I ricercatori che hanno lavorato nel Corno d’Africa, noto anche come penisola somala, hanno rinvenuto prove che dimostrano come gli esseri umani dell’età della pietra siano sopravvissuti in seguito all’eruzione del Toba, uno dei più grandi supervulcani della storia, avvenuta circa 74.000 anni fa.
Le conseguenze dell’eruzione del Toba
Gli esseri umani moderni si sono dispersi dall’Africa più volte, ma l’evento che ha portato all’espansione globale è avvenuto meno di 100.000 anni fa. Alcuni ricercatori hanno ipotizzato che le dispersioni siano state limitate a “corridoi verdi”, quando il cibo era abbondante e le popolazioni umane si espandevano di pari passo con i loro ambienti.
Un nuovo studio pubblicato su Nature condotto da scienziati dell’Università del Texas ad Austin ha indicato tuttavia che anche gli esseri umani potrebbero essersi dispersi durante gli intervalli aridi lungo li “ corridoi blu” create dai fiumi stagionali. I ricercatori hanno trovato strumenti in pietra che rappresentano la più antica testimonianza di tiro con l’arco.
Il gruppo di ricerca ha esaminato un sito chiamato Shinfa-Metema 1 situato nelle pianure dell’Etiopia nordoccidentale vicino al fiume Shinfa, un affluente del Nilo Azzurro. Gli studiosi hanno individuato prove che questo sito era occupato durante un periodo in cui si è manifestata l’eruzione del Toba a Sumatra. Piccoli frammenti di vetro vulcanico, o criptotefra, recuperati dai depositi archeologici corrispondevano alla firma chimica dell’eruzione del Toba.
Gli umani hanno occupato il sito Shinfa-Metema prima e dopo l’eruzione del Toba
Il sito Shinfa-Metema 1 ha mostrato che gli umani lo hanno occupato prima e dopo l’eruzione del Toba a più di 4.000 miglia di distanza: “Questi frammenti hanno un diametro inferiore a quello di un capello umano. Anche se così piccoli, sono abbastanza grandi da analizzare la chimica e gli oligoelementi“, ha affermato John Kappelman, Professore di antropologia e scienze geologiche all’Università del Texas ad Austin e autore principale dello studio.
Questi microscopici frammenti di vetro vulcanico, possono essere utilizzati per datare e correlare con precisione siti archeologici separati da migliaia di chilometri.
“Una delle implicazioni rivoluzionarie di questo studio è che con i nuovi metodi di criptotefra sviluppati per il nostro precedente lavoro in Sud Africa, e ora applicati qui in Etiopia, possiamo correlare siti in tutta l’Africa, e forse nel mondo, con una risoluzione temporale di settimane”, ha spiegato il ricercatore Christopher Campisano.
Nuove prospettive sulle conseguenze dell’eruzione del Toba
L’eruzione del Toba è avvenuta durante la metà del periodo in cui il sito è stato occupato ed è documentata da minuscoli frammenti di vetro la cui chimica corrisponde a quella del vulcano. Sembra che i suoi effetti climatici abbiano prodotto una stagione secca più lunga, facendo sì che le popolazioni della zona si sostentassero con la pesca. I giacimenti d’acqua inariditi potrebbero aver spinto gli esseri umani a migrare verso altri siti in cerca di più cibo.
Alcuni scienziati hanno ipotizzato che l’inverno vulcanico derivante dall’eruzione del Toba fosse un cambiamento abbastanza grande da spazzare via la maggior parte dei primi esseri umani a causa delle prove genetiche che hanno indicato un forte calo della popolazione umana.
Per decenni, gli scienziati hanno discusso di quanto fosse apocalittico l’evento dell’eruzione del Toba. Alcuni hanno ipotizzato che la più grande eruzione degli ultimi milioni di anni avesse innescato un catastrofico inverno vulcanico che quasi spazzò via l’Homo sapiens.
Altri hanno sostenuto che gli impatti climatici variavano notevolmente da regione a regione e non erano abbastanza estremi da avere un impatto significativo sull’evoluzione umana.
Ora questo studio all’avanguardia su un sito archeologico nel nord-ovest dell’Etiopia, un tempo occupato dai primi esseri umani moderni, si è aggiunto a un crescente numero di prove che hanno suggerito che l’evento potrebbe non essere stato così apocalittico.