Il ruolo politico di Cicerone

Marco Tullio Cicerone è stato non solo un personaggio politico dell'antica Roma, ma anche un avvocato, uno scrittore e un oratore romano. Trasferitosi a Roma fin da adolescente qui studia filosofia, tra cui quella epicurea, e dove, grazie alle sue straordinarie doti di eloquenza, comincia una lunga e brillante carriera politica

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Marco Tullio Cicerone è stato non solo un personaggio politico dell’antica Roma, ma anche un avvocato, uno scrittore e un oratore romano.

Nasce ad Arpinio nel 106 a.C. da cui poi si trasferì a Roma fin da adolescente, dove studia filosofia, tra cui quella epicurea. Qui, grazie alle sue straordinarie doti di eloquenza, iniziò una lunga e brillante carriera politica.

Quale fu il ruolo politico di Cicerone?

Cicerone, che reputava l’impegno politico la più alta espressione della virtù umana, fondava la sua politica sulla tradizione filosofica greca. Da qui partì per riuscire a creare il suo progetto di uno stato duraturo, nel quale il Senato doveva essere il protettore dell’armonia e della pace di tutti i cittadini.

Cicerone è noto per esser stato uno dei massimi esponenti politici dell’età repubblicana, ruolo dimostrato dalle innumerevoli cariche pubbliche ricoperte, dai rapporti con cui è riuscito a legarsi e nell’importante ruolo svolto durante la frase critica con Cesare.

La carriera politica di Cicerone comincia nel 76 a.C. anno in cui gli viene assegnato, secondo il “cursus honorum”, la carica di questore nella città di Marsala, durante l’epoca chiamata Lilibeo.

Cicerone dopo la carica ricoperta nel 76 a.C. acquisisce la carica edile nel 69 a.C, nel 66 a.C. diventa pretore per poi arrivare al 63 a.C., anno in cui riesce a ricoprire l’incarico più importante della sua carriera politica e di avvocato, ossia l’ascesa al consolato con l’appoggio della fazione degli “optimates” e di Pompeo, una delle molte dimostrazioni della sue incredibili doti di politico.

Il successo politico di Cicerone

Cicerone ha ottenuto il suo successo fondamentalmente grazie a due fattori: il primo è la sua proverbiale capacità oratoria, attitudine che lo ha reso un avversario efficiente nei tribunali e come autorevole portavoce di interessi politici in senato.

Il secondo fattore   è la  riflessione teorica attuata in campo politico, sulla sua concezione dello stato e sul ruolo che secondo lui doveva svolgere la   politica, ossia il civis romanus”.

Nella politica di Cicerone erano presenti dei capisaldi ben chiari che si basavano su un approccio totalmente filosofico. Innanzitutto, viste le sue origini appartenenti alla  classe sociale degli “equites”, e non di nobili famiglie romane, capì fin da subito come ci si doveva confrontare sia con la classe senatoriale che con la plebe.

Cicerone era spinto da un forte bisogno di promozione sociale, in cui mirava a farsi accettare sia dalla classe senatoriale, ma sopratutto far accettare una “concordia ordinum”, ossia un accordo politico   tra gli “equites” e i “senatores”.

Cicerone   ha sempre  sostenuto i valori del passato e della tradizione,   basati sul culto di “maiores”, ossia degli antenati illustri.

Come ideologia Cicerone abbracciava un ideale conservatore, che appoggiava fondamentalmente la fazione dei patrizi e dei ricchi cittadini romani dei municipi e delle campagne, garantendogli così tutti i loro privilegi.

Cicerone ha utilizzato gli stessi valori usati per le classi più alte anche per coloro che appoggiavano il “populus”, a partire da Catilina per finire a Cesare. Le sue ideologie si basavano sul richiamo del valori, del passato glorioso nel quale riconoscersi come stato, comere publica” e come bene per tutti.

Il ruolo politico e la filosofia greca

Cicerone nella sua carriera utilizzò sempre la filosofia greca, grazie agli studi classici effettuati fin da giovane, e della quale fu un grande interprete durante i suoi ultimi anni di vita.

Infatti, è nel dialogo dedicato alla concezione dello Stato, intitolato il De res publica, che ha teorizzato una filosofia che gli ha permesso di avere un ruolo attivo nella politica, un pensiero ispirato alla reinterpretazione della filosofia di Platone e di Aristotele.

Cicerone si è sempre opposto con la sua filosofia agli Epicurei, ossia coloro che negavano la necessità dell’impegno politico, pensiero da cui è partito per ideare il  bios sinthetos”, una concezione che era in grado di unire la vita attiva con quella contemplativa.

Il grande politico romano ha sempre pensato che un modello per lui fondamentale fosse uno dei padri della patria, Scipione l’Emiliano, di cui pensava essere un esempio valido per essere proposto come obbiettivo nel saggio “vir romanus”.

Cicerone, così come Platone ha contribuito a creare i “Nomoi”, ossia le “Leggi”, anche lui ha ideato il suo “De re publica” iniziato nel 54 a.C. e il “De legibus” cominciato nel 52 a.C.

Per lui l’impegno politico, che secondo le sue ideologie era totalmente ispirato dal pensiero greco, è qualcosa di naturale nella vita dell’uomo, a cui spetta la responsabilità di un intervento diretto e non provvidenzialistico, un progetto da dover assolutamente realizzare.

Lo Stato duraturo di Cicerone

Cicerone con i suoi ideali è riuscito a concepire la concezione del suo stato, basato totalmente su valori eterni in grado di garantire lo sviluppo dell’umanità.

Il suo modo di promuovere uno stato duraturo si basa sulla comunanza d’interessi, gli “utilitatis communio, e gli accordi per riuscire ad osservare la giustizia, gli “iuris consensus”.

Cicerone ritiene che in una prospettiva d’interesse personale l’uomo deve proiettarsi verso un vantaggio dello stato, cercando così il consenso sulle necessarie giuste norme da adottare.

Secondo lui il “populus” non è altro che un’aggregazione civile, la “societas coetus”, fondata sul consenso, il “consensus”, e sul vincolo del diritto, il “vinculum iuris”.

Il  grande avvocato di Arpino durante la sua carriera ha identificato la “res publica” insieme alla “res populi”, da cui è partito per riuscire a sviluppare una concezione democratica dello stato in senso molto moderno, idea che purtroppo non ha potuto attuare.

Cicerone ha sempre creduto in un struttura dello stato riferendosi ad una costituzione mista, pensiero ideato dagli insegnamenti greci, creata su elementi monarchici, aristocratici e popolari, tutti fondati su un equilibrio tra di loro.

Un equilibrio basato sulla concordia tra le diverse fazioni all’insegna del “consensus bonorum omnium”, ossia l’adesione di tutti alle aspettative dei “cittadini migliori”.