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Genesi delle stelle nelle galassie primordiali

Facendo ricorso a tecniche che corrispondono a un'esposizione molto lunga e con un campo visivo ampio circa 300 volte il diametro della Luna piena, gli astronomi sono stati in grado di distinguere galassie primordiali simili alla nostra galassia, la Via Lattea, nelle profondità dell' Universo neonato

L’immagine ci mostra quanto avvenuto miliardi di anni fa nell’Universo neonato: galassie primordiali colme di stelle scintillanti, di brillanti stelle esplose in supernove e getti altamente energetici emessi dai buchi neri.

I ricercatori potrebbero individuare esplosioni di stelle di supernova, collisioni di ammassi di galassie e buchi neri attivi

L’immagine è stata ripresa dal radiotelescopio europeo LOFAR che ha rilevato la nascita di stelle in decine di migliaia di galassie primordiali lontane con una precisione senza precedenti, i risultati dello studio sono stati pubblicati mercoledì 7 aprile 2021.

Facendo ricorso a tecniche che corrispondono a un’esposizione molto lunga e con un campo visivo ampio circa 300 volte il diametro della luna piena, gli astronomi sono stati in grado di distinguere galassie primordiali simili alla nostra galassia, la Via Lattea, nelle profondità dell’ Universo neonato.

Philip Best, della Gran Bretagna Università di Edimburgo, che ha guidato il sondaggio approfondito del telescopio in un comunicato stampa ha spiegato che la luce di queste galassie primordiali ha viaggiato per miliardi di anni prima di giungere fino alla Terra; questo significa che vediamo le galassie non come appaiono oggi, ma com’erano molti miliardi miliardi di anni fa, quando ancora la maggior parte delle stelle si stava ancora formando.

Il telescopio LOFAR combina i segnali di un’enorme rete di oltre 70.000 singole antenne distribuite in paesi dall’Irlanda alla Polonia, collegati da una rete in fibra ottica ad alta velocità. Questo sistema di antenne è capace di osservare una luce molto debole e a bassa energia, che l’occhio umano non è in grado di percepire. Questa energia viene generate da particelle ultra energetiche che viaggiano a velocità prossime a quella della luce.

LOFAR: a caccia di galassie primordiali

Il LOFAR acronimo di Low Frequency Array è oggi il più grande radiotelescopio operante alle frequenze più basse che possono essere osservate dal nostro pianeta. A differenza del radiotelescopio a parabola singola, LOFAR è una rete di sensori multiuso, dotato di un computer innovativo e un’infrastruttura di rete in grado di gestire un grande volumi di dati.

Le capacità, tecniche e le modalità operative di LOFAR fanno di questo strumento un importante precursore dello Squared Kilometre Array (SKA). LOFAR utilizza un nuovo approccio per migliorare la sensibilità delle osservazioni astronomiche a radiofrequenze inferiori ai 250 MHz.

La tecnologia alla base del funzionamento dei radiotelescopi non è cambiata dagli anni ’60 : grandi antenne meccaniche a disco raccolgono i segnali che vengono rivelati ed analizzati da un ricevitore. Una metà del costo di questi radiotelescopi risiede nei materiali per la loro realizzazione e nei dispositivi mobili.

Un radiotelescopio 100 volte più largo degli strumenti oggi esistenti sarebbe impossibile da realizzare. Questo ha imposto la necessità di una nuova tecnologia per affinare la sensibilità necessaria per svelare i segreti dell’universo e delle galassie primordiali e i processi fisici nei centri dei nuclei galattici attivi.

L’array LOFAR incamera i segnali in arrivo a una velocità di trasmissione dati molto elevata, quindi utilizza la potenza dei suoi supercomputer per correlare i segnali separati in modo tale da realizzare mappe del cielo. Tra gli obiettivi del progetto LOFAR vi è il rilevamento delle nubi di idrogeno neutre diffuse durante l’epoca della ricombinazione del gas intergalattico.

Il radiotelescopio LOFAR è un telescopio internazionale gestito da ASTRON.

Gli astronomi, grazie a questo strumento possono effettuare approfondite indagini e studiare le esplosioni delle supernovae, le collisioni di ammassi di galassie primordiali e i buchi neri attivi, che accelerano queste particelle in getti ad alta energia.

Osservando le stesse regioni di cielo più e più volte e mettendo insieme i dati per creare un’unica immagine di esposizione molto lunga, gli scienziati sono stati in grado di rilevare il bagliore radio delle stelle che esplodono.

Le galassie primordiali più luminose più distanti che sono state rilevate dall’antenna risalgono a quando l’Universo aveva appena un miliardo di anni. Risalgono quindi a 12,8 miliardi di anni fa se si considera che l’età dell’universo stimata è di 13,8 miliardi di anni.

Cyril Tasse, astronomo dell’Osservatorio di Parigi uno degli autori della ricerca, ha spiegato in una serie di articoli pubblicati sulla rivista Astronomy & Astrophysics che quando una galassia primordiale innesca la formazione delle stelle, molte di esse esplodono contemporaneamente. Questo fatto accelera particelle ad altissima energia e le galassie iniziano a diventare molto più luminose.

Circa 3 miliardi di anni dopo il Big Bang, ha aggiunto Tasse possiamo osservare “dei veri e propri fuochi d’artificio” nelle giovani galassie, con un “picco di formazione stellare e attività dei buchi neri”.

Il radiotelescopio LOFAR ha preso in esame un vasto tratto di cielo dell’emisfero settentrionale, con l’equivalente di un tempo di esposizione 10 volte maggiore di quello utilizzato nella creazione della sua prima mappa dell’universo avvenuta nel 2019.

“Questo dà risultati molto migliori, come una foto scattata nell’oscurità dove più lunga è la tua esposizione, più cose puoi distinguere”, ha detto Tasse all’AFP.

Le immagini del campo profondo sono realizzate combinando i segnali dalle migliaia di antenne del radiotelescopio, aggregando più di quattro petabyte di dati grezzi, equivalenti ai dati contenuti in circa un milione di DVD.

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