domenica, Marzo 2, 2025
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Acqua liquida sotto il polo sud marziano sarebbe giustificata solo da una recente attività magmatica

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Gli scienziati americani proprio non si danno pace del fatto che siano stati scienziati italiani a scoprire la presenza di un lago subglaciale con acqua liquida al di sotto del polo sud di Marte.

È il caso di una nuova ricerca che, pur non prendendo posizione sul fatto che su Marte esista acqua liquida, pone una serie di paletti e condizioni relativamente al fatto che sul pianeta rosso possa esserci acqua liquida. Gli autori di questo studio suggeriscono che, affinché sia possibile la presenza di acqua liquida sotto la superficie di Marte, deve esserci stata un’attività magmatica relativamente recente, come la formazione di una camera magmatica nelle ultime centinaia di migliaia di anni. Questo perché sotto la superficie di Marte possa esserci abbastanza calore per mantenere l’acqua liquida ad un chilometro e mezzo di profondità, sotto una spessa calotta di ghiaccio, come asserito dagli scienziati italiani.

Questa ricerca lascia implicitamente intendere che se non si identificasse un’attività magmatica relativamente recente, non sarebbe possibile la presenza di acqua liquida sotto la calotta glaciale. “Siamo interessati a capire come la comunità scientifica reagirà a questa ricerca“, ha dichiarato Michael Sori, del Lunar and Planetary Laboratory presso l’Università dell’Arizona, uno dei co-autori del documento.

La potenziale presenza di recente attività magmatica sotterranea su Marte darebbe peso all’idea che Marte sia un pianeta attivo, geologicamente parlando. Questo fatto potrebbe fornire agli scienziati una migliore comprensione di come i pianeti si evolvono nel tempo.

Il nuovo studio intende approfondire il dibattito sulla possibilità di acqua liquida su Marte. La presenza di acqua liquida sul Pianeta Rosso ha implicazioni importanti sulla ricerca della vita al di fuori della Terra e non solo: secondo i progetti relativi all’esplorazione umana di Marte, la presenza di acqua liquida rappresenterebbe una importante risorsa.

Pensiamo che se c’è una vita, probabilmente deve essere nel sottosuolo, protetta dalle radiazioni che bombardano al superficie attraverso la sottile atmosfera marziana“, ha spiegato Ali Bramson, anche lui del Lunar and Planetary Laboratory e co-autore dello studio. “Se vi fossero ancora processi magmatici attivi oggi, probabilmente nel recente passato erano più comuni, e potrebbero fornire una fusione basale diffusa, che potrebbe fornire un ambiente più favorevole per l’acqua liquida e quindi, forse, per la vita“.

Marte ha due grandi calotte di ghiaccio ai suoi poli, entrambi con uno spessore di un paio di chilometri. Sulla Terra, è comune che l’acqua liquida sia presente sotto le spesse lastre di ghiaccio, questo grazie al calore del pianeta che fa sì che il ghiaccio si sciolga dove incontra la crosta terrestre.

In un articolo pubblicato lo scorso anno su Science, alcuni scienziati (sic) affermarono di aver rilevato un fenomeno simile su Marte. Secondo le osservazioni del radar MARSIS ci sarebbe acqua liquida alla base della calotta polare sud di Marte. Tuttavia, nessuno studio ha chiarito come sia possibile questo fenomeno.

Marte è molto più freddo della Terra, quindi non sarebbe chiaro quale tipo di ambiente sarebbe stato necessario per sciogliere il ghiaccio alla base della calotta glaciale. In realtà, gli scienziati italiani hanno spiegato che il grande lago subglaciale potrebbe avere mantenuto acqua allo stato liquido grazie all’alta salinità presente.

Un nuovo studio suggerisce la possibilità di un recente vulcanismo sotterraneo su Marte
Schema del caso considerato nel nuovo studio, che causa un flusso di calore elevato locale sotto la calotta polare sud di Marte. 

A nostro avviso, per capire se [l’acqua liquida] sia reale, bisogna capire che tipo di condizioni ambientali possono favorire lo scioglimento del ghiaccio, che tipo di temperature sarebbero necessarie e di che tipo di processo geologico potrebbe produrle, perché in condizioni normali, dovrebbe essere troppo freddo per mantenere l’acqua allo stato liquido“, ha spiegato Sori.

Gli autori del nuovo studio hanno inizialmente ritenuto che il rilevamento dell’acqua liquida sotto la calotta glaciale fosse corretto e quindi hanno lavorato per capire quali parametri fossero necessari. Hanno eseguito la modellazione fisica di Marte per capire quanto calore proviene dall’interno del pianeta e se ci sia abbastanza sale alla base della calotta di ghiaccio per sciogliere il ghiaccio. Il sale abbassa significativamente il punto di fusione del ghiaccio, infatti nello studio italiano si ipotizza che sia proprio un’alta concentrazione di sale ad aver portato alla fusione alla base della calotta glaciale.

Secondo il modello sviluppato, però, il sale da solo non basterebbe a giustificare la presenza di acqua liquida. per questo, infatti, gli autori hanno proposto la presenza di una camera magmatica al di sotto del lago in grado di fornire il calore necessario. Gli autori dello studio sostengono che il magma accumulatosi nelle profondità di Marte potrebbe aver elevato la temperatura del sottosuolo a partire da circa 300.000 anni fa. Secondo lo studio, la camera magmatica continuerebbe a fornire calore ancora oggi.

L’idea di attività vulcanica su Marte non è nuova: ci sono molte prove di vulcanismo sulla superficie del pianeta. Ma la maggior parte dei segni di vulcanismo su Marte risalgono a milioni di anni fa, portando gli scienziati a credere che l’attività vulcanica al di sotto e al di sopra della superficie del pianeta si sia fermata molto tempo fa.

Il nuovo studio, tuttavia, propone che ci potrebbe essere stata un’attività vulcanica sotterranea più recente. E, se ci fosse stata un’attività vulcanica avvenuta centinaia di migliaia di anni fa, secondo gli autori dello studio c’è una possibilità che potrebbe esserci tuttora. Ciò implicherebbe che ci sia ancora attiva formazione di camere magmatiche all’interno di Marte oggi che, quindi, non sarebbe solo un pianeta freddo e morto“, ha detto Bramson.

Jack Holt, professore presso il Lunar and Planetary Laboratory, ha sostenuto che “sia stata una grande idea fare questo tipo di modellazione e analisi perché devi spiegare l’acqua, se è lì, e quindi è davvero un pezzo cruciale del puzzle. L’acqua potrebbe esserci, ma devi spiegarla, e questi ragazzi hanno fatto un ottimo lavoro nel dire ciò che è richiesto e che il sale non è sufficiente“.

Studio originale: “Acqua su Marte, con un granello di sale: sono necessarie anomalie termiche locali per la fusione basale del ghiaccio al polo sud oggi” Geophysical Research Letters (2019). agupubs.onlinelibrary.wiley.co … 10.1029 / 2018GL080985

Potrebbe essere stato solo un caso fortuito ad evitare che la Terra divenisse un pianeta oceanico

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Secondo un nuovo studio, oggi la Terra potrebbe essere un mondo oceanico senza terre emerse se non fosse avvenuta l’esplosione di una supernova.

Una grande stella non lontana del nostro sole esplose 4,6 miliardi di anni fa, proprio mentre si formavano i pianeti del nostro nascente sistema solare. Questa esplosione inondò il nostro sistema solare con elementi radioattivi, tra cui l’alluminio-26 (Al-26), che ha poi riscaldato e asciugato i blocchi rocciosi noti come planetesimi, secondo quanto è risultato dai modelli sviluppati dalla nuova ricerca.

Questa fenomeno ha avuto un effetto enorme, perché si pensa che la Terra abbia ottenuto la maggior parte della sua acqua dai planetesimi che per primi si sono aggregati costituendo il nucleo del pianeta.

I risultati delle nostre simulazioni suggeriscono che ci sono due tipi di sistemi planetari, qualitativamente diversi“, ha scritto in una nota Tim Lichtenberg, autore principale della ricerca come dottorando presso l’Istituto di geofisica dell’ETH di Zurigo.

Ci sono sistemi solari simili al nostro i cui pianeti hanno poca acqua, al contrario, ci sono quelli in cui esistono mondi oceanici primari. La presenza di Al-26 durante la formazione planetaria può fare una grande differenza nei bilanci planetari dell’acqua tra queste due specie di sistemi planetari“.

Capire perché alcuni pianeti sono così ricchi d’acqua e altri, come il nostro, hanno una buona percentuale di terre emerse è di notevole interesse per gli astrobiologi. Questo perché gli esopianeti oceanici non sembrano essere ospitali come i pianeti con terre emerse per la vita come noi la conosciamo.

I modelli sviluppati suggeriscono che gli oceani globali profondi sostengono spesso enormi strati di ghiaccio, che impedirebbero a molte sostanze di circolare tra le profondità di un pianeta e la sua superficie. Quindi, molti mondi acquatici probabilmente non possono presentare un ciclo del carbonio di tipo terrestre, che garantisce il riciclaggio di questo elemento chiave e aiuta a stabilizzare il clima del nostro pianeta.

Nel nuovo studio, Lichtenberg ed i suoi colleghi hanno simulato la formazione di migliaia di pianeti, osservando il ruolo svolto dall’Al-26 nel determinare l’abbondanza finale di acqua su un pianeta.

Lo studio è stato pubblicato online l’11 febbraio sulla rivista Nature Astronomy .

Il pentagono revisionerà le certificazioni concesse dall’US Air Force ai missili Falcon di SpaceX

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Il Pentagono valuterà la certificazione per i veicoli di lancio della famiglia Falcon di SpaceX per determinare se l’aeronautica militare americana ha rispettato le linee guida previste per le certificazioni dei nuovi appaltatori, secondo un promemoria pubblicato sul sito della difesa lo scorso lunedì.

Il nostro obiettivo è determinare se l’US Air Force si è conformata ai dettami della Guida alla certificazione dei nuovi appaltatori èer i servizi di lancio nel certificare la progettazione del sistema di lancio per i veicoli di lancio Evolx Expendable Launch Vehicle-class SpaceX Falcon 9 e Falcon Heavy“. Ha dichiarato il generale Michael Roark.

La revisione inizierà questo mese.

A dicembre, un razzo SpaceX che trasportava un satellite di navigazione militare statunitense è stato lanciato da Cape Canaveral, e ha segnato la prima missione spaziale svolta per conto della sicurezza nazionale degli Stati Uniti dalla compagnia di Elon Musk. Il successo del lancio è stato una significativa vittoria per Elon Musk, che ha passato anni a cercare di entrare nel redditizio mercato dei lanci spaziali militari dominati da Lockheed Martin Corp e Boeing Co.

Le due grandi compagnie stanno incontrando grandi difficoltà nelle loro attività con la NASA a causa degli altissimi costi del sistema in fase di sviluppo SLS+Orion e da più parti si parla di sospendere il progetto per affidare i lanci spaziali proprio a SpaceX. Che sia iniziata la controffensiva dei due giganti dalla crescente invasività della compagnia di Elon Musk, ora anche in settori da sempre dominati da loro?

A pensare male, si sa, si fa peccato ma, come diceva un uomo politico di qualche anno fa, qualche volta ci si azzecca.

 

L’aeronave del lago Elmo

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di Oliver Melis

Il 13 aprile 1897, mentre attraversavano il lago Elmo, nel Minnesota, diretti a Hudson, nel Wisconsin, Frederick Chamberlain e OL Jones avvistarono una figura oscura in una radura a due isole di distanza. La figura portava una lanterna e sembrava cercare qualcosa nei dintorni. Pensando che potesse esserci qualche problema, Chamberlain e Jones si diressero verso la radura, ma la figura con la lanterna sparì tra gli alberi. Qualche istante dopo sentirono lo scoppiettio di ramoscelli e rami, seguito da un “rumore impetuoso … come il vento che soffia attorno ai cornicioni di una casa“, Raccontò Chamberlain al St. Paul Pioneer Press (15 aprile). “Un secondo dopo e abbiamo distinto un oggetto lungo e alto di un colore bianco grigio.”

Sebbene i due uomini non potevano avere una chiara visione perché avvolti nell’oscurità, l’oggetto, che aveva due file di luci rosse, verdi e bianche su ciascun lato, sembrava “la maggior parte della cima di una ‘goletta‘”. raccontò Chamberlain. “Si sollevò ad angolo acuto, poi si diresse a sud, appena sopra le cime degli alberi.”
Nella radura, i due testimoni trovarono, impresse sul terreno umido, 14 impronte lunghe due piedi, larghe sei pollici e disposte secondo un motivo oblungo sette su ogni lato. Apparentemente, queste erano le tracce lasciate dalla misteriosa macchina volante.

Intorno alla stessa ora Adam Thielen, un contadino nella zona del Lago Elmo, sentì un ronzio sopra la sua testa. Quando alzò lo sguardo, vide un oggetto scuro con le luci rosse e verdi che veleggiava nel cielo.

La storia delle aeronavi misteriose è ricca di fascino ma sappiamo che il volo più leggero dell’aria era iniziato, ad opera di alcuni coraggiosi, diversi decenni prima. Per citarne uno in particolare, l’inventore Solomon Andrews, aveva iniziato a cercare dei finanziatori che gli consentissero di impegnarsi nella costruzione di un dirigibile negli Stati Uniti.
Un progetto da lui creato, risalente al lontano 1847, per il quale non riuscì a ottenere alcun sostegno finanziario.
Tuttavia, il suo progetto riemerse di nuovo nel 1860, come discusso in questo estratto da un articolo della Smithsonian National Portrait Gallery:

Mentre prestava servizio nell’esercito dell’Unione nel 1862, Andrews si convinse che un’imbarcazione navigabile, più leggera dell’aria, sarebbe risultata di gran lunga superiore ai palloni legati che erano stati usati per la ricognizione militare. Si dimise dalla sua commissione e, a sue spese, iniziò a costruire il primo dirigibile a propulsione autonoma al mondo. Composto da tre palloncini a forma di sigaro, un timone e un’auto dell’operatore equipaggiata con pesi mobili, l’ Aereon fece il suo volo inaugurale il 1 giugno 1863. Impiegando lo stesso principio che consente a una barca a vela di navigare nel vento, Andrews dimostrò l’abilità di Aereon viaggiare in qualsiasi direzione mentre faceva il giro del suo velivolo sopra una folla incredula.
Incoraggiato dal successo del suo prototipo, Andrews iniziò un’energica campagna per interessare i funzionari federali nell’aeronave che il New York Herald definì “l’invenzione più straordinaria dell’epoca”. Si assicurò un’audience con il presidente Lincoln, fece una petizione al Congresso e fece volare un modello del Aereon nella Sala Grande del Smithsonian “Castello” per membri di una speciale commissione scientifica che hanno incluso il segretario Smithsonian Joseph Henry. Gli sforzi di Andrews non furono ricompensati, tuttavia, perché Aereon non riuscì a ottenere il sostegno del governo.

Insomma, cercare di capire chi, verso la fine del XIX secolo, stupì migliaia di persone con i prototipi sperimentali delle macchine volanti che, a breve, sarebbero diventate comuni e popolari ma, vista l’epoca, si può facilmente desumere che molti, se non tutti, questi avvistamenti, forse non erano poi cosi tanto extraterrestri come alcune riletture posteriori pretendono di credere.

Fonte: howworkstuff.com

Le foto degli spiriti di Mumler

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di Oliver Melis

Nel 1861 William Mumler lavorava come incisore di gioielli a Boston e si dilettava nella fotografia. Un giorno, dopo aver sviluppato una foto autoritratto, notò quella che sembrava essere la figura di una ragazza che galleggiava accanto alla sua stessa immagine. Mumler pensò che ci fosse stato un errore in fase di sviluppo, la traccia di un precedente negativo, ma alcuni amici gli dissero che la figura somigliava alla sua cugina deceduta.

Presto la foto arrivò all’attenzione della comunità spiritica, che la proclamò la prima foto mai eseguita a catturare l’immagine di uno spirito. Mumler, senza esitare, decise di fare affari vantandosi di essere il primo fotografo di “fantasmi” al mondo. Diventò rapidamente ricco producendo foto di spiriti per tante persone che avevano perso un proprio caro durante la guerra civile.

Lo spiritismo ebbe origine proprio in quegli anni negli Stati Uniti e si estese nei decenni successivi in Inghilterra e da qui in gran parte del continente europeo, poi in Argentina e Brasile. È stato ripetutamente condannato dalla Chiesa cattolica per le sue pratiche e per la sua dottrina.

Lo spiritismo riconosce l’esistenza di Dio e dell’immortalità dell’anima affermando la possibilità di contatti tra gli spiriti dell’aldilà e i vivi, e attribuisce all’intervento di spiriti di defunti molti fenomeni parapsichici e medianici. La dottrina fu formulata intorno al 1860 dal francese Allan Kardec.

Mumler grazie alle sue fotografie attrasse un enorme numero d sostenitori ma non di meno attrasse un consistente numero di critici, tra questi, molti fotografi di professione. Mumler ebbe molti critici anche nella stessa comunità spiritistica, il fotografo dilettante venne spesso accusato di frode in quanto gli “spiriti” ritratti nelle sue fotografie assomigliavano spesso in modo sospetto a persone tutt’altro che defunte. Anche i suoi rivali lo attaccarono, spaventati dalla sua grande notorietà, pensavano che stesse minando la credibilità del loro lavoro.

Nel 1869, dopo essersi trasferito a New York City, venne accusato di frode dal dipartimento di polizia che aveva inviato un agente sotto copertura che posò per lui. In tribunale dovette rispondere delle accuse di frode e il processo si protrasse per sette giorni. Tra i testimoni a favore di Mumler anche un ex Giudice “spiritista” mentre dalla parte dell’accusa sedevano diversi fotografi che sostenevano le fotografie che Mumler eseguiva erano riproducibili con dei trucchi, Anche PT Barnum sedeva tra gli accusatori in quanto acquistò delle fotografie da esporre nel suo museo. Il fotografo Abraham Bogardus preparò per l’accusa una foto spiritica “falsa” in cui l’immagine spettrale di Abraham Lincoln poteva essere vista mentre fluttuava dietro la spalla del famigerato showman P.T. Barnum. Tuttavia, la difesa di Mumler portò alcuni dei suoi clienti che testimoniarono la loro convinzione che le sue foto di loro parenti defunti in forma di spiriti fossero reali. Alla fine, Mumler fu assolto dalle accuse e tornò a Boston.

lincoln

Fu a Boston che Mumler realizzò la sua foto spiritica più famosa, era il 1871 quando la vedova di Lincoln, Mary Todd Lincoln, si recò al suo studio presentandosi con un nome falso,Mrs Lindall”, almeno cosi raccontano alcune vecchie cronache. La fotografia che ritrae “Mrs Lindall” alias Mary Todd Lincoln mostra la di lei figura apparentemente abbracciata dallo spirito del defunto marito, forse l’ultima fotografia scattata alla signora Lincoln che mori nel 1882.

Mumler forte della grande fama raggiunta con la fotografia della signora Lincoln pubblicò un opuscolo con la sua autobiografia che pubblicò nel 1875. Ma poi, il suo scontro con la legge presentò il suo tributo, sia per la sua reputazione che per le sue finanze. Mumler per la sua difesa spese, per l’epoca, l’enorme cifra di 3000$ e non si rifece mai della perdita. Distrusse tutti i suoi negativi e morì in miseria nel 1884.

Fonti: photographymuseum.com; hoaxes.org; wikipedia

Evolutivamente, le nonne fanno bene ai nipotini, fino ad una certa età… Il vantaggio di avere una nonna che ti abita vicino

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Un nuovo studio ha esaminato il rapporto che c’era, nei secoli passati, tra sopravvivenza dei bambini e la presenza, vicino a lui, di una nonna relativamente giovane

Le nonne sono grandi – in generale. Ma dal punto di vista evolutivo, per gli scienziati è sconcertante che le donne vivano così a lungo una volta esauriti gli anni della loro utilità riproduttiva.

L’età della nonna e quanto vicino vive con i suoi nipoti può influenzare perfino la sopravvivenza di quei bambini, come suggeriscono due nuovi studi pubblicati nei giorni scorsi su Current Biology. Si è scoperto che, tra le famiglie finlandesi nel 1700-1800, il tasso di sopravvivenza dei giovani nipoti aumentava del 30% quando le loro nonne materne vivevano nelle vicinanze e avevano tra i 50 ed i 75 anni. Il secondo studio ha esaminato se quel beneficio per la sopravvivenza persiste anche quando la nonna abita lontano. (Spoiler: non è così).

Questi studi fanno parte di un lavoro più ampio, atto a spiegare la menopausa, una rarità nel regno animaleLa cosiddetta “ipotesi della nonna” stabilisce che, da un punto di vista evolutivo, la longevità delle donne è dovuta al loro contributo alla sopravvivenza dei loro nipoti, estendendo così la propria discendenza ( SN: 3/20/04, p 188 ).

Nello studio finlandese, i ricercatori hanno tentato di capire se c’è un limite di età a questo ruolo benefico svolto dalle nonne. Il team ha utilizzato documenti raccolti tra i nati dal 1731 al 1895, per un totale di 5.815 bambini. Le donne in quel periodo avevano famiglie numerose, con una media di quasi sei figli e circa un terzo dei bambini morivano prima dei 5 anni.

Il team ha scoperto che quando le nonne materne vivevano nelle vicinanze e avevano un’età compresa tra i 50 ed i 75 anni, i loro nipoti tra i 2 ed i 5 anni avevano una probabilità di sopravvivenza maggiore del 30% rispetto ai bambini le cui nonne materne erano decedute. Allo stesso modo, stando ai dati, la presenza di nonne paterne e materne oltre i 75 anni non sembra che influenzasse la percentuale di sopravvivenza generale dei bambini.

Addirittura, è uscito fuori che la presenza di nonne paterne oltre i 75 anni, influenzava negativamente le probabilità che i loro nipoti morissero prima dei 2 anni, è risultata infatti più alta del 37% la probabilità che un bambino sotto i due anni decedesse, perfino più alte di quelle di un bambino con la nonna paterna già deceduta alla sua nascita.

In genere, in quell’epoca, le nonne paterne abitavano con le famiglie dei loro figli, David Coall, un antropologo dell’università Edith Cowan di Joondalup, in Australia, sospetta che, in queste famiglie, i genitori potevano trovarsi schiacciati tra le necessità di assistenza delle nonne più anziane e magari malate e quelle dell’allevamento dei figli. “Quello che probabilmente vediamo qui è una versione storica della generazione sandwich“, afferma Coall, che non è stato coinvolto nello studio.

Nel secondo studio, i ricercatori volevano sapere se i benefici di avere una nonna entro i 75 anni persistevano anche quando le famiglie vivevano lontane. Il team ha utilizzato dati raccolti tra il 1608 ed il 1799, comprendendo 3.382 nonne materne e 56.767 nipoti nati nella Valle del San Lorenzo in Canada. Come per la popolazione finlandese, quei primi coloni francesi avevano famiglie numerose e un’alta mortalità infantile, inoltre le famiglie si spostavano spesso alla ricerca di nuovi territori in cui stabilirsi.

I ricercatori hanno scoperto che, per ogni 100 chilometri di distanza tra madri e figlie, le figlie avevano 0,5 bambini in meno. Le sorelle più anziane le cui mamme erano vive quando queste hanno iniziato ad avere figli, in genere avevano più figli, e quei bambini avevano più probabilità di sopravvivere fino ai 15 anni, rispetto alle sorelle più giovani che hanno iniziato ad avere figli dopo la morte della madre.

Matematicamente parlando, man mano che le nonne si trovavano più lontano, quelle percentuali di sopravvivenza e riproduzione cominciavano ad assomigliare a quelle delle sorelle più giovani con mamme deceduteUna volta che una nonna materna si trovava a 350 chilometri di distanza o più, i benefici della sua esistenza cessavano, stando ai dati, afferma il coautore dello studio Patrick Bergeron, biologo evolutivo della Bishop’s University di Sherbrooke, in Canada.

Questi risultati possono spiegare una ragione evolutiva per la menopausa, ma potrebbero non valere nel mondo moderno di oggi, dove le persone tendono ad avere meno figli e vivono più lontano da casa. Ciò che sarebbe interessante, dice Chapman, è valutare se la presenza della nonna allevia il tipo di problemi di salute mentale che affliggono oggi molti bambini.

Entrambi gli studi forniscono un’interessante sbirciatina alla vita di queste comunità nordamericane ed europee, afferma Melissa Melby, antropologa medica presso l’Università del Delaware a Newark. La Melby resta, però, scettica sull’ipotesi della nonna, perché la menopausa potrebbe essere stata un evento casuale. Secondo lei, forse le donne vivono oltre i loro anni riproduttivi perché l’evoluzione favoriva gli uomini che potevano riprodursi in età avanzata, che poi trasmettevano quei geni della longevità ai loro figli e figlie.

La Melby nota che nello studio finlandese, le donne continuavano ad avere bambini fino ai 40 anni circa. Quindi quelle nonne potrebebro essere sopravvissute perché stavano ancora allevando i propri figli. La vita post-riproduttiva viene spesso definita come menopausa, “Ma non si tratta solo di partire un bambino. Dopo devi allevare quel bambino.”

Richard Shape Shaver, l’uomo che visitò Lemuria

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di Oliver Melis

Richard Sharpe Shaver iniziò a pubblicare sulla rivista Amazing stories nel 1945 alcuni racconti ambientati nel perduto continente di “Lemuria” che lo vedevano come protagonista. Fin qui nulla di strano ma Shaver sosteneva che i suoi racconti fossero reali. La vicenda viene raccontata nel libro di Claudio Foti, edito da 73mm nella collana Weird TalesLo strano caso di Richard Sharpe Shaver.

Lemuria è un ipotetico continente scomparso, alcuni lo collocano nell’Oceano Indiano altri in quello Pacifico. La teoria dell’esistenza di Lemuria,  fu formulata nel contesto della biogeografia del XIX secolo, dallo zoologo Philip Sclater a metà dell’ottocento, quando osservando che esistevano alcune specie simili di lemuri in Madagascar e India suppose che l’isola africana e il subcontinente asiatico fossero stati in un remoto passato collegati da un continente “ponte” poi sprofondato nell’Oceano Indiano.Tale ipotesi è stata scartata in seguito alla scoperta e alla comprensione della tettonica a zolle su cui concorda la maggior parte degli scienziati.

Sebbene Lemuria sia scomparsa dalle discussioni scientifiche, è sopravvissuta grazie a tanti scrittori dell’occulto che condividono quasi in toto le storie sulla fine catastrofica che avrebbe fatto sprofondare il continente nelle profondità dell’oceano, analogamente alla fine di Atlantide, misterioso continente raccontato da Platone nei dialoghi.

La storia si complica quando qualcuno sostiene di aver avuto contatti diretti con gli alieni, di poter leggere il pensiero o che ha visitato un “continente scomparso” del quale non si ha nessuna prova sia esistito veramente. Richard Sharpe Shaver non era presentato come scrittore di fiction, ma le sue narrazioni venivano presentate come esperienze reali. Sotto la guida di Ray Palmer (noto per aver “inventato” i dischi volanti), che aveva “scoperto” Shaver, Amazing Stories  virò verso la pseudoscienza, assicurando a Shaver uno spazio sempre maggiore finché nel 1949 l’editore licenziò Ray Palmer sostituendolo con Howard Browne, che tornò ad occuparsi seriamente di fantascienza, evitando di dare in pasto la rivista alla pseudoscienza, sempre sulla cresta dell’onda anche grazie al nascente fenomeno ufologico che, grazie a molti giornali scandalistici e sensazionalistici trovava sempre più terreno fertile.

lemuria

Negli anni Quaranta le opere di Shaver pubblicate sulla rivista Amazing Stories, ebbero un successo tale da trasformarlo in un fenomeno editoriale mai visto prima, che all’epoca gli diede una successo maggiore di quello raggiunto da altri illustri colleghi come H.P. Lovecraft o Robert E. Howard.

Le storie narrate da Shaver non erano solo racconti ma esperienze reali, almeno questa era l’affermazione che lo scrittore statunitense faceva, e nei suoi racconti affermava di essere entrato in contatto con entità superiori che gli avevano rivelato la vera storia dell’umanità, che da secoli era posta sotto gli influssi di una popolo “alieno” che vive sotto la superficie del pianeta Terra. L’antica civiltà figlia di esseri che avevano in passato abbandonato la Terra a causa delle radiazioni solari era in possesso di una tecnologia molto avanzata e viveva in costruzioni sotterranee dalle quali rapiva esseri umani o lanciava con dei raggi misteriosi dei messaggi psichici che tormentavano in passato i nostri antenati umani.

Shaver sostenne che era entrato in contatto con questi esseri che venivano chiamati “Deros” e che era stato, per anni, loro prigioniero nelle profondità della terra. Le pubblicazioni delle storie di Shaver cessarono nel 1948, troppi lettori entusiasti dei racconti finirono per credere che fossero reali, cosi le pubblicazioni cessarono. Negli ultimi anni della sua vita Shaver si dedicò ai “book rock“, pietre che credeva fossero state create dalle antiche razze avanzate e incorporate con immagini e testi leggibili. produsse dipinti basandosi sulle immagini tratte da queste rocce, fotografandole. Postumo, Shaver ha guadagnato la reputazione di artista e i suoi dipinti e fotografie sono state esposte in diversi luoghi oltre a Los Angeles e New York.

Negli anni ’30 Richard Sharpe Shaver, sentì delle voci attraverso i suoi strumenti di saldatura, voci spiacevoli, ossessionate dalla tortura e dalla perversione sessuale. Le loro chiacchiere lo spinsero verso atti disperati che lo portarono negli ospedali psichiatrici e nelle prigioni. Mentre Shaver stava scontando la sua pena in una prigione, una donna si materializzò e lo portò in una caverna sotto la superficie Terrestre…
Così iniziò la carriera di scrittore che vi abbiamo raccontato.

Fonti: Claudio Foti, Lo strano caso di Richard Sharpe Shaver, , Weird Tales, 73MM, Wikipedia

Rosalind Franklin è il nome perfetto per il rover marziano dell’ESA

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Nel 2021, il rover dell’ESA Rosalind Franklin lascerà le sue impronte sulla sabbia rugginosa di Marte mentre si muove alla ricerca di elementi chimici che possano indicare la presenza di vita.

Il nome del rover dell’Agenzia Spaziale Europea che raggiungerà Marte nell’ambito della missione Exomars è stato scelto in onore della scienziata britannica Rosalind Franklin, specializzata in chimica, che contribuì alla scoperta della struttura elicoidale del DNA, senza mai ottenere il riconoscimento che avrebbe meritato.

Una giuria di tecnici ha esaminato oltre 36.000 proposte inviate dai cittadini dei 22 stati che partecipano all’ESA prima di stabilire che Rosalind Franklin è il nome perfetto per un rover che dovrà occuparsi di individuare sostanze chimiche organiche complesse. “Questo nome ci ricorda che il desiderio di conoscere ed esplorare è scritto nel nostro DNA: la ricerca del sapere fa parte della nostra eredità genetica ed è in tutto ciò che facciamo all’ESA“, ha spiegato il direttore generale dell’ESA, Jan Woerner .

Il rover Rosalind cattura questo spirito e ci porta tutti in prima linea nell’esplorazione dello spazio.”

La missione ExoMars 2020 studierà il terreno e le rocce di Marte vicino all’equatore, nella speranza che possano essere scoperti segni di biochimica passata o addirittura presente. Il laboratorio mobile perforerà la superficie fino a una profondità di due metri ed analizzerà i campioni prelevati con una serie di strumenti. Anche se è improbabile che vengano trovate forme di vita attiva di qualsiasi complessità reale, sarebbe già molto interessante individuare un qualche precursore biochimico o qualche processo di chimica organica simile a quelli che hanno dato il via alla vita sulla Terra miliardi di anni fa.

Rosalind Franklin è oggi un nome sinonimo di quel periodo pionieristico. Durante la sua carriera di chimico e cristallografo ai raggi X ha auto il merito di svelare le strutture dei virus e la matrice molecolare del carbonio. Ma fu per la scoperta della struttura a doppia elica del DNA che la Franklin divenne famosa. Non è stato, però, sempre così. Negli anni seguenti, quando Francis Crick dell’Università di Cambridge e James Watson confermarono la struttura elicoidale della molecola basandosi sulle immagini della diffrazione a raggi X della Franklin, il suo nome nelle pubblicazioni era, nel migliore dei casi, riportato in una nota a piè di pagina.

Watson e Crick ricevettero il premio Nobel per la fisiologia nel 1962 insieme a un collega della Franklin. La sua scomparsa la escluse, di fatto, dal premio. Se anche lei avrebbe ricevuto il prestigioso riconoscimento è una questione ampiamente dibattuta. Ciò che sembra essere chiaro è che il suo ruolo nella scoperta fu minimizzato, celato dalle politiche di laboratorio e dal sessismo, privandola del riconoscimento che i suoi colleghi ricevettero negli anni successivi.

Negli ultimi decenni, però, la storia ha reso giustizia alla Franklin che, finalmente, è stata riconosciuta per la grande mente che fu, tra i suoi contemporanei. Che uno strumento pioneristico ed avanzato come il rover marziano, un laboratorio mobile, sia battezzato con il suo nome è un onore che avrebbe sicuramente apprezzato, come sostiene sua sorella Jenifer Glynn.

Visitai Rosalind in ospedale il giorno in cui l’Unione Sovietica lanciò il primo satellite, lei, nonostante la malattia, era eccitata da quella notizia che segnava l’inizio dell’esplorazione spaziale“, ha raccontato Glynn alla BBC .

Il nome “Rosalind Franklin” è un nome più articolato che “Spirit” o “Opportunity” ma “Rosalind the Rover” suona comunque molto bene ed è giusto che venga usato per esteso il nome della grande ricercatrice piuttoto che, come è stato suggerito da alcune parti, “Rosie” o “Rosy” – un soprannome che la stessa Franklin avrebbe quasi certamente odiato ascoltare.

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La storia dimenticata dell’UFO del Nebraska

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di Oliver Melis

Nel 1884 accadde qualcosa di strano nella contea di Dundy… E quasi nessuno ne è a conoscenza oggi. Il 6 giugno 1884, l’allevatore locale John Ellis e molti altri cowboy erano nella contea rurale di Dundy e, come riportato due giorni dopo nel Nebraska Nugget, (pubblicato su Holdrege), i cowboys sentirono un “terrificante ronzio” sopra la testa. Alzarono gli occhi e videro un oggetto infuocato e incandescente cadere rapidamente a terra; dopo essere passato sopra le loro teste, l’oggetto si schiantò nel terreno in un burrone poco oltre una collina.

Gli uomini si avvicinarono con cautela, ma l’oggetto era cosi caldo che uno di loro si ustionò gravemente. Il gruppo di Cowboys vide uno strano tipo di liquido sul terreno intorno al relitto del quale si intravvedevano ingranaggi, frammenti di macchinari e pezzi di metallo sparsi ovunque, tutto era troppo caldo per essere toccato. Decisero di portare l’uomo ferito di nuovo a casa di Ellis per curare le sue ustioni, per poi tentare una nuova sortita il giorno dopo quando il calore del misterioso oggetto si fosse attenuato.

I cowboys tornarono la mattina dopo, questa volta con l’ispettore EW Rawlins al seguito. Rawlins prese appunti su ciò che osservò lì, compresi alcuni pezzi di rottame che ispezionò da vicino. I pezzi di metallo sembravano simili all’ottone, ma erano notevolmente leggeri. Del pezzo principale di rottami, Rawlins scrisse nel suo diario, “l’Aerolite o qualunque cosa sia, sembra essere lungo circa cinquanta o sessanta piedi, di forma cilindrica, e di circa dieci o dodici piedi di diametro.”

Il pomeriggio dopo l’incidente, una folla di curiosi si riunì sul luogo per ammirare l’oggetto e speculare sulla sua origine. Verso le 14, scoppiò una tremenda tempesta. La pioggia cadeva più pesante e più veloce di quanto chiunque avesse mai visto. Il vento sferzava la pioggia tutto intorno, riducendo la visibilità a quasi nulla. La tempesta continuò per circa 30 minuti prima di finire bruscamente com’era cominciata. Quando i curiosi furono di nuovo in grado di vedere il luogo dell’incidente, rimasero assolutamente scioccati: i pochi frammenti che erano rimasti si stavano riassorbendo nel terreno. Quando il luogo dell’impatto venne liberato dall’acqua, dei rottami non era rimasto nulla.

Questa storia riemerse negli anni 60, quando fu scoperta una copia dell’articolo di giornale originale. Reporter e ufologi invasero la contea di Dundy per interrogare i cittadini locali. Ma furono accolti con stupore, nessuno conosceva o ricordava la storia; nessuno aveva mai sentito parlare del crash UFO. I fatti delle aeronavi misteriose erano di la da venire, ancora pochi anni e sarebbe esplosa negli USA una vera e propria psicosi delle aeronavi misteriose che sorvolavano diversi centri abitati.

Aeronavi simili a dirigibili o palloni che spesso facevano sbarcare umanoidi che entravano in contatto con gli stupiti testimoni. Fu il preludio al contattismo dei primi decenni del 900 e alla vera e propria febbre ufologica, e la piccola contea di Dundy potrebbe benissimo essere il luogo in cui la mania degli UFO iniziò tanto tempo fa.

Fonte: onlyinyourstate.com/

Hayabusa 2 atterrerà sull’asteroide Ryugu il 22 febbraio

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Dopo il lancio avvenuto nel 2014, la sonda giapponese Hayabusa 2 ha raggiunto il suo obiettivo, l’asteroide Ryugu, dopo un viaggio durato quasi 4 anni. Da allora la sonda si è dedicata a mappare la roccia conosciuta come Ryugu (che in giapponese significa “Palazzo del drago”) prima di mandare due dei suoi rover in superficie lo scorso settembre, seguiti poi dal lander Mascot in ottobre. Durante questo periodo la sonda ha inviato immagini spettacolari della superficie dell’asteroide e ora si prepara ad eseguire la parte fondamentale della sua missione: la sonda stessa atterrerà sulla superficie di Ryugu alle 8 del mattino del 22 febbraio. L’annuncio è stato dato dall’agenzia spaziale giapponese JAXA.

Il punto di atterraggio è deciso e il modo in cui atterreremo è confermato, quindi vogliamo fare del nostro meglio per raggiungere questo obiettivo senza commettere errori“, ha dichiarato il responsabile di progetto della JAXA, Yuichi Tsuda.

Da quanto si è potuto appurare finora, la composizione chimica di Ryugu è composta da nichel, ferro, cobalto, acqua, azoto, idrogeno e ammoniaca, che lo rendono un obiettivo primario per gli scienziati. Salvo ulteriori battute d’arresto, Hayabusa 2 raccoglierà entro la fine dell’anno campioni prelevati dal suolo dell’asteroide per riportarli sulla per la fine del 2020.