Il folle caso di Thomas Quick

Questa è l’incredibile storia di Sture Begwall, in “arte” Thomas Quick e del fallimento clamoroso del sistema giudiziario ed investigativo svedese

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Questa è l’incredibile storia di Sture Begwall, in “arte” Thomas Quick e del fallimento clamoroso del sistema giudiziario ed investigativo svedese.

Sture Begwall nasce il 26 aprile 1950 a Korsnäs, un piccolo comune finlandese di lingua svedese di poco più di 2000 anime situato nella regione dell’Ostrobotnia. Cresce con i suoi sei fratelli in una famiglia problematica, il padre affetto da apatia e depressione cronica, la madre non in grado, vista anche la famiglia, di dedicare le attenzioni di cui il giovane Sture ha bisogno.

Durante l’adolescenza il ragazzo scopre la sua natura omosessuale in un paese la Svezia, dove la famiglia si è nel frattempo trasferita, che tratta negli anni sessanta questo orientamento sessuale come una vera e propria malattia.

La pressione emotiva per il giovane Begwall diventa insostenibile ed il passo verso l’abuso di sostanze psicotrope è breve. Il colpo finale al suo precario equilibrio psichico ed emotivo gli viene inferto dal suicidio del suo primo ed unico compagno.

Da questo momento la vita di Sture scivola inesorabilmente verso una marginalità sociale costellata da reati e devianza: molesta un bambino nell’ospedale in cui lavora come infermiere, accoltella un uomo adescato in un locale, e alla fine tiene in ostaggio una donna e il suo bambino in un tentativo di rapina.

In seguito a quest’ultimo episodio viene ricoverato in un ospedale psichiatrico, il Sater, dove rimarrà per diciassette anni. E’ in questo periodo che adotta il cognome della madre ed inizia a farsi chiamare Thomas Quick.

Le sedute di terapia a cui viene sottoposto Quick sono alternate con interrogatori condotti dalla Polizia Svedese ed è durante uno di questi interrogatori che Thomas Quick confessa l’omicidio di un diciottenne, un “cold case” come si dice in gergo, un caso irrisolto ed ormai seppellito negli archivi della polizia.

E’ solo l’inizio di un fiume in piena. Quick si dichiarerà colpevole di altri 30 delitti bestiali, a sfondo sessuale, durante i quali avrebbe stuprato, torturato, fatto a pezzi e mangiato le sue vittime.

Il team di psichiatri ed operatori del Säter , scandagliando il presunto rimosso di Quick, si trovano di volta in volta nella condizione di suggerirgli, con l’intento di facilitarlo, le risposte alle domande che gli fanno. Agevolandolo quindi nella creazione di un racconto plausibile, che certifica i suoi omicidi.

Peccato che, ciò nonostante, ogni tanto il più grande serial killer della Scandinavia, indichi luoghi dove il cadavere non c’è, oppure scambi un uomo per una donna o fornisca altri elementi contraddittori e confusi sulle modalità con le quali avrebbe ucciso la sua vittima.

Lui serafico dirà sempre che si è sbagliato o che non ricorda troppo bene essendo passato molto tempo dalle sue atroci gesta. Per la Polizia Svedese è lui il Mostro che ha seminato di cadaveri e terrorizzato un intero paese. Per otto di questi delitti, dal 1994 al 2001, verrà processato e condannato nonostante ci siano poco più che le sue contorte e spesso imprecise confessioni quali elementi probatori. Ma c’è qualcuno a cui quelle “confessioni” , le relative indagini ed i processi non vanno proprio giù.

E’ il giornalista investigativo Hannes Råstam che è convinto che Quick sia un bugiardo compulsivo che si autodenuncia di crimini mai commessi per ottenere quelle attenzioni che ha sempre inutilmente ricercato nella sua vita di disadattato.

Rastam sembra ossessionato da questa storia, si immerge nelle centinaia di migliaia di pagine dei processi, ripercorre il filo delle indagini della polizia, vaglia le decine di interrogatori e si convince che procuratori, medici e poliziotti hanno trasformato un malato di mente in uno dei più feroci serial killer della storia della cronaca nera. Finché nel corso del suo programma televisivo Rastam riesce a far ritrattare Quick che dichiara candidamente di essersi inventato tutto.

Gli avvocati di Quick avviano la richiesta di revisione del processo sulle basi dell’indagine giornalistica di Rastam e cosi il 1 agosto del 2013, Thomas Quick, il presunto serial killer cannibale viene scarcerato.

Hannes Rastam non vivrà abbastanza per vedere i frutti del suo ottimo lavoro di giornalista investigativo, morirà nel 2012, per un tumore.