Un team internazionale di ricercatori, tra cui esperti della Scuola di Medicina dell’Università dell’Indiana, ha identificato una proteina presente nel cervello di persone affette da demenza frontotemporale (FTD), scoprendo un nuovo bersaglio per potenziali trattamenti per la malattia.
La scoperta potrebbe portare a nuove terapie mirate per la demenza frontotemporale.
Comprendere la demenza frontotemporale
Secondo il National Institutes of Health, la demenza frontotemporale è una forma di demenza che insorge a seguito di una degenerazione delle cellule nervose (o neuroni), situate nei lobi frontali e temporali del cervello. Le persone con questo tipo di demenza presentano tipicamente sintomi, inclusi comportamenti insoliti, problemi emotivi, difficoltà di comunicazione, difficoltà nel lavoro o, in alcuni casi, difficoltà nel camminare. Tale riduzione ha numerose conseguenze. La FTD ha un andamento progressivo; ciò significa che i suoi effetti tendono a peggiorare sempre più col tempo (in genere nel giro di qualche anno).
La demenza frontotemporale è la quarta forma di demenza più comune, dopo il noto morbo di Alzheimer, la demenza vascolare e la demenza con corpi di Lewy.
La malattia può presentarsi in individui di età compresa tra 25 e 65 anni e può colpire in ugual misura entrambi i sessi.
Scoperta della ricerca sui disturbi neurodegenerativi
I disturbi neurodegenerativi, tra cui la demenza e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), si verificano quando proteine specifiche formano filamenti amiloidi nelle cellule nervose del cervello e del midollo spinale. Il team multidisciplinare di ricercatori, tra cui membri del Laboratorio di Biologia Molecolare del Medical Research Council (MRC), della IU School of Medicine e dell’University College London Queen Square Institute of Neurology, ha scoperto che nei casi di FTD, una proteina chiamata TAF15 forma questi filamenti di amiloide nelle cellule del cervello e del midollo spinale.
Il 6 dicembre il team ha pubblicato le loro scoperte sulla rivista Nature.
Bernardino Ghetti, MD è un professore emerito presso la Scuola di Medicina IU e studia le demenze neurodegenerative da 50 anni. In qualità di neuropatologo capo del progetto, Ghetti e il suo team hanno studiato gli aggregati proteici provenienti dal cervello donati da quattro persone affette da demenza frontotemporale e debolezza motoria. Insieme ai loro colleghi nel Regno Unito, i ricercatori dell’IU hanno utilizzato tecniche neuropatologiche e molecolari e la microscopia crioelettronica (crio-EM) all’avanguardia a risoluzione atomica per scoprire la presenza di filamenti amiloidi costituiti dalla proteina TAF15 in più aree del cervello. Tuttavia, è importante notare che l’amiloide TAF15 colpisce anche le cellule nervose del sistema motorio.
Importante svolta
“Questa scoperta rappresenta un importante passo avanti che riconosce TAF15 come un potenziale bersaglio per lo sviluppo di strategie diagnostiche e terapeutiche verso una forma meno conosciuta di degenerazione lobare frontotemporale associata alla demenza frontotemporale”, ha affermato Ghetti.
Lo studio è stato in parte finanziato dal National Institute on Aging e dal National Institute of Neurological Disorders and Stroke del NIH.
Altri autori dello studio sono Stephan Tetter, Diana Arseni, Alexey G. Murzin, Sew Y. Peak-Chew e Benjamin Ryskeldi-Falcon del Laboratorio MRC di Biologia Molecolare; Yazead Buhidma e Tammaryn Lashley dell’University College di Londra; e Holly J. Garringer, Kathy L. Newell, Ruben Vidal e Liana G. Apostolova della IU School of Medicine.
Fonte: Nature