Campi Flegrei: la più forte scossa di terremoto degli ultimi 40 anni

"Il terremoto più forte degli ultimi 40 anni dalla fine della crisi del Bradisismo degli anni 82-84", ha affermato Mauro Antonio Di Vito, direttore dell’Osservatorio Vesuviano, sezione campana dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Gli scienziati stanno cercando di capire se siamo di fronte ad un rischio imminente di eruzione del supervulcano dei Campi Flegrei

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Campi Flegrei: la più forte scossa di terremoto degli ultimi 40 anni
Campi Flegrei: la più forte scossa di terremoto degli ultimi 40 anni

Questa sera, alle 19.45 una forte scossa di terremoto ha fatto tremare i Campi Flegrei. L’intensità della scossa è stata stimata dall’INGV in una magnitudo di 3.8 ed si è verificata intorno ai 2 chilometri di profondità: “il terremoto più forte degli ultimi 40 anni dalla fine della crisi del Bradisismo degli anni 82-84“, ha affermato Mauro Antonio Di Vito, direttore dell’Osservatorio Vesuviano, sezione campana dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

Questa volta, a differenza del precedente anche piuttosto forte dello scorso 18 agosto, l’area di risentimento dello scuotimento del suolo è stata molto più vasta. La scossa ha fatto oscillare i palazzi anche della provincia di Napoli più periferica con gente scesa in strada anche a Giugliano, Licola, Posillipo, Vomero.

Nell’area epicentrale, quella attorno alla zona della fumarola di Pisciarelli (epicentro vero e proprio) ci sono stati alcuni danni ai tramezzi con caduta di libri o intere librerie e oggetti anche pesanti dagli scaffali. Nulla di particolarmente grave ma è la prima volta che accade dopo 40 anni. Questo eventogetta nuovi interrogativi sull’evoluzione del fenomeno del bradisismo che sembrerebbe essere entrato in una fase diversa con una risposta più rigida da parte delle rocce alla sollecitazione indotta dal sollevamento del suolo. Sebbene un’ipotetica eruzione sia al momento solo un’ipotesi remota andranno sicuramente valutati i possibili effetti sul territorio di una sismicità che potrebbe diventare più importante.

La questione dei famosi precursori sismici, ovvero di quelle particolari variazioni di alcuni parametri scientifici in grado di farci capire che sta per arrivare un forte terremoto resta ancora uno dei principali dibattimenti della sismologia. Prima di un grande sisma infatti gli stati di stress che si accumulano sotto la superficie terrestre comportano delle modifiche di diversi parametri. Sono decenni che si tenta di capire se alcune variazioni possano effettivamente rappresentare un precursore sismico affidabile, tra cui ad esempio la concentrazione di gas radon ma non solo. Prima del terremoto di Amatrice del 24 Agosto, già da Marzo-Aprile, sembra che la concentrazione di Ferro, Vanadio, Arsenico e Cromo sia aumentata fino a 20 volte.

Il supervulcano dei Campi Flegrei

Non sembra ci sia un pericolo immediato ma stiamo parlando di qualcosa che potrebbe avere effetti non solo locali: l’area dei Campi Flegrei ha qualcosa in comune con il Parco di Yellostowne (negli USA) e il lago Toba in Indonesia.



Sono tutte aree che insistono sopra a quelli che vengono definiti come supervulcani.

Un supervulcano è una di quella dozzina di caldere presenti sulla superficie terrestre che arrivano ad avere un diametro di qualche decina di chilometri.
Il termine supervulcano deriva da una trasmissione scientifica divulgativa della BBC e si riferisce al risveglio di queste grandi caldere, che producono gigantesche eruzioni vulcaniche, tali da modificare radicalmente il paesaggio locale e condizionare pesantemente il clima a livello mondiale per diversi anni, con effetti potenzialmente cataclismatici sulla vita stessa del pianeta.

Il nome del supervulcano Campi Flegrei significa “campi ardenti” o “campi infuocati”. Situato proprio di fronte al Vesuvio, dall’altra parte di Napoli, Campi Flegrei si trova per lo più sottoterra, motivo per cui la maggior parte delle persone è ignara della sua esistenza e invece è ossessionata dal Vesuvio. Ma Campi Flegrei è un vero gigante, composto da 24 crateri ed edifici, molti dei quali sommersi nella baia di Pozzuoli, all’estremità nord-occidentale del Golfo di Napoli.

Un supervulcano è in grado di produrre un’eruzione della massima magnitudo, un 8 sull’indice di esplosività dei vulcani. Significa che il vulcano ha eruttato almeno una volta in passato, espellendo più di 1.000 chilometri cubi di materiale.

Si pensa che la più grande eruzione di Campi Flegrei, l’eruzione dell’ignimbrite campana, abbia prodotto da 181 a 285 chilometri cubi di materiale espulso, rendendola una magnitudo 7. Queste emissioni inconcepibilmente vaste possono oscurare l’atmosfera, diminuendo la radiazione solare e facendo precipitare la Terra in un inverno globale; la crescita delle piante ne risentirebbe e potrebbero seguire estinzioni di massa.

Il complesso del grande supervulcano italiano, i Campi Flegrei, ha sperimentato un sollevamento del suolo fino a 20 metri prima della sua ultima eruzione, secondo un recente studio pubblicato su Geophysical Research Letters.

I ricercatori, spinti dalla recente irrequietezza nel  complesso del supervulcano, hanno studiato la sua eruzione del 1538 per approfondire la conoscenza delle dinamiche che animano i Campi Flegrei. I nuovi dati di ricerca ed i nuovi codici di modellizzazione possono migliorare i futuri strumenti di previsione e prevenzione della protezione civile.

Oltre 1,5 milioni di persone risiedono sopra questo vulcano sotterraneo, con 500.000 che vivono all’interno della sua caldera lunga 11 chilometri, formata da una eruzione massiva avvenuta circa 39.000 anni fa.

I ricercatori hanno studiato un set di dati unico, inclusi dati geologici, archeologici e storici, per comprendere gli eventi che circondano l’eruzione del 1538, l’unica eruzione storicamente analizzabile della caldera flegrea. Hanno analizzato i cambiamenti del livello del suolo lungo la costa dal 1515 al 1650.

E’ emerso che l’eruzione è stata preceduta da un’intensa deformazione del suolo che ha interessato dapprima l’area di Pozzuoli, poi localizzata nell’area della futura bocca eruttiva, raggiungendo una quota di 20 metri“, ha detto la prima autrice dello studio Elisa Trasatti, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), in un comunicato stampa.

C’è pericolo immediato di eruzione?

Un recente studio, pubblicato sulla rivista Nature’s Communications Earth & Environment, ha utilizzato un modello di frattura del vulcano, sviluppato presso l’UCL, per interpretare i modelli di terremoti e sollevamento del suolo, e ha concluso che parti del vulcano dei Campi Flegrei si sono allungate quasi al punto di rottura.

L’autore principale, il professor Christopher Kilburn (UCL Earth Sciences), ha dichiarato: “Il nostro nuovo studio conferma che i Campi Flegrei si stanno avvicinando alla rottura. Tuttavia, questo non significa che un’eruzione sia garantita. La rottura può aprire una crepa attraverso la crosta, ma il magma deve essere spinto verso l’alto nel punto giusto perché si verifichi un’eruzione”.

“Questa è la prima volta che applichiamo il nostro modello, che si basa sulla fisica di come le rocce si rompono, in tempo reale a qualsiasi vulcano”.

“Il nostro primo utilizzo del modello è stato nel 2017 e da allora i Campi Flegrei si sono comportati come previsto, con un numero crescente di piccoli terremoti che indicano una pressione dal basso”.

“Ora dovremo adattare le nostre procedure per stimare le possibilità che si aprano nuove rotte affinché il magma o il gas raggiungano la superficie”.

“Lo studio è il primo del suo genere a prevedere il punto di rottura di un vulcano attivo. Segna un cambiamento radicale nel nostro obiettivo di migliorare le previsioni delle eruzioni in tutto il mondo”.

Il dottor Nicola Alessandro Pino dell’Osservatorio del Vesuvio, che rappresenta l’INGV a Napoli, ha dichiarato: “I nostri risultati mostrano che parti del vulcano dei Campi Flegrei si stanno indebolendo. Ciò significa che potrebbe rompersi anche se le sollecitazioni che lo hanno fatto a pezzi sono minori di quanto non fossero durante l’ultima crisi di 40 anni fa”.

Negli ultimi dieci anni, il terreno sotto Pozzuoli è salito di circa 10 cm all’anno. Anche piccoli terremoti persistenti sono stati registrati per la prima volta dalla metà degli anni ’80. Più di 600 nel solo mese di aprile di quest’anno.

Il disturbo è stato causato dal movimento di fluidi a circa 3 km sotto la superficie. Alcuni dei fluidi possono essere roccia fusa, o magma, e alcuni possono essere gas vulcanico naturale. L’ultima fase di disordini sembra essere probabilmente causata dal gas magmatico che si sta infiltrando nelle fessure della roccia, riempiendo la crosta spessa 3 km come una spugna.

I terremoti si verificano quando le faglie (crepe) scivolano a causa dello stiramento della crosta. Lo schema dei terremoti del 2020 suggerisce che la roccia sta rispondendo in modo anelastico, rompendosi piuttosto che piegandosi.

La dott.ssa Stefania Danesi dell’INGV Bologna ha dichiarato: “Non possiamo vedere cosa sta succedendo sottoterra. Invece, dobbiamo decifrare gli indizi che il vulcano ci dà, come i terremoti e il sollevamento del suolo”.

Nel documento, il team ha spiegato che l’effetto dei disordini dei Campi Flegrei dagli anni ’50 è cumulativo, il che significa che un’eventuale eruzione potrebbe essere preceduta da segnali relativamente deboli come un tasso minore di sollevamento del suolo e meno terremoti. Questo è stato il caso dell’eruzione della caldera di Rabaul in Papua Nuova Guinea nel 1994, che è stata preceduta da piccoli terremoti che si sono verificati a un decimo della velocità rispetto a quella verificatasi durante una crisi un decennio prima.

L’attuale resistenza alla trazione dei Campi Flegrei (la massima sollecitazione che un materiale può sopportare prima di rompersi quando viene allungato), è probabilmente circa un terzo di quella che era nel 1984, hanno detto i ricercatori.

Cosa accadrebbe nel caso in cui Campi Flegrei eruttasse?

Secondo un articolo pubblicato su LiveScience, un’ipotetica replica della più grande eruzione documentata dei Campi Flegrei di 39.000 anni fa espellerebbe roccia fusa e gas vulcanici nella stratosfera, generando tsunami alti fino a 33,5 metri.

L’eruzione rilascerebbe anche un pennacchio di zolfo e cenere tossica, inducendo potenzialmente un inverno globale lungo anni, provocando gravi danni all’agricoltura ed  estinzioni di massa.

Tuttavia, i ricercatori hanno scoperto che le eruzioni dei Campi Flegrei possono esaurirsi senza che il vulcano scateni tutta la sua potenza distruttiva.

È stato stimato che la porzione di magma eruttato nel 1538 sia circa un centesimo di quello accumulatosi sotto il vulcano tra il 1250 e il 1650″, ha spiegato Valerio Acocella, docente dell’Università Roma Tre e coautore della ricerca. “Questo fatto evidenzia la forte capacità del sistema flegreo di trattenere il magma, eruttandone una porzione minima“.

Quasi tutte le scosse dello sciame sismico in corso hanno avuto un epicentro differente ma comunque tutte molto vicino alla Solfatara di Pozzuoli o in mare vicino alla costa.

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