Emissione di plasma da buchi neri

Lo studio della quasar 3C279, di fatto un buco nero, ha evidenziato come dal suo interno vengano emessi dei getti di plasma, osservati sotto forma di radiazione gamma

0
8922
Indice

In quasi tutte le galassie che sono state studiate finora troviamo, al loro interno, dei buchi neri. Questi buchi neri sono dotati di una massa enorme e quindi attraggono la materia, gas e persino la luce.

Inoltre, i buchi neri sono anche in grado di emettere delle quantità di materia sotto forma di getti di plasma – una sorta di fascio di plasma che viene emesso dal centro della galassia con elevata energia. Un getto di plasma può estendersi per centinaia di anni luce tutt’intono allo spazio.

Quando questa radiazione così intensa viene emessa, lo stesso buco nero rimane nascosto perché i raggi di luce limitrofi sono fortemente piegati, creando una sorta di zona d’ombra. Questo effetto è stato recentemente studiato da un gruppo di ricercatori appartenenti al gruppo dell’Event Horizon Telescope (EHT), impegnato nell’osservazione del buco nero di grandi dimensioni presente nella galassia M87.

Sempre lo stesso gruppo di ricerca, ha rilevato che, nella quasar 3C279, a una distanza di più di mille volte l’ombra del buco, si è improvvisamente acceso un getto di plasma. Non era noto come l’energia di questo getto di plasma fosse arrivato fino agli osservatori.

Questo quasar è stata quindi osservata dal telescopio della NASA Fermi-LAT, dall’astrofisico Amit Shukla, il quale ha scoperto che l’interno del getto, trovato nel range della lunghezza d’onda dei millimetri, emette anche radiazione gamma ad alta energia, ma con una radiazione estremamente tremolante.

I risultati, pubblicati su Nature Communications, affermano che questa luminosità può raddoppiare nel giro di un minuto.

Il particolare percorso della sequenza delle variazioni della luminosità è caratteristico di un processo universale noto come riconnessione magnetica, che si verifica in molti oggetti astrofisici con forti campi magnetici. Anche l’attività solare è legata alla dinamica dei campi magnetici e alla riconnessione.

Questa situazione è stata recentemente dimostrata dalla missione Solar Orbiter, della ESA (European Spatial Agency), che ha osservato i brillamenti nell’atmosfera solare.

Ma, ritornando alla quasar 3C279, Amit Shkla riferisce come l’analisi dei dati delle osservazioni abbia rivelato il particolare schema della riconnessione magnetica nella curva della luce. È stato come aver decifrato un geroglifico nell’alfabeto del buco nero.

Durante la fase di riconnessione, l’energia, inizialmente conservata nel campo magnetico, viene improvvisamente rilasciata in numerosi mini getti. In questi getti, si assiste a un’accelerazione di particelle, con conseguente produzione di radiazione gamma.

La riconnessione magnetica potrebbe spiegare in che modo l’energia raggiunge l’interno del getto dal buco nero e da dove viene questa stessa energia.

Il Prof. Karl Mannheim, coautore della pubblicazione, spiega che lo spazio-tempo vicino il buco nero nella quasar 3C279 è costretto a roteare in una sorta di corotazione. I campi magnetici ancorati al plasma attorno al buco nero espellono il getto rallentando la rotazione del buco nero e convertendo parte della sua energia rotazionale in radiazione.