Per la prima volta gli scienziati hanno assistito a un’autentica “guarigione” del metallo dopo che si era rotto: questo incredibile evento ci fa guardare avanti con l’immaginazione, in un futuro in cui sarà possibile creare robot in grado di ripararsi da soli.
Frenate la fantasia, però: Terminator non è ancora una realtà, in quanto questo processo di autoguarigione riguarda solamente alcuni metalli, peraltro di dimensioni piccolissime, almeno per il momento.
Brad Boyce è uno scienziato dei materiali presso i Sandia National Laboratories di Albuquerque, nel New Mexico, e autore principale della ricerca. Lo studioso ha dichiarato a WordsSideKick.com: “Naturalmente, ci sono molte industrie i cui ingegneri di prodotto vorrebbero tradurre questa scoperta in approcci ingegneristici intenzionali per creare metalli che si guariscono automaticamente nelle nostre applicazioni strutturali”.
Le utilità del metallo autorigenerante
Boyce ha spiegato come “i metalli autorigeneranti potrebbero essere utili in una vasta gamma di applicazioni, dalle ali degli aeroplani alle sospensioni automobilistiche”. Gli scienziati avevano precedentemente ipotizzato che i metalli non fossero in grado di ripararsi da soli, ma la nuova scoperta, fatta inavvertitamente da scienziati che studiano pezzi di platino e rame di dimensioni nanometriche, ribalta questa conclusione.
I metalli subiscono danni da fatica a causa di stress o movimenti ripetuti, creando reti crescenti di crepe microscopiche che possono portare a guasti catastrofici ai motori a reazione, ponti e altre strutture vitali.
Solamente i metalli hanno questo dono?
Non tutti i materiali, però, si rompono sotto sollecitazioni ripetute: alcuni polimeri moderni e persino l’antico cemento romano hanno dimostrato di poter riparare le loro piccole rotture nel tempo. Nel nuovo studio, pubblicato il 19 luglio sulla rivista Nature, gli scienziati hanno studiato come i pezzi di metallo di dimensioni nanometriche rispondono a sollecitazioni ripetute utilizzando un dispositivo chiamato microscopio elettronico a trasmissione.
Il dispositivo ha applicato una forza estremamente piccola, equivalente al calpestio della zampa di una zanzara, sotto forma di 200 minuscoli strattoni ai pezzi di metallo ogni secondo. Insomma, autoriparazioni certo, ma di dimensioni davvero microscopiche. Al momento è infatti impossibile eseguire uno studio su scale maggiori.
L’esperimento
In due dei metalli, rame e platino, sono apparse crepe che sono cresciute in tutti i materiali. Ma poi, dopo 40 minuti, i metalli si sono fusi riparandosi, senza lasciare traccia delle crepe. Secondo Boyce, la spiegazione di questa miracolosa autoriparazione risiede in un processo chiamato “saldatura a freddo“.
“In poche parole, su nanoscala, le condizioni locali intorno al capo della fessura sono tali che i due fianchi della fessura vengono compressi l’uno nell’altro”, ha detto Boyce. “Quando entrano in contatto, i due fianchi guariscono fondendosi di nuovo in un processo che i metallurgisti chiamano ‘saldatura a freddo’. Questo processo non sembra avvenire sempre, ma solo nei casi in cui le condizioni locali inducono il contatto del fianco della fessura”.
Quanto siano ampiamente implementabili le nuove osservazioni dei ricercatori rimane sconosciuto. In primo luogo, per osservare i processi di saldatura a freddo, gli scienziati hanno isolato ogni metallo all’interno di un vuoto in modo che nessun atomo atmosferico interferisse con l’apparecchiatura. Ciò significa che non sanno ancora se il processo funziona solo nel vuoto oppure no.
C’è ancora molto da scoprire
Allo stesso modo, anche la gamma di possibili metalli che possono autoripararsi è sconosciuta. Gli scienziati hanno osservato solo la saldatura a freddo in platino e rame, ma non è ancora stato visto se anche i metalli strutturali comunemente usati come l’acciaio eseguono l’impresa. C’è anche il problema del ridimensionamento. I tipi di metallo usati erano minuscoli e altamente ordinati nelle loro strutture; non è noto se anche i metalli di grandi dimensioni possano essere indotti a guarire.
Tuttavia, gli scienziati sono cautamente ottimisti sul fatto che la loro scoperta potrebbe portare a cambiamenti fondamentali nel modo in cui costruiamo e progettiamo strutture metalliche per la durabilità e potrebbe persino avere applicazioni per il volo spaziale, dove le particelle atmosferiche non sono un problema.