Un nuovo studio condotto da un team di ricercatori che comprende due medici dell’Università della Florida del Sud (USF) che hanno riportato i loro risultati su Circulation, ha evidenziato il ruolo cruciale dei cardiomiociti e dei mitocondri nella rigenerazione del cuore.
La ricerca ha rivelato che la modulazione dell’attività mitocondriale potrebbe migliorare la riparazione del cuore dopo un danno causato da un infarto, fornendo nuove informazioni per il trattamento delle malattie cardiache.
Cuore: cosa succede durante l’infarto e come i tessuti cardiaci posso autoripararsi?
Un infarto si verifica quando una delle arterie coronarie, quelle arterie che portano sangue e ossigeno al cuore, si ostruisce. I depositi di grasso contenenti colesterolo si accumulano nel tempo, formando placche nelle arterie del muscolo cardiaco. Se una placca si rompe, si può formare un coagulo di sangue. Il coagulo può bloccare le arterie, provocando un infarto. Durante un arresto cartiaco, la mancanza di flusso sanguigno provoca la morte dei tessuti cardiaci.
Le cellule del cuore chiamate cardiomiociti vanno in cortocircuito e muoiono, provocando un danno severo. Le conseguenze per il muscolo cardiaco sono solitamente permanenti e lo rendono incapace di pompare il sangue al meglio del suo effettivo standard.
“Una lesione come un infarto crea una massiccia perdita di cardiomiociti e non è possibile rinnovarli“, spiega Da-Zhi Wang, PhD, direttore del Centro di medicina rigenerativa presso l’USF Health Heart Institute e il Morsani College of Medicine: “Quindi, la domanda è come fare in modo che il cuore si ripari da solo.’’
Lo studio sulla riparazione del cuore è stato un tema costante del laboratorio di ricerca del dottor Wang, Professore di Medicina Interna, Farmacologia e Fisiologia Molecolare presso il Morsani College of Medicine e autore senior della ricerca: “La ridotta traduzione delle proteine mitocondriali promuove la proliferazione dei cardiomiociti e la rigenerazione del muscolo cardiaco“. I mitocondri, che risiedono all’interno delle cellule dei cardiomiociti, sono vitali per riparare i tessuti danneggiati dall’infarto. Non solo, essi sono in grado di prevenire futuri attacchi cardiaci o malattie coronariche.
“L’elemento chiave di questo studio è il collegamento con la rigenerazione cardiaca”, ha affermato John Mably, PhD, un altro autore dello studio: “Se vuoi che il tuo cuore funzioni fino ai 90 anni, questo interesserà te o chiunque abbia una malattia cardiaca o abbia avuto un infarto”.
Il D.tt. Mably è Professore associato di Medicina Interna presso il Morsani College of Medicine e membro del Center for Regenerative Medicine e dell’USF Health Heart Institute. Il team sanitario dell’USF è supportato dall’USF Health Heart Institute del Morsani College of Medicine e riceve sovvenzioni dal National Institutes of Health. Anche il dottor Jinghai Chen (che si è formato con il dottor Wang) e i membri del suo laboratorio presso la Scuola di Medicina dell’Università di Zhejiang in Cina sono stati autori dell’articolo.
I cardiomiociti sono gli elementi costitutivi del tessuto cardiaco ed essenziali per la normale funzione del cuore. Poiché il muscolo cardiaco si contrae costantemente, richiede un’enorme quantità di energia, che viene prodotta dai mitocondri, le minuscole strutture subcellulari spesso definite la centrale elettrica della cellula.
La sintesi proteica mitocondriale è fondamentale per la sua struttura, così come per la normale funzione cardiaca, per questa ragione il team di scienziati ha concentrato gran parte delle ricerche su come l’alterazione dell’equilibrio proteico mitocondriale influisca sulla salute del cuore.
“Il cuore si contrae dal primo sviluppo fino al giorno in cui si muore, quindi richiede un’enorme quantità di energia per funzionare“, ha specificato il dottor Mably: “Questo è ciò che forniscono i mitocondri: è come la benzina di cui si ha bisogno per far funzionare un’automobile’’.
L’importanza dei mitocondri nella normale funzione cardiaca è ben riconosciuta e ulteriori studi recenti hanno implicato cambiamenti nel metabolismo mitocondriale in alcune forme di malattie cardiache. Questo lavoro si è evoluto da una ricerca precedentemente sviluppata dalla stessa équipe di scienziati.
I ricercatori hanno dimostrato che la perdita di una proteina chiamata MRPS5 nel cuore in via di sviluppo causa difetti cardiaci e morte embrionale. La perdita di questo gene porta, nelle fasi successive alla nascita, all’ingrossamento del cuore e alla successiva débâcle. È stato dimostrato che la causa di queste anomalie cardiache deriva da uno squilibrio nella comunicazione tra i mitocondri e il nucleo della cellula.
Gli studiosi hanno esaminato gli effetti della diminuzione della MRPS5, piuttosto che della sua completa perdita, sulla proliferazione dei cardiomiociti. Danni gravi derivanti da lesioni al cuore, spesso conseguenti a un grave attacco cardiaco, possono portare a insufficienza cardiaca perché il muscolo cardiaco non è più in grado di contrarsi normalmente.
Questo accade perché il tessuto danneggiato nel miocardio di un adulto non è in grado di ripararsi dopo aver subito lesioni importanti.
Gli scienziati hanno scoperto che una leggera riduzione dell’attività mitocondriale nel tessuto cardiaco adulto potrebbe facilitare la rigenerazione del muscolo cardiaco dopo un infortunio, il che potrebbe portare a una nuova strada per il trattamento dell’infarto e di altre malattie cardiache.
“Speriamo di lavorare con l’industria farmaceutica e imparare come proteggere o riparare meglio il cuore dai danni”, ha concluso il dottor Wang: “Attualmente, i medici possono arrivare solo fino ad un certo limite in caso di infarto. Questo approccio potrebbe aiutare il tessuto cardiaco a tornare alla normalità. Potremmo essere in grado di far ricrescere o riparare il muscolo cardiaco utilizzando un approccio di terapia genica”,
Cuore e infarto: quali sono i sintomi?
I sintomi comuni di un attacco cardiaco includono:
- Dolore al torace che può sembrare pressione, oppressione, dolore;
- Dolore o fastidio che si diffonde alla spalla, al braccio, alla schiena, al collo, alla mascella, ai denti o talvolta alla parte superiore dell’addome;
- Freddo;
- Fatica;
- Bruciore di stomaco o indigestione;
- Stordimento o vertigini improvvise;
- Nausea;
- Fiato corto.
Le donne possono avere sintomi atipici come dolore breve o acuto avvertito al collo, al braccio o alla schiena. A volte, il primo sintomo di un attacco cardiaco è l’arresto cardiaco improvviso.
Alcuni attacchi di cuore colpiscono all’improvviso. Molte persone, però, avvertono segnali e sintomi di allarme con ore, giorni o settimane di anticipo. Il dolore o la pressione al torace (angina) che continua a manifestarsi e non scompare con il riposo può essere un segnale di allarme precoce. L’angina è causata da una temporanea diminuzione del flusso sanguigno al cuore.
I fattori di rischio di attacco cardiaco includono:
- Età. Gli uomini di età pari o superiore a 45 anni e le donne di età pari o superiore a 55 anni hanno maggiori probabilità di avere un attacco di cuore rispetto agli uomini e alle donne più giovani.
- Uso di tabacco. Ciò include il fumo e l’esposizione a lungo termine al fumo passivo.
- Pressione alta. Con il passare del tempo, la pressione alta può danneggiare le arterie che portano al cuore. La pressione sanguigna alta che si verifica con altre condizioni, come l’obesità, il colesterolo alto o il diabete, aumenta ancora di più il rischio di arresto cardiaco.
- Colesterolo o trigliceridi alti. Un livello elevato di colesterolo legato alle lipoproteine a bassa densità (LDL) (il colesterolo “cattivo”) ha maggiori probabilità di restringere le arterie. Anche un livello elevato di alcuni grassi nel sangue chiamati trigliceridi aumenta il rischio di attacco di cuore. Il rischio di infarto può diminuire se i livelli di colesterolo legato alle lipoproteine ad alta densità (HDL), il colesterolo “buono”, diminuiscono.
- Obesità. L’obesità è collegata a pressione alta, diabete, alti livelli di trigliceridi e colesterolo cattivo e bassi livelli di colesterolo buono.
- Diabete. Lo zucchero nel sangue aumenta quando il corpo non produce un ormone chiamato insulina o non riesce a usarlo correttamente. Un livello elevato di zucchero nel sangue aumenta il rischio di infarto.
- Sindrome metabolica. Si tratta di una combinazione di almeno tre dei seguenti fattori: girovita allargato (obesità centrale), pressione sanguigna alta, colesterolo buono basso, trigliceridi e zuccheri alti. Avere la sindrome metabolica aumenta il doppio delle probabilità di sviluppare malattie al cuore rispetto a chi non ne è affetto.
- Storia familiare di attacchi di cuore. Se un fratello, una sorella, un genitore o un nonno ha avuto un attacco di cuore precoce (entro i 55 anni per gli uomini ed entro i 65 anni per le donne), potresti essere maggiormente a rischio.
- Esercizio fisico insufficiente. La mancanza di attività fisica (stile di vita sedentario) è collegata a un rischio maggiore di attacchi di cuore. L’esercizio fisico regolare migliora la salute del muscolo cardiaco.
- Dieta poco sana. Una dieta ricca di zuccheri, grassi animali, alimenti trasformati, grassi trans e sale aumenta il rischio di attacchi di cuore. Mangia molta frutta, verdura, fibre e oli sani.
- Stress. Lo stress emotivo, come la rabbia estrema, può aumentare il rischio di infarto.
- Uso di droghe. La cocaina e le anfetamine sono stimolanti. Possono innescare uno spasmo dell’arteria coronaria che può causare un attacco cardiaco.
- Storia di preeclampsia. Questa condizione causa ipertensione durante la gravidanza. Aumenta il rischio di malattie cardiache nel corso della vita.
- Una condizione autoimmune. Avere una condizione come l’artrite reumatoide o il lupus può aumentare il rischio di infarto.