La dieta giusta, l’allenamento fisico costante, la gestione dello stress, l’utilizzo intelligente degli integratori alimentari. Filippo Ongaro, dal 2000 al 2007 medico degli astronauti presso l’Agenzia spaziale europea Esa, autore nel 2014 del menù che Samantha Cristoforetti ha seguito in orbita, li chiama “i 4 fondamenti della salute”. Pilastri di una vita lunga e sana, fra le stelle e sulla Terra. “Ci sono tanti parallelismi tra gli astronauti e noi tutti”, spiega il coach del benessere all’AdnKronos Salute in un’intervista sul suo ultimo libro, ‘Vivere a pieno’ (Roi edizioni). “Una vita, un’opportunità. Non sprecarla. Impara a viverla a pieno”, è il senso dell’opera. Un manuale che in 190 pagine insegna “scienza e pratica per raggiungere salute, prestazione e felicità”.
Classe 1970, nato a Milano e cittadino del mondo per seguire il papà giornalista, Ongaro si è laureato in Medicina a Ferrara dove è entrato nella Scuola di specializzazione in Medicina dello sport. Da lì, giovanissimo, “sono stato proiettato direttamente ‘nello spazio’ – racconta – attraverso uno scambio con la Deutsche Sporthochschule di Colonia, in Germania“. Un viaggio di sola andata, “perché mi hanno chiesto di restare e così sono diventato il medico degli astronauti”. Fra i suoi adepti Roberto Vittori, che “ho seguito passo passo nella sua prima missione con i russi”. E poi ‘Astrosamantha’ “che è diventata mia paziente prima di essere astronauta, quando stava in Aeronautica” con base vicino a Treviso dove Ongaro dirige l’Ismerian, Istituto di medicina rigenerativa e anti-aging. Milleduecento metri quadrati dedicati alla lotta hi-tech contro l’invecchiamento.
La prima cosa che la medicina ‘terrestre’ può mutuare da quella ‘spaziale’ è “il concetto di contromisura”, dice Ongaro. La premessa è che fluttuare in assenza di gravità non è una passeggiata di salute: “Sei mesi in orbita corrispondono grosso modo a 10 anni sulla Terra e il compito principale del medico di equipaggio è contrastare questo processo di invecchiamento accelerato”. Le conseguenze sono “una pesante perdita di forza e di massa ossea e muscolare, che senza un programma personalizzato di contromisure porterebbe piuttosto rapidamente l’astronauta vicino a una condizione di osteoporosi”. Ma “la perdita di forza muscolare è uno dei problemi centrali per l’invecchiamento di tutti noi a Terra”, avverte l’esperto. Eppure, osserva, “mantenere sano il patrimonio di muscoli che la natura ci dà è sicuramente uno degli aspetti più trascurati“.
Per questo “uno degli insegnamenti principali che possiamo estrapolare dalla medicina spaziale è proprio quello della contromisura”, ribadisce Ongaro. Il secondo comandamento è “partire il prima possibile, meglio da giovani. Il nostro patrimonio di salute – ammonisce infatti il medico – si mantiene abbastanza intatto fino ai 35-40 anni, poi cominciano delle evoluzioni esponenziali e piuttosto rapide”. Dunque “l’ideale è intercettare la persona al picco della sua salute, fare una ‘fotografia’ dettagliata delle sue caratteristiche biochimiche, funzionali e volendo anche genetiche, intorno alle quali disegnare un percorso su misura che punti a mantenere queste condizioni il più a lungo possibile”.
La ‘ricetta spaziale’, descrive Ongaro, “è fatta da un insieme di prescrizioni personalizzate che parte dall’alimentazione e passa attraverso l’attività fisica, le tecniche di rilassamento e l’uso intelligente di alcuni integratori alimentari per contrastare microcarenze nutrizionali che possono essere anche molto diffuse”. Per gli astronauti tutto ciò si traduce in “un’alimentazione onnivora o che assicuri comunque l’apporto di tutti i macronutrienti, tarata sulle esigenze metaboliche, ossee e muscolari”. La dieta viene abbinata a “tecniche anti-stress, per contrastare l’impatto psichico che può avere una permanenza in orbita di almeno 5-6 mesi”, e a “un serio programma di attività fisica nella palestra ad alta tecnologia della Stazione internazionale: 2 ore al giorno bloccate per fare allenamento”.
E sulla Terra? Che di mestiere si faccia l’astronauta oppure no, “viviamo tutti una vita frenetica di viaggi, spostamenti, meeting, incontri – ragiona l’esperto – e spesso l’attività fisica viene messa da parte”. Fissare del tempo da dedicarle ‘per prescrizione’, come fanno gli esploratori dello spazio, dovrebbe perciò essere “un trucco da insegnare a tutti: se vogliamo veramente fare attività fisica dobbiamo organizzare la nostra giornata intorno all’allenamento, non ‘infilare’ l’esecizio nei buchi della nostra agenda”.
E’ proprio questo uno dei criteri che a Treviso guida il lavoro dell’Ismerian di Ongaro, primo camice bianco italiano a certificarsi in negli Usa in medicina anti-aging. “Siamo un piccolo staff di 5-6 persone e facciamo medicina sartoriale, molto preventiva e di potenziamento delle capacità psicofisiche – spiega – divisa essenzialmente in 3 blocchi: quello motorio, in cui valutiamo il livello di fitness della persona e definiamo il programma di attività fisica più indicato; quello medico-nutrizionale, con test ed esami di laboratorio sulla cui base disegnare una dieta personalizzata; quello psico-fisiologico in cui analizziamo i livelli di stress e come compensarlo”. La missione, in generale, è “provare a indurre nel paziente un cambiamento comportamentale” basato sulla consapevolezza e perciò convinto e duraturo. Una ‘conversione’, una virata senza ritorno verso una vita felice.
Come si fa? Una delle vie è affidarsi al ‘coaching’ e la guida per percorrerla si chiama coach della salute. Il medico degli astronauti lo è diventato perché “a un certo punto – ricorda – mi sono accorto che la maggior parte delle persone sa quello che dovrebbe fare per sentirsi meglio, ma non riesce a farlo comunque: tutti sanno per esempio che i broccoli fanno meglio delle patatine fritte, però di fronte a entrambi scegliamo le seconde. Così ho deciso di formarmi anche in un’altra disciplina, che mi aiutasse a capire più a fondo le logiche psicologiche ed emotive delle persone”.
La prima mossa per passare dalla teoria alla pratica è procurarsi una solida motivazione. Nel suo libro Ongaro la definisce come “quella forza che ci rende capaci di tollerare lo sforzo necessario per raggiungere qualcosa a cui teniamo particolarmente”. Lavorandoci, si arriva cioè a una condizione in cui “il peso di non fare nulla supera di gran lunga il peso di fare”. E allora ci si mette ‘in riga’. “L’attitudine corretta nei confronti del mantenimento della salute si può costruire – è la lezione dell’esperto – e uno dei punti centrali è liberarsi da un’idea di salute vista come rinuncia e sacrificio, quindi come un’ennesimo fattore di stress, sposando invece un concetto di salute intesa come conquista e piacere, un bene più alto da raggiungere”.
“La teoria per cui, se dai una ricetta o una dieta, la persona la segue, non regge – avverte l’esperto – Se una persona, nella stessa situazione che ha portato al problema, si trova a dover introdurre una soluzione, è normale che fallisca. Il compito del coach della salute è aiutare questa persona a mettere in pratica dei cambiamenti che una volta innescati sono anche piuttosto semplici, ma che nella fase iniziale richiedono un certo grado di supporto”.
“Il percorso si costruisce insieme al paziente – prosegue Ongaro – A volte per indurre un cambiamento basta una seduta. Se si toccano le chiavi giuste, se si capisce come dare uno scossone alla parte psico-emotiva di una persona, si induce quella che in gergo tecnico viene detta ‘esperienza emozionale correttiva’: di colpo qualcosa ti fa capire che stai andando nella direzione sbagliata. Con altri pazienti invece è necessario pianificare un programma di incontri regolari, anche attraverso videocorsi a distanza. Se il tempo non si può fermare, si può imparare ad arginarne gli effetti su corpo e mente”. La morale? Il ‘pianeta salute’ è a portata di mano e la medicina spaziale ci dice come piantarci la bandiera.
da adnKronos
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