è basata su scoperte precedenti che suggerivano che il pianeta potrebbe essere un “esopianeta di tipo Hycean” che è “una delle tipologie di pianeta con il potenziale per possedere un’atmosfera ricca di idrogeno e una superficie ricoperta di acqua oceanica”.
“Queste osservazioni iniziali di Webb hanno fornito anche la possibile rilevazione di una molecola chiamata dimetilsolfuro (DMS)“, ha aggiunto la NASA.
Ma questo significa davvero che c’è vita sul pianeta?
Atmosfera sull’esopianeta K2-18 b (NASA, ESA, CSA, Ralf Crawford (STScI), Joseph Olmsted (STScI))
Segni di vita?
Ebbene, la NASA spiega: “L’abbondanza di metano e anidride carbonica, e la carenza di ammoniaca, supportano l’ipotesi che potrebbe esserci un oceano d’acqua sotto un’atmosfera ricca di idrogeno in K2-18b”.
“Queste osservazioni iniziali di Webb hanno anche fornito la possibile rilevazione di una molecola chiamata dimetilsolfuro (DMS). Sulla Terra, questo è prodotto solo dalla vita. La maggior parte del DMS nell’atmosfera terrestre è emessa dal fitoplancton negli ambienti marini“.
Tuttavia, la NASA nota anche che le grandi dimensioni del pianeta potrebbero indicare che non è abitabile per forme di vita poiché “l’interno del pianeta probabilmente contiene un ampio mantello di ghiaccio ad alta pressione” o è possibile che il suo oceano sia “troppo caldo per essere abitabile o liquido“.
E adesso?
Nikku Madhusudhan, astronomo dell’Università di Cambridge, ha dichiarato: “I nostri risultati sottolineano l’importanza di considerare diversi ambienti abitabili nella ricerca della vita altrove”.
“Tradizionalmente, la ricerca della vita sugli esopianeti si è concentrata principalmente sui pianeti rocciosi più piccoli, ma i mondi iceani più grandi sono significativamente più favorevoli alle osservazioni atmosferiche”.
Venerdì (26 aprile), il telescopio Webb ha rivolto di nuovo tutta la sua attenzione verso K2-18b nel tentativo di indagare ulteriormente i segni di vita potenziale, osservando il pianeta per otto ore, che saranno seguite da alcuni mesi di elaborazione dei dati prima che si possa raggiungere una risposta definitiva
Madhusudhan ha dichiarato: “Le prossime osservazioni di Webb dovrebbero essere in grado di confermare se il DMS è effettivamente presente nell’atmosfera di K2-18b a livelli significativi”.
“[…] Il nostro obiettivo finale è l’identificazione della vita su un esopianeta abitabile, che trasformerebbe la nostra comprensione del nostro posto nell’universo. Le nostre scoperte sono un passo promettente verso una comprensione più profonda dei mondi iceani in questa ricerca“.
È chiaro che la mancanza di un processo naturale, geologico o chimico noto per generare DMS in assenza di vita aggiunge peso all’eccitazione. Tuttavia, anche se confermata, la distanza del K2-18b rappresenta un ostacolo tecnologico. Viaggiando alla velocità della navicella spaziale Voyager (38.000 miglia orarie), una sonda impiegherebbe ben 2,2 milioni di anni per raggiungere il pianeta.
Nonostante l’immensa distanza, la capacità del JWST di analizzare la composizione chimica dell’atmosfera di un pianeta attraverso l’analisi spettrale della luce stellare che filtra attraverso le sue nuvole offre una nuova finestra sul potenziale della vita oltre la Terra. Questa missione ha il potenziale per rispondere all’annosa domanda se siamo veramente soli nell’universo.
Mentre continua il lavoro teorico sulle fonti non biologiche di gas, si attendono conclusioni definitive entro i prossimi quattro-sei mesi.