Dall’Anfiteatro Flavio al Palatino. Una strada alternativa al Foro

Il Palatino era uno dei colli centrali di Roma, ma a differenza del Campidoglio e dell'Aventino si trovava vicino al fiume anche se non adiacente ad esso, elevandosi per 51 metri. Il colle guarda da un lato sul Foro Romano e dall'altro sul Circo Massimo.

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La Tana dei politici romani. Il Colle Palatino, forse il più celebre dei sette colli di Roma, è situato al disopra del Foro, una delle parti più antiche della città. Oggi si ha accesso da diverse parti, uno per ogni punto cardinale. Ma prima era veramente così? No, e il motivo è ben preciso. Il Palatino era uno dei colli centrali di Roma, ma a differenza del Campidoglio e dell’Aventino si trovava vicino al fiume anche se non adiacente ad esso, elevandosi per 51 metri. Il colle guarda da un lato sul Foro Romano e dall’altro sul Circo Massimo. Il Colle presentava due sommità separate da un avvallamento. La più elevata era chiamata dai civis romanus Palatium, mentre l’altra, situata verso il pendio che dava accesso al Foro e al Tevere, era chiamata Germalus.

Tra i sette colli della città, il Palatino è quello che ancora oggi presenta una configurazione meglio difesa dalla natura e più isolata, e per questo scelto come ubicazione per la residenza di Consoli e Imperatori. Grazie a una digressione verso Sud, i Patrizi, avrebbero potuto muovere dalle loro dimore al centro politico e sociale della Roma antica: il Foro. Questo avrebbe permesso ai politici romani prima, e successivamente agli imperatori, di evitare i frequenti scontri a causa delle ingerenze della vita quotidiana dei cittadini, ma sopratutto per avere un rapido accesso ai “Templi” della vita politica dell’Urbe. In effetti difficilmente un cittadino comune avrebbe avuto accesso ai Templi, ma solo nella piazza pubblica dove venivano lette ad alta voce le notizie del giorno dal lectorem.

Il significato del Foro. Il Foro di Cesare fu il primo dei Fori Imperiali di Roma creato per ampliare gli spazi del precedente Foro Romano, causa la necessità di ampliare il centro politico, amministrativo e religioso, diventato ormai caotico e insufficiente per le dimensioni dell’Urbe. Le varie ristrutturazioni dovute agli incendi, servirono oltre che a implementare nuove pavimentazioni ed a edificare nuovi edifici, a rafforzare la difesa del “potere” aristocratico, rendendo ancora di più inaccessibile la zona alle classi inferiori. Di fatto l’età repubblicana segnò la trasformazione della collina e del Foro stesso in un quartiere residenziale della classe dirigente romana: tra coloro che vi abitarono possiamo ricordare M.Valerio Massimo, console nel 505 a.c., Tiberio Sempronio Gracco, Cicerone, il poeta lirico Catullo, e ovviamente Ottaviano Augusto e sua moglie Livia.

In età imperiale dunque, il Palatino, divenne la reggia e la corte del princeps, oltre a luogo di culto circondato da biblioteche in lingua greca. Il Foro, in poche parole, risultava essere l’enorme giardino di una lussuosa mansione identificata col Palatino, ornato dalle celebri e pittoresche dimore e terrazze digradanti degli imperatori romani. Ogni mattina migliaia di romani si svegliavano con una sola idea in testa: andare al Foro. Le vie principali si congestionavano a causa della quantità degli individui diretti nella medesima direzione. Poveri e ricchi, colti e ignoranti, vecchi e bambini. Dalla piazza centrale passarono migliaia di processi, adornati da falsi testimoni che sedevano sulla scalinate dei Templi in attesa di essere ingaggiati. Quando un Senatore vi si recava, pare che lo si riconoscesse dai suoi sandali rosso porpora e dalla toga virile bianca.

L’Anfiteatro Flavio, la distrazione del popolo.Ecco un monumento che sarà il più conosciuto fra le opere dell’uomo”, queste le parole di Marziale per descrivere il Colosseo, o meglio Anfiteatro Flavio suo nome originario.

Ebbene sì, il Colosseo situato a pochi metri dal Foro e dal Palatino non venne eretto a caso, ma anche questo aveva un proprio significato all’interno del grande progetto politico e sociale degli imperatori di Roma. Non tutti sanno che anche dal celebre Anfiteatro partiva una strada collegata direttamente al Colle Palatino. Ben si capisce ancora una volta il perché: cercare di fare in modo che il patriziato romano si muovesse indisturbato a causa delle continue proteste popolari, per le quali molte volte la semplice protezione dei legionari non sarebbe bastata.

Ma quale era, allora, lo scopo di questi viadotti che inter-collegavano Palatino, Foro e Colosseo? L’Anfiteatro poteva contenere 50.000 spettatori seduti, o se in piedi nei posti in alto come in genere accadeva, fino a 80.000 posti. Veniva adibito a spettacoli di vario tipo, da quelli gladiatorii, alla rievocazioni di battaglie celebri, lotte tra animali, a tragedie greche o spettacoli teatrali di vario genere e infine la Naumachia (battaglie navali all’interno dell’Arena riempita ad acqua con un apposito condotto). Una galleria sotterranea, nota come “passaggio di Commodo”, è posizionata lungo il cuneo V, sotto il palco imperiale. Sembra sia stata realizzata in epoca domizianea, poiché era rifinita con pavimento a tessere bianche e nere, marmi, intonaco dipinto e stucchi, un così ricco percorso di accesso doveva essere riservato esclusivamente all’Imperatore (probabilmente in comunicazione con qualche edificio imperiale nella zona del Tempio di Claudio sul Celio). Questa galleria fu inoltre il luogo in cui si attentò alla vita dell’omonimo Imperatore, dunque non sempre grazie a questi stratagemmi riuscivano ad eludere il fermento popolare. Ma lo scopo era proprio questo: permettere al patriziato romano di muoversi fra tutti gli edifici simbolo della politica di Roma, completamente indisturbati.

Un altro mondo sotterraneo. Gli scavi degli ultimi decenni hanno riportato alla luce l’”antico volto” del Foro romano, nella quale fra gli altri son stati ritrovati anche scheletri umani, è risaputo infatti che i condannati politici spesso incontrassero la morte nella piazza centrale del Foro. Difatti bisogna dire che con l’andare degli anni il Foro diventa sempre di più un centro simbolico e di glorificazione. Erano presenti in gran numero, infatti, la vite e l’ulivo: la forza e la linfa di Roma.

Qui era anche presente il cosiddetto “miliario d’oro”: la ricostruzione più diffusa è quella secondo la quale vi sarebbero state incise a lettere dorate le distanze tra Roma e le principali città dell’impero e costituiva il punto di partenza delle distanze delle vie. Nonostante le alterazioni subite nel corso del tempo, i Fori mantennero intatte la loro conformazione e funzione, mentre solo a partire dal periodo tardo antico (a partire dal IV secolo), gli spazi furono trasformati e destinati a funzioni diverse rispetto alle originali. Dal VI secolo in poi, i fori furono gradualmente abbandonati e smantellati fino all’anno 1000, al fine di recuperarne i materiali edilizi.

In età Medievale si assistette al sorgere di abitazioni, chiese e monasteri, fino alla radicale trasformazione voluta, alla fine del XVI secolo, dal cardinale Bonelli che vi realizzò il quartiere “Alessandrino”. Il Foro Romano, invece, fu adibito a pascolo.

Durante il Ventennio fascista, venne ripresa l’antica idea di una strada di collegamento che avrebbe reso visibili e accessibili gli edifici imperiali. Per realizzare il progetto, furono demoliti tutti gli edifici medievali e moderni che coprivano i resti dei Fori, così da favorire il riemergere delle strutture antiche sottostanti. La via fu inaugurata da Mussolini il 28 ottobre del 1932 e da quel momento accolse le parate militari del regime. La strada, chiamata via dell’Impero, nel 1945 assunse il nome attuale di via dei Fori Imperiali.
Un articolo di Giampietro Demurtas.