Gli scienziati non hanno solo dimostrato che esiste un limite alla resistenza umana, ma sono anche riusciti a definirla in numeri.
In un articolo pubblicato su BBC News viene descritto uno studio di alcuni scienziati effettuato su alcuni dei migliori atleti di sport estremi del mondo per determinare quali siano i limiti della resistenza umana. I risultati di questo studio sembrerebbero definire una volta per tutte fino a che punto possa spingersi il corpo umano.
La ricerca, condotta dagli scienziati della Duke University, ha esaminato un gruppo di atleti impegnati su un percorso di 22,659 chilometri effettuato per 140 giorni negli Stati Uniti e hanno osservato l’effetto che l’evento ha avuto sui loro corpi. Gli scienziati hanno misurato il tasso metabolico a riposo (RMR) o il numero di calorie bruciate dal corpo quando non è attivo, sia prima che durante la gara e hanno anche misurato il numero di calorie bruciate durante l’evento stesso.
Lo studio, pubblicato su Science Advances, ha rilevato che all’inizio il valore delle calorie bruciate era abbastanza alto, per poi cadere nel tempo e livellarsi a circa 2,5 volte l’RMR del concorrente.
“Puoi fare cose davvero intense per un paio di giorni“, ha detto Herman Pontzer della Duke University a BBC News , “ma negli sforzi prolungati nel tempo la tua disponibilità energetica è limitata a quanto riesci a nutrirti.”
Ad esempio, correre una maratona, poco più di 42 chilometri, gli atleti hanno consumato 15,6 volte il numero di calorie bruciate durante nell’RMR, ma eventi di tale intensità, di solito, durano solo un giorno. Più lunga è la durata nel tempo dell’evento, più vicino al valore di 2,5 volte l’RMR è il consumo di calorie. Durante i 23 giorni del Tour de France, ad esempio, i ciclisti bruciano giornalmente calorie al ritmo di 4,9 volte il loro RMR, mentre un trekking di 95 giorni attraverso l’Antartide ha visto i partecipanti bruciare calorie a 3,5 volte il loro RMR.
Essenzialmente, più a lungo il corpo è chiamato a impegnarsi, più si avvicina ad un valore di consumo pari a 2,5 volte l’RMR.
“Abbiamo mappato la resistenza umana momento per momento“, ha detto Pontzer. “Nessuno lo aveva mai fatto.”
Il limite di 2,5 volte l’RMR potrebbe essere correlato al modo in cui il corpo umano digerisce le sostanze nutritive e converte il cibo in energia. I ricercatori hanno scoperto che il corpo umano, semplicemente, non può digerire e processare abbastanza cibo per generare più di 2,5 volte l’RMR nell’assunzione calorica a lungo termine. Inizialmente, il corpo può approfittare di altri accumuli di energia, permettendo un iniziale sforzo maggiore che brucia calorie ad un tasso molto più alto ma, una volta bruciate le scorte di grasso e di muscoli in eccesso nel corpo, tutto ciò che rimane è l’apporto calorico, che è in definitiva il limite di ciò che il corpo umano può fare.
Le agenzie spaziali e le compagnie private guardano ad un futuro fatto di esseri umani che vivono nello spazio, sulla luna e su Marte, ma, per adesso, dobbiamo fare i conti con una realtà spiacevole: le radiazioni presenti oltre il guscio protettivo del campo magnetico della Terra sono letali. Qualsiasi tentativo di inviare esseri umani su Marte, con la tecnologia oggi disponibile, comporterebbe gravi rischi per la salute, ma gli scienziati dell’Agenzia spaziale europea (ESA) stanno studiando il problema nella speranza di rendere lo spazio sicuro per l’umanità.
Siamo tutti esposti a bassi livelli di radiazioni cosmiche sulla superficie della Terra, questo perché la maggior parte di esse è deviata dalla nostra spessa atmosfera e dal campo magnetico generato dal nostro pianeta. Marte ha un’atmosfera troppo tenue e praticamente nessun campo magnetico, e persino i veicoli spaziali progettati per proteggere i nostri fragili corpi non possono fermare tutti i pericolosi raggi cosmici.
Uno breve periodo nello spazio sottopone gli astronauti allas tessa quantità di radiazioni che assorbirebbero in un anno sulla Terra. L’ESA stima che gli astronauti in missione su Marte assorbirebbero dosi di radiazioni fino a 700 volte più alte che sulla Terra.
Da esperimenti come lo studio sui gemelli della NASA, abbiamo scoperto che passare il tempo nello spazio può causare cambiamenti a lungo termine nell’espressione genica ed i problemi rischiano di aumentare durante missioni di lunga durata nello spazio profondo.
Anche sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) in condizioni controllate, gli astronauti sono esposti a radiazioni 200 volte superiori rispetto ai piloti d’aereo o ai tecnici di radiologia.
Il controllo di missione può far interrompere le passeggiate nello spazio e la routine di manutenzione se ritiene che gli eventi solari produrranno un aumento dei livelli di radiazione. Durante una missione a lungo termine su Marte questa Potrebbe non essere sempre un’opzione possibile.
L’ESA sta attualmente lavorando con ricercatori di cinque laboratori di acceleratori di particelle in Europa. Queste strutture possono simulare la radiazione cosmica accelerando gli atomi a una frazione significativa della velocità della luce. Bombardare materiali e campioni biologici con queste particelle possono aiutare a valutare l’impatto della radiazione cosmica e testare nuovi modi per schermarle.
L’imminente lancio di test della capsula Orion della NASA, attualmente in programma per l’estate 2020, offrirà al team dell’ESA un’altra possibilità di studiare le radiazioni lontano dall’influenza protettiva della Terra. I manichini di prova di quella missione avranno integrati sensori e monitor per misurare l’esposizione alle radiazioni durante la missione di tre settimane attorno alla luna.
La ricerca del modo di schermare le radiazioni cosmiche sta già facendo progressi. I ricercatori dell’ESA hanno scoperto che il litio è particolarmente efficace nella schermatura di campioni dalle radiazioni pericolose. Naturalmente, il litio è instabile in presenza di umidità. Ci vorrà molta ricerca materiale prima che il litio possa trovare spazio nella schermatura del veicolo spaziale.
In ogni caso, i piani per mandare esseri umani su Martenei prossimi anni sembrano ancora un po ‘prematuri.
Conosciamo tutti il bosone di Higgs, che con rammarico dei fisici è stato erroneamente etichettato dai media come la “particella di Dio“, una particella subatomica individuata per la prima volta con il Large Hadron Collider (LHC) nel 2012. Quella particella è una pezzo di un campo che permea tutto lo spazio-tempo; interagisce con molte particelle, come elettroni e quark, fornendo quelle particelle di massa, il che è piuttosto interessante.
Ma il bosone di Higgs si è rivelato sorprendentemente leggero. Secondo le migliori stime dei fisici avrebbe dovuto essere molto più pesante. Questo apre una domanda interessante: certo, abbiamo individuato un bosone di Higgs, ma si tratta l’unico bosone di Higgs? Ci sono altre cose che ancora non abbiamo trovato che integrano la massa mancante al bosone di Higgs?
Anche se non abbiamo ancora nessuna prova dell’esistenza di un bosone di Higgs più pesante, un gruppo di ricercatori con sede al LHC, il più grande collisore atomico del mondo, sta tentando di approfondire la cosa e si dice che quando i protoni vengono fatti a pezzi all’interno del collisore ad anello, bosoni di Higgs pesanti e persino particelle di Higgs composte da vari tipi di bosoni di Higgs potrebbero uscire allo scoperto.
Se il bosone di Higgs pesante esiste davvero, allora abbiamo bisogno di riconfigurare la nostra comprensione del modello standard della fisica delle particelle con la scoperta che c’è molto di più nell’Higgs di quanto sembri. E all’interno di quelle complesse interazioni, potrebbe esserci un indizio di tutto, dalla massa della particella di neutrini spettrali al destino ultimo dell’universo.
Tutto sul bosone
Senza il bosone di Higgs, l’intero modello standard non funziona. Ma per parlare del bosone di Higgs, dobbiamo prima capire come il modello standard vede l’universo.
Nella nostra migliore concezione del mondo subatomico utilizzando il Modello standard, le cose che concepiamo come particelle non sono in realtà molto importanti. Invece, ci sono i campi. Questi campi permeano e assorbono tutto lo spazio e il tempo. C’è un campo per ogni tipo di particella. Quindi, c’è un campo per gli elettroni, un campo per i fotoni, e così via. Ciò che immaginiamo come particelle sono vibrazioni locali molto piccole nei loro campi specifici. E quando le particelle interagiscono (per esempio rimbalzando l’una sull’altra), sono le vibrazioni nei campi che stanno facendo una danza molto complicata.
Il bosone di Higgs ha un tipo speciale di campo. Come gli altri campi, permea tutto lo spazio e il tempo, e inoltre può interagire in vari modi con i campi di tutte le altre particelle. Il campo di Higgs ha due compiti molto importanti da svolgere che non possono essere svolti da nessun altro campo.
Il suo primo compito è parlare con i bosoni W e Z (attraverso i rispettivi campi), i portatori della forza debole nucleare. Parlando con questi bosoni, l’Higgs è in grado di dare loro massa e assicurarsi che rimangano separati dai fotoni, i portatori di forza elettromagnetica. Senza il bosone di Higgs che causa interferenze, tutti questi vettori sarebbero uniti e così le loro due forze.
L’altro lavoro del bosone di Higgs è parlare con altre particelle, come gli elettroni; attraverso queste conversazioni, anche a loro dà massa. Tutto funziona bene, perché non abbiamo altro modo di spiegare la massa di queste particelle.
Leggero e pesante
Tutto questo è stato risolto negli anni ’60 attraverso una serie di complicate ma sicuramente eleganti equazioni matematiche, purtroppo, però, c’è solo un piccolo intoppo alla teoria: non esiste un modo reale per prevedere la massa esatta del bosone di Higgs. In altre parole, quando vai alla ricerca della particella (che è la piccola vibrazione locale del campo molto più grande) in un collettore di particelle, non sai esattamente cosa troverai e dove.
Nel 2012, gli scienziati dell’LHC hanno annunciato la scoperta del bosone di Higgsdopo aver scoperto che alcune particelle che rappresentano il campo di Higgs erano state prodotte quando i protoni si erano distrutti scontrandosi l’uno con l’altro ad una velocità vicina a quella della luce. Queste particelle avevano una massa di 125 gigaelectronvolts (GeV), o circa l’equivalente di 125 protoni – quindi è un po’ pesante ma non così incredibilmente enorme.
A prima vista, tutto ciò suona bene. I fisici non avevano una previsione certa per la massa del bosone di Higgs, quindi poteva uscire qualunque risultato; è capitato di trovare la massa all’interno del range di energia dell’LHC. Hanno stappato lo spumante e hanno festeggiato.
A parte il fatto che ci sono alcuni mezzi pronostici sulla massa del bosone di Higgs basati sul modo con cui interagisce con un’altra particella, il top quark. Questi calcoli prevedono un numero superiore a 125 GeV. Certo, potrebbero essere sbagliate le previsioni, ma poi bisognerebbe riprendere in mano le equazioni e capire dove sta l’inghippo. Oppure la discrepanza tra le previsioni e la realtà di ciò che è stato trovato all’interno dell’LHC potrebbe significare che c’è di più nella storia del bosone di Higgs.
Il grande Higgs
Insomma, potrebbe esserci un’intera pletora di bosoni di Higgs troppo pesanti per poterli individuare con l’attuale generazione di collisori di particelle. (La faccenda dell’energia di massa risale alla famosa equazione di E = mc^2 di Einstein, che mostra che l’energia è massa e la massa è energia. Più alta è la massa di una particella, più energia ha e più energia ci vuole per creare quella pesante cosa.)
In effetti, alcune teorie speculative che spingono la nostra conoscenza della fisica oltre il Modello Standard predicono l’esistenza di questi bosoni pesanti di Higgs. La natura esatta di queste identità aggiuntive di Higgs dipende dalla teoria, naturalmente, che va da uno o due campi Higgs extra-pesanti a, persino, strutture composite con più tipi di bosoni di Higgs attaccati insieme.
I teorici stanno lavorando per trovare ogni modo possibile per testare queste teorie, poiché la maggior parte di esse sono semplicemente inaccessibili alla tecnologia attuale. In un recente articolo presentato al Journal of High Energy Physics e pubblicato online nella rivista di preprint arXiv, una squadra di fisici ha avanzato una proposta per individuare l’esistenza di più bosoni di Higgs, in base al modo particolare in cui le particelle potrebbero decadere in particelle più leggere, più facilmente riconoscibili, come elettroni, neutrini e fotoni. Tuttavia, questi decadimenti sono estremamente rari, quindi, sebbene in linea di principio potremmo trovarli con LHC, ci vorranno ancora molti anni di ricerca per raccogliere dati sufficienti.
Quando si tratta di Higgs, occorre sempre avere molta pazienza.
Un’importante scoperta che era incompatibile con le nostre attuali teorie sulla materia oscura e sulla formazione delle galassie potrebbe avere trovato una spiegazione.
Dopo una nuova analisi, gli astronomi hanno stabilito che la galassia NGC1052-DF2, individuata lo scorso anno come priva di materia oscura, è molto più vicina a noi di quanto stimato nei calcoli precedenti. Il che significa che probabilmente ha materia oscura. La materia oscura è un grande punto interrogativo sull’Universo. Non sappiamo cosa sia, e non possiamo rilevarla direttamente, ma sappiamo che c’è qualcosa che agisce con lo stesso effetto della massa nell’Universo.
Le stelle nelle galassie, ad esempio, si muovono più velocemente di quanto dovrebbero basandosi sulla massa che possiamo rilevare direttamente; una forza non rilevabile, che chiamiamo materia oscura, genera più gravità di quella che possiamo spiegare con la materia normale.
Si tratta di qualcosa di fondamentale per la nostra comprensione dell’Universo. Gli scienziati pensano che abbia aiutato stelle e galassie a formarsi dal brodo primordiale che esisteva subito dopo il Big Bang. E il nostro modello che spiega la formazione delle galassie dipende da questo.
“Per decenni abbiamo pensato che le galassie iniziassero la loro vita come macchie di materia oscura“, ha detto l’ astronomo Pieter van Dokkum, della Yale University, l’anno scorso. “Dopo succede tutto il resto: il gas cade negli aloni della materia oscura, si condensa a formare le stelle, queste aumentano lentamente, finché nasce una galassia come la Via Lattea. NGC1052-DF2 sfida le idee standard di come pensiamo che le galassie si formino“.
La materia oscura, quindi, sembra essere un ingrediente piuttosto critico e, in effetti, fino alla scoperta di NGC1052-DF2, ogni galassia sembrava averne almeno un po’. In effetti, la maggior parte delle galassie sembrano avere più materia oscura che materia normale.
Così un team internazionale di ricercatori guidati dall’Instituto de Astrofísica de Canarias (IAC) ha deciso di dare capirci di più ed è stato scoperto che tutte le misurazioni anomale nella ricerca precedente che indicavano l’assenza di materia oscura dipendevano dalla distanza dalla galassia, 64 milioni di anni luce di distanza.
Questo ha dato loro qualcosa su cui lavorare. Utilizzando cinque metodi separati, tra cui la fotometria dal telescopio spaziale Hubble e dall’Osservatorio Gemini, hanno ricalcolato la distanza da NGC1052-DF2. Ogni metodo ha ottenuto lo stesso risultato: NGC1052-DF2 è molto più vicino di 64 milioni di anni luce di distanza. Secondo i calcoli multipli della squadra, una distanza più accurata sarebbe di circa 42 milioni di anni luce.
Sulla base di questa nuova distanza, la massa della galassia è circa la metà di ciò che si pensava fosse in precedenza e la massa complessiva delle stelle è solo di circa un quarto di quanto suggerito dall’analisi precedente. Quindi, non solo la galassia stessa ha meno massa, ma la proporzione di materia normale all’interno di quella massa è minore. Ciò implica che il resto deve essere costituito da materia oscura.
La mancanza di materia oscura era stata precedentemente dedotta in base al movimento lento degli ammassi stellari all’interno della galassia. Con meno massa nella galassia nel complesso, questa velocità di movimento è in realtà abbastanza normale. “Con la distanza rivista“, hanno scritto i ricercatori nel loro articolo, “la galassia sembra essere una galassia di bassa luminosità superficiale piuttosto ordinaria con un sacco di spazio per la materia oscura.“
Ora, questa non è la fine della storia. Dobbiamo ancora vedere se un problema di numeri simili riguarda anche NGC1052-DF4, una galassia calcolata per essere a circa 63 milioni di anni luce di distanza, un’altra galassia che la squadra di van Dokkum ritiene essere senza materia oscura.
I ricercatori dietro questa ultima scoperta stanno già lavorando su di esso, e sembra che sia in arrivo un risultato abbastanza simile. Come il fisico Mireia Montes dell’Università del New South Wales, Australia, ha dichiarato “anche i loro risultati ci stanno dicendo che NGC1052-DF4 è più vicino a noi di quello che la [squadra di van Dokkum] aveva calcolato“.
Alla fine la scienza riesce a correggere sé stessa; la scienza al lavoro è una cosa meravigliosa.
La NASA ha assegnato 253,5 milioni di dollari, suddivisi tra tre compagnie, per sviluppare lander robotici che porteranno carichi scientifici e tecnologici sulla superficie lunare come imprese commerciali, un elemento chiave nel programma Artemis dell’agenzia per riportare gli astronauti sulla luna entro il 2024 .
I contratti, aggiudicati tramite il programma commercial Lunar Payload Services o CLPS della NASA, finanzieranno gli sbarchi in tre diverse località sulla Luna nel 2020 e nel 2021, fornendo payload scientifici e dimostrazioni tecnologiche del governo e del settore privato e funzionando come banchi di prova per la navigazione spaziale critica e i sistemi di propulsione.
Il programma CLPS ha l’autorità di assegnare fino a $ 2,6 miliardi di contratti in un periodo di 10 anni, e le missioni successive dovrebbero inviare altri landers verso il polo sud lunare, la stessa area che gli astronauti visiteranno nel 2024, per saperne di più sui depositi di ghiaccio nei crateri permanentemente in ombra che potrebbero un giorno fornire una fonte locale di aria, acqua e carburante.
“I fornitori CLPS stanno davvero aprendo la strada al nostro ritorno sulla luna come parte del programma Artemis, queste missioni apriranno la strada prima che sbarchiamo la prima donna e il prossimo uomo sulla superficie della luna nel 2024“, ha detto Steve Clarke , vice amministratore associato per l’esplorazione presso la sede della NASA.
“La NASA è uno dei tanti clienti“, ha detto delle aziende che forniranno i lander. “Stiamo acquistando un passaggio, in sostanza. Stiamo cercando questi fornitori per consegnare i nostri carichi utili in superficie, sono responsabili del lancio, del lander stesso, lo fanno atterrare e ci assicurano che possiamo azionare i nostri strumenti in superficie della Luna.”
Come parte del nuovo programma Artemis, l’agenzia sta cercando di avviare una cooperazione internazionale incoraggiando al contempo lo sviluppo del settore privato attraverso il programma CLPS. Una competizione iniziale per lo sviluppo di piccoli lander è stata annunciata a novembre 2018.
Nove società hanno sviluppato una varietà di concetti per consegnare rapidamente i carichi utili della NASA sulla Luna, e venerdì l’agenzia ha annunciato le tre proposte vincenti:
Astrobotic
Astrobotic di Pittsburgh ha vinto un contratto da $ 79,5 milioni per portare fino a 14 carichi utili della NASA per un totale di 200 chili sul Lacus Mortis, o Lago della morte, una pianura basaltica sul lato vicino della luna, nel luglio del 2021 a bordo del lander Peregrine della compagnia.
L’impressione di un artista del lander Peregrine di Astrobotic sulla superficie lunare. – ASTROBOTIC
Altri 14 payload dagli Stati Uniti e da altri sette paesi hanno prenotato una corsa, tra cui uno chiamato DHL MoonBox che permetterà ai clienti di inviare piccoli ricordi sulla luna dove rimarranno “per i secoli a venire“, secondo il sito web della compagnia. I prezzi partono da $ 450 per una capsula da 0,15 pollici di spessore di mezzo pollice.
Il lander Peregrine è dotato di avionica avanzata, resistente alle radiazioni, sistemi per evitare autonomamente eventuali ostacoli durante il volo e più ripiani e piattaforme di montaggio per l’attacco del carico utile, compresi piccoli rover che possono essere calati sulla superficie dopo l’atterraggio.
“Questa è una nuova era per la Luna“, ha detto John Thornton, CEO di Astrobotic. “Sono passati quasi 50 anni da quando ci siamo andati come nazione, ora ci torneremo, avremo un regolare accesso di routine alla luna in modi che non avevamo mai sperimentato prima. Questa è un’era completamente nuova, un tempo incredibilmente eccitante. ”
Intuitive Macchine
Intuitive Machines diHouston riceverà 77 milioni di dollari per sviluppare un lander che atterrerà nel luglio 2021, trasportando fino a cinque payload a Oceanus Procellarum, o Oceano delle Tempeste, e sarà lanciato con un razzo Falcon 9 di SpaceX.
Lander lunare Nova-C della Intuitive Machine.
Il lander Nova-C a energia solare dell’azienda è dotato di un avanzato sistema di propulsione a ossigeno-metano liquido, in grado di trasportare 100 chili di carico utile sulla superficie lunare e fornire almeno 200 watt di potenza dopo il touchdown.
“Penso che stiamo avviando una nuova era, un nuovo ecosistema per le aziende commerciali per esplorare realmente lo spazio“, ha detto Kam Ghaffarian, presidente esecutivo di Intuitive Machines, in merito ai premi per gli appalti e al programma Artemis. “Credo davvero che l’esplorazione spaziale commerciale in generale, sia che si tratti di bassa orbita terrestre o di una più profonda esplorazione dello spazio sia solo all’inizio, sarà un viaggio davvero emozionante“.
Orbit Beyond
Orbit Beyond di Edison, nel New Jersey, ha vinto un contratto da 97 milioni di dollari per sbarcare fino a quattro carichi utili nel Mare Imbrium, il Mare delle Piogge, entro settembre 2020 lanciato nello spazio da un Falcon 9 come carico utile secondario.
Il lander Z-01 progettato da Orbit Beyond.
Il lander Z-01 di Orbit Beyond può trasportare circa 40 chili di carico utile in superficie, fornire 50 watt di potenza e atterrare entro mezzo miglio dal bersaglio su pendenze fino a 18 gradi.
“Il mercato lunare crescerà esponenzialmente nei prossimi 10 anni e con (costi inferiori) ci saranno molti investimenti per la creazione di infrastrutture nello spazio, per creare nuovi mercati che utilizzano risorse spaziali“, ha detto Siba Padhi, presidente e CEO di Orbit Beyond. “La visione di Orbit Beyond è quella di essere un attore chiave nell’ecosistema nello spazio“.
Mentre le missioni relativamente a basso costo mancheranno degli strati multipli di sistemi do sicurezza ridondanti tipici delle missioni planetarie della NASA, Clarke ha dichiarato: “Ho molta fiducia in queste tre società“.
“Queste tre società hanno mostrato quelli che definirei piani tecnici credibili, ben pensati, con tempi e costi proporzionati ai loro piani, e hanno identificato i rischi lungo il percorso“, ha affermato. Mentre ci si possono aspettare sfide e battute d’arresto, “non ho dubbi che vedremo atterraggi di successo sulla luna entro i prossimi due anni“.
Come previsto, Apple ha annunciato iOS 13 sul palco del WWDC 2019, dando una prima occhiata agli ultimi software dell’azienda per l’iPhone. Secondo Craig Federighi, vicepresidente senior del software engineering di Apple, iOS 13 sarà la “prossima grande release per iOS” e offrirà una varietà di miglioramenti al sistema operativo.
Il principale tra questi è una nuova (e tanto attesa) modalità oscura, miglioramenti alle prestazioni e diverse modifiche.
PRESTAZIONI MIGLIORATE
Come per l’aggiornamento iOS 12 dello scorso anno, Apple sta dando grande enfasi ai miglioramenti delle prestazioni, in particolare per i dispositivi meno recenti. Si spera che l’azienda abbia imparato la lezione delle versioni precedenti che provocavano rallentamenti negli smartphone, ma per saperlo dovremo aspettare che iOS 13 entri nel mondo prima di sapere con certezza se Apple avrà fatto di nuovo centro.
Apple promette che funzioni come Face ID si sbloccheranno il 30% più velocemente e che le app verranno lanciate due volte più velocemente con iOS 13.
MODALITÀ OSCURA
Probabilmente si tratta del singolo cambiamento più atteso e del più grande aggiornamento visivo realizzato da Apple su iOS da quando ha introdotto l’attuale design del software in iOS 7, iOS 13 offre finalmente una modalità oscura reale, a livello di sistema.
Sono supportate tutte le app di prima generazione di Apple e anche le notifiche e il dock ricevono nuovi toni scuri.
NUOVA TASTIERA A SFIORAMENTO
Apple ha offerto supporto per le tastiere di terze parti su iOS per anni, ha ora aggiornato la propria tastiera predefinita con una nuova funzione: una funzione di scorrimento che dovrebbe essere familiare a chiunque abbia usato SwiftKey, Swype o Gboard nel corso degli anni, un “Percorso rapido” per la chiamata della tastiera standard di Apple. Non è un aggiornamento enorme, ma è bello vedere che Apple sta finalmente aggiornando queste funzioni obsolete.
PROMEMORIA
Su iOS13, Apple sta rifacendo completamente l’app Promemoria, da tempo in attesa di aggiornamento, aggiungendo nuove opzioni di filtro quali “Oggi“, “Pianificato“, “Contrassegnato” e “Tutto” per l’ordinamento delle attività, oltre a un aspetto completamente nuovo. Apple sta anche spingendo una forte integrazione dell’AI – puoi scrivere un appunto e Promemoria ti suggerirà automaticamente quando vuoi che ti venga ricordato, e sarai in grado di taggare i contatti e di memorizzare quando apri il loro thread in Messaggi.
Inoltre, è stata eliminata la strana trama, simile a carta, che è stata la colonna portante del vecchio design skeuomorphic di iOS dalla versione originale di iOS.
AGGIORNAMENTI SU APPLE MAIL, NOTES E SAFARI
Apple ha anche modificato alcune delle sue applicazioni principali su iOS 13. Apple Mail è impostato per ottenere un nuovo layout del desktop. Safari avrà le preferenze per sito web e Notes una nuova vista galleria per esaminare tutte le note contemporaneamente.
MAPPE DI APPLE
Apple sta rifacendo completamente Apple Maps nell’iOS 13. La società afferma che è stata ricostruita l’app da zero, con dati cartografici più completi e una nuova modalità che è… fondamentalmente solo Google Street View. La nuova mappa sarà inizialmente disponibile solo in città e stati selezionati e verrà implementata negli Stati Uniti entro la fine del 2019 e nel resto del mondo nel 2020.
VITA PRIVATA
Come annunciato in precedenza da Apple, la privacy ha una parte importante in questa release: ora puoi scegliere di fornire i dati della tua posizione a un’app “solo una volta“, impedendole di essere costantemente in grado di eseguire il ping della tua posizione quando la stai utilizzando .
Apple sta inoltre lanciando una nuova funzionalità “Accedi con Apple“, che renderà disponibile agli sviluppatori l’accesso a app e servizi. Gli utenti potranno accedere a Face ID e creare un nuovo account per un servizio “senza rivelare alcuna informazione personale“.
Gli account Apple saranno inoltre in grado di creare automaticamente nuovi indirizzi e-mail privati su base per-app che invieranno alla tua vera e-mail, impedendo alle app di accedere alla tua posta o di inviarti spam.
IMESSAGE IMMAGINI DEL PROFILO
iOS riceve le immagini del profilo in stile WhatsApp e Facebook Messenger e visualizza i nomi che consentono agli utenti di condividere il proprio nome e le proprie foto con altri utenti per i messaggi: in altre parole, Apple renderà il telefono simile alle demo dei prodotti in cui tutti i contatti hanno nomi propri e immagini.
E, naturalmente, sarai in grado di utilizzare il tuo Memoji anche come immagine del profilo. A tal fine, Apple aggiunge molte più opzioni per la personalizzazione di Memoji, oltre ad aggiungere la possibilità di usare i tuoi Memoji come adesivi iMessage, in modo simile a come fa Bitmoji. Questi pacchetti adesivi saranno utilizzabili anche come emoji personalizzate in app come Mail e persino app di terze parti come WeChat.
NUOVI STRUMENTI PER LA MODIFICA DI FOTO E VIDEO
Apple aggiunge una nuova interfaccia di editing a iOS per le foto e, per la prima volta, i video. Sarai in grado di modificare brillantezza, luci, ombre, contrasto, saturazione, bilanciamento del bianco, nitidezza, definizione, vignettatura e riduzione del rumore sui tuoi contenuti. E per i video in particolare, potrai finalmente ruotarli direttamente sul dispositivo.
L’app Foto avrà una nuova interfaccia utente, che utilizzerà l’apprendimento automatico per rimuovere duplicati.
FUNZIONE TROVA
Le vecchie app Trova i miei amici e Trova il mio iPhonevengono unite in un’unica app, chiamata semplicemente “Trova il mio“. La nuova app mette tutto il tracciamento di Apple in un unico posto, consentendo di rintracciare sia i dispositivi mancanti che gli amici e i familiari. allo stesso tempo. La nuova app può anche individuare i dispositivi non in linea, inviando un segnale Bluetooth sicuro ad altri dispositivi Apple, affidandolo a Apple e infine a te. (Il tutto è crittografato end-to-end e non dovrebbe influire sull’uso dei dati, sulla durata della batteria o sulla privacy.)
ARCHIVIAZIONE ESTERNA
Infine, iOS sarà in grado di estrarre file da schede SD e unità flash USB per importare nell’app File.
iOS 13 sarà disponibile per i dispositivi iPhone (a partire da iPhone 6S, ovvero gli utenti di iPhone 5S e iPhone 6 rimarranno indietro). Un’anteprima verrà pubblicata oggi dopo il keynote, con un programma beta pubblico a fine mese.
Un tempo, castori giganti grandi come orsi bruni vagavano per i laghi e in zone umide del Nord America. Fortunatamente per i proprietari di case di questi luoghi, i mega-roditori si estinsero alla fine dell’ultima era glaciale. Il castoro gigante era una specie largamente diffusa, di cui gli scienziati hanno trovato i resti fossili in Florida in Alaska e nello Yukon.
Il castoro gigante era una versione super dimensionata del castoro moderno, poteva raggiungere i 100 chilogrammi di peso ma aveva due sostanziali differenze. Invece della tipica coda piatta che vediamo sui moderni castori, presentava una coda lunga e magra simile a quella del topo muschiato. Anche i denti erano diversi, i castori moderni sono dotati di incisivi o denti anteriori affilati e simili a scalpelli, a differenza del castoro gigante che aveva denti voluminosi curvi e poco taglienti.
La specie si è improvvisamente estinta circa 10.000 anni fa. La scomparsa del castoro gigante coincide con quella di molti altri animali di grandi dimensioni dell’era glaciale, tra cui l’iconico mammut lanoso. Ma fino ad ora gli scienziati non sapevano con sicurezza il motivo dell’estinzione del roditore gigante.
L’immagine presenta un confronto tra il castoro moderno, Justin Bieber e il castoro gigante, tutti fanno parte della storia del Canada. Illustrazione di Scott Woods / Western University
Per spiegare il motivo dell’estinzione del castoro gigante bisogna scoprire come viveva e di cosa si nutriva. Alcune domande che si sono posti gli scienziati sono state: avrà finito il cibo? Avrà fatto troppo freddo o troppo caldo per sopravvivere? Alcuni studi hanno dimostrato che questo gigantesco castoro prosperava in un’epoca in cui il clima era più caldo e più umido. Hanno anche notato che i fossili di questo animale sono stati rinvenuti più comunemente nei sedimenti provenienti da antiche zone umide. Ma nessuno sapeva se questo roditoregigante avesse le stesse abitudini del castoro moderno. Ad esempio, tagliava gli alberi o si nutriva di cose completamente diverse?
Cranio di castoro gigante. Foto scattata al Museo di Storia Naturale della Florida
Da un punto di vista chimico sei quello che mangi! Il cibo che un animale consuma contiene delle firme chimiche chiamate isotopi stabili, che rimangono all’interno dei tessuti del corpo come ad esempio nelle ossa. Queste firme isotopiche rimangono stabili nel tempo per decine di migliaia di anni e forniscono una finestra sul passato. Nessun altro studio aveva mai utilizzato gli isotopi stabili per capire che dieta avesse il castoro gigante.
Gli scienziati hanno studiato le ossa fossili dei castori giganti che vivevano nello Yukon e nell’Ohio, del periodo che va dai 50.000 ai 10.000 anni fa, esaminando le segnature degli isotopi stabili negli antichi tessuti ossei. Le firme isotopiche provenienti dalle piante legnose sono diverse da quelle associate alle piante acquatiche. Il risultato più interessante è stato scoprire che il roditore gigante non tagliava o mangiava alberi, bensì mangiava piante acquatiche.
Insomma, il castoro gigante non era un “ingegnere dell’ecosistema” come il moderno castoro. Da questa scoperta si intuisce infatti che non tagliava alberi per il cibo o per costruire dighe giganti e casette nei paesaggi dell’era glaciale. Questo roditore gigante aveva una dieta composta da piante acquatiche, cosa che l’ha legato fortemente ad un’habitat di zone umide in cui viveva, sia per il cibo che per il riparo dai predatori, rendendolo purtroppo vulnerabile ai cambiamenti climatici.
Clima caldo e secco
Verso la fine dell’ultima era glaciale, circa 10.000 anni fa, il clima cominciò a diventare sempre più caldo e secco provocando il prosciugamento di molte zone umide, habitat naturale dei roditori giganti. Sebbene i castori moderni e il castoro gigante coesistessero ormai da decine di migliaia di anni, solo una specie riuscì a sopravvivere. Probabilmente la possibilità di costruire dighe e logge potrebbe aver dato al castoro moderno un vantaggio competitivo sul suo enorme parente. Con i suoi denti affilati il castoro moderno poteva modificare dove serviva il paesaggio per crearsi un habitat adatto nelle zone umide, a differenza del castoro gigante che non era in grado di farlo.
Uno scheletro di castoro gigante. Foto gentilmente concessa da Tessa Plint
Queste scoperte fanno parte di un “puzzle” che gruppi di ricerca stanno studiando da diversi decenni. Tutti vorremmo sapere cosa ha causato l’evento globale di estinzione della megafauna che si è verificato alla fine dell’ultima era glaciale e perché così tante specie di animali di grossa taglia come i mammut lanosi, i mastodonti e i bradipi giganti sono scomparsi dal nostro pianeta più o meno contemporaneamente.
Tessa Plint è ricercatrice presso la Heriot-Watt University. Questo articolo è stato originariamente pubblicato su The Conversation. Leggi l’ articolo originale .
Quest’estate, il 20 luglio, celebreremo il cinquantennale del primo sbarco sulla Luna, e capiterà proprio mentre la corsa alla spazio in generale, e alla Luna in particolare, sta vivendo l’inizio di una nuova competizione tra nazioni forse più serrata della precedente tra USA ed URSS degli anni ’60 del secolo scorso.
La corsa alla Luna negli anni ’60 fu una straordinaria conquista della tecnologia, dell’ingegneria e della politica, indubbiamente una delle più grandi conquiste della storia umana. Le ricadute di quella corsa alla Luna hanno cambiato il mondo in cui viviamo oggi, anche se non ha inaugurato un’epoca di viaggi spaziali di routine.
La corsa allo spazio questa volta mira a fare proprio questo, a gettare le infrastrutture per la vita nello spazio e per un’economia a gravità zero con la prospettiva di una vera e propria rivoluzione tecnologica alle porte. In molti modi, è più grande, più serrata e più importante della prima corsa nello spazio.
Tra le superpotenze mondiali, c’è un rinnovato interesse per lo spazio come terreno di gioco per la geopolitica. A gennaio, l’ambizioso programma spaziale del governo cinese ha portato una missione automatica, composta da una lander ed un rover, a scendere sul lato opposto della Luna, un’impresa senza precedenti. A marzo, il vicepresidente Mike Pence ha tenuto un discorso che annunciava la determinazione degli Stati Uniti a riportare gli astronauti sulla Luna entro il 2024, dando alla NASA cinque anni per fare una seconda volta quello che in passato aveva fatto in otto. Nove mesi prima, l’amministrazione Trump aveva dichiarato l’intenzione di creare un sesto ramo dell’esercito, la Space Force, un fatto senza precedenti. Nel frattempo, l’India, che presto diventerà la quinta economia mondiale, si sta preparando a sua volta ad inviare una missione automatica sulla Luna e la Russia ha annunciato di voler creare una base sul nostro satellite naturale entro il 2030.
Ancora più avvincente è la competizione tra le aziende private che cercano di creare un trasporto spaziale moderno a un decimo dei costi di lancio che ci sono stati finora. In questo settore i competitors più importanti sono Blue Origin di Jeff Bezos e SpaceX di Elon Musk, che stanno entrambe creando missili che somigliano più ad un aereo passeggeri che ad un sistema Apollo+Saturn V, ed entrambe hanno già sviluppato sistemi di lancio riutilizzabili anche molte volte e per questo stanno ottenendo contratti dalla NASA e da molte agenzie nazionali e compagnie private perché i loro missili funzionano e sono relativamente economici.
Solo poche settimane fa, Bezos ha svelato il progetto del lander lunare di Blue Origin e ha illustrato la sua visione utopica fatta di colonie spaziali in grado di ospitare fino a un trilione di persone. Intanto SpaceX sta sviluppando una vera e propria astronave che nelle intenzioni di Elon Musk dovrà portare l’uomo sulla Luna, su Marte e oltre, con viaggi di andata e ritorno.
Se Bezos e Musk riusciranno ad imprimere una svolta al calo dei costi dei viaggi spaziali e alla frequenza dei lanci scateneranno un’economia a gravità zero simile alla rivoluzione economica provocata da internet ad alta velocità associato agli smartphone che hanno portato ad un’economia mobile che non avremmo mai immaginato in precedenza.
Mentre ci avviciniamo all’anniversario del primo sbarco sulla Luna, ciò che è notevole è quanto ci siamo dimenticati di quello sforzo. Come cultura collettiva, sappiamo che nel 1961 il presidente John F. Kennedy annunciò l’audace obiettivo di raggiungere la Luna entro la fine del decennio, e sappiamo che Neil Armstrong fu il primo essere umano a mettere piede sulla superficie lunare nel luglio 1969.
Ciò che abbiamo perso è tutto ciò che ci fu in mezzo, i dettagli affascinanti di quella grandiosa impresa, costituiti dal lavoro di oltre 400 mila persone e 20 mila aziende che ci portarono dal sogno alla realtà. E pensare che ai tempi del discorso di Kennedy sapevamo così poco dello spazio che non sapevamo per certo nemmeno se il nostro cervello avrebbe funzionato regolarmente nello spazio.
Non abbiamo avuto i Jetson, come alcuni hanno sognato, ma gli otto anni trascorsi tra la sfida del presidente Kennedy e l’effettivo atterraggio sulla Luna hanno prodotto un inedito sbocciare di innovazione, creatività, attenzione pubblica (e poi disattenzione pubblica), gestione innovativa, intensità, suspense, scoperte e politica. Pensiamo che siamo andati sulla Luna e tutto quello che abbiamo ottenuto è stato il Velcro, perché abbiamo perso la prospettiva di come il progetto Apollo ha gettato le basi per l’era digitale in cui ora viviamo e lavoriamo.
In questo momento troppa gente è incapace di sognare come negli anni ’60, e non importa se il sogno sta viaggiando nel sistema solare o prevenendo gli effetti calamitosi del cambiamento climatico. Comprendere in che modo la NASAci ha portati sulla Luna cinquanta anni fa è importante e stimolante. Non importa cosa dicono o pensano i negazionisti, alla fine le loro ragioni suonano un po’ come quelle dei terrapiattisti, ad un esame razionale appaiono insensate e pretestuose, sono state date talmente tante spiegazioni e chiarimenti, sono stati forniti documenti e, addirittura, pietre lunari originali, per dare risposta ai dubbiosi che non vale più la pena di continuare a dare loro peso, la maggior parte di loro non sono ragionevoli e fanno parte di quelle correnti cospirazioniste figlie dell’ignoranza e della malafede. Come se si potesse indurre quasi mezzo milione di persone a mantenere un segreto del genere per cinquanta anni senza che nulla trapeli.
Gli sbarchi lunari del programma Apollo furono un’impresa straordinaria che fu il frutto del lavoro di moltissima gente comune e di alcuni uomini straordinari. Ora serve esattamente quel tipo di sforzo per affrontare alcuni dei problemi che affrontiamo oggi, dalla disuguaglianza economica ai cambiamenti climatici. La corsa alla Luna può mostrarci ancora la via.
Usiamo ancora la frase “Se siamo stati capaci di mettere un uomo sulla luna…” come sprone per affrontare i nostri problemi legati alla Terra. La frase può avere l’aria di un cliché, ma cattura quel senso di smisurata ambizione insita nel perseguire ciò che una volta era ritenuto impossibile. C’è una ragione, dopo tutto, se gli americani chiamano idee come queste moonshot.
Secondo il sito The Verge, 12 compagnie aerospaziali commerciali hanno proposto alla NASA idee su come creare una “economia commerciale praticabile” nell’orbita terrestre bassa. Idealmente, tra qualche anno, l’agenzia spaziale potrebbe trasferire sulla realizzazione di una o più di queste proposte una buona parte del budget attualmente destinato alla Stazione spaziale internazionale.
Tutte le idee proposte sono disponibili al pubblico sul sito web della NASA. Ecco le aziende coinvolte e quali sono le loro idee:
Axiom Space: una nuova piattaforma spaziale commerciale che sostituisca l’ISS in orbita e fornisca uno spazio abitativo sostenibile entro il 2023.
Blue Origin: una stazione spaziale che potrebbe essere utilizzata per ricercare e analizzare potenziali mercati in bassa orbita terrestre.
Boeing: Proseguire la missione dell’ISS, accrescendola di dimensioni e funzionalità in base alla domanda del mercato.
Deloitte: La Stazione Spaziale Internazionale potrebbe essere mantenuta in orbita bassa ed utilizzata per ulteriori ricerche sul volo spaziale umano, ma sfruttata anche per il turismo spaziale e per processi produttivi in microgravità.
KBRWyle: lo spazio inutilizzato sulla ISS potrebbe essere affittato ad altri per scopi di ricerca e passaggi di transizione verso altre stazioni.
Lockheed Martin: Trasformazione della ISS in una piattaforma commerciale a basso costo che funzioni da laboratorio di ricerca e come punto di partenza per le aziende per il passaggio verso un’economia di bassa orbita terrestre.
McKinsey & Company: la NASA dovrebbe sviluppare “leve” che incoraggino il volo spaziale a basso costo e l’applicazione industriale.
NanoRacks: I gusci dei missili potrebbero essere trasformati in avamposti multipli e usati per realizzare “ecosistemi di prova”.
Northrop Grumman: moduli spaziali a volo libero forniranno supporto all’ISS e serviranno da base per una futura piattaforma commerciale.
Sierra Nevada Corporation: le navette spaziali Dream Chaser potrebbero essere utilizzate per trasportare persone e merci verso una nuova stazione spaziale situata nella bassa orbita terrestre che servirà da centro economico.
Space Adventures: una nuova stazione spaziale privata potrebbe essere assemblata collegata alla ISS prima di diventare una piattaforma indipendente entro il 2028.
Maxar Technologies: dopo il finanziamento iniziale del governo, uno shuttle spaziale modulare potrebbe essere utilizzato come piattaforma multiuso commerciale e privata.
Un’industria spaziale commercialmente redditizia potrebbe favorire l’aumento del numero di piattaforme abitabili in orbita attorno alla Terra. I profitti di queste attività potrebbero derivare da ricerca e sviluppo di nuovi mercati commerciali, come, ad esempio, la videografia, i viaggi, gli eventi sportivi e il marketing.
The Verge rileva inoltre che, indipendentemente dai piani futuri, la NASA potrebbe utilizzare queste strutture, magari pagando un affitto per l’accesso ad una stazione spaziale commerciale. Ormai è chiaro che il futuro per l’agenzia spaziale e la ISS è nello spazio. Insomma, la fine della missione della ISS dovrebbe avvenire nel 2024 ma il suo destino, forse, non sarà una lenta deorbitazione controllata e la disintegrazione in atmosfera. La IIS potrebbe passare sotto la gestione dei privati ed essere utilizzata come trampolino di lancio per future nuove attività in orbita ed oltre.
Ricordate che in “2001: odissea nello spazio” una navetta spaziale fa tappa in una stazione spaziale per trasbordare i passeggeri su uno shuttle che effettuerà la parte finale del percorso verso la Luna? Bene, la ISS ed altre stazioni spaziali simili potrebbero diventare in futuro proprio degli hub di scambio da e verso la Luna, magari anche verso la futura stazione Lunar Gateway, o altre del genere, da dove ci si potrebbe, un giorno, imbarcare per Marte, Venere o altre destinazioni nel sistema solare.
I dispositivi indossabili che creano e raccolgono energia dal movimento non sono una invenzione nuova, ma la Rice University è riuscita a sviluppare un materiale che li rende più funzionali.
Nel laboratorio di risonanza del chimico James Tour è stato modificato il grafeneindotto con il laser (LIG), convertendolo in piccoli dispositivi privi di metallo che generano elettricità. Un po’ come quando sfreghiamo una bacchetta di plastica su un maglione di lana, questo materiale composito, il LIG, messo a contatto con altre superfici produce elettricità statica, che può essere utilizzata per alimentare dispositivi di vario tipo. Grazie all’effetto triboelettrico questi materiali generano una carica di elettricità attraverso lo sfregamento, dopodiché vengono assemblati e poi separati. Grazie a questo sistema sviluppano un accumulo di cariche di superficie che possono essere canalizzate verso la produzione di energia.
I ricercatori durante gli esperimenti hanno collegato una striscia piegata di LIG a una serie di diodi a emissioni di luce, o led, e hanno scoperto che toccando la striscia si produceva energia sufficiente a farli lampeggiare. Un pezzo più grande di LIG, incorporato meccanismo apposito, consente a chi lo indossa di generare energia ad ogni passo e attraverso il ripetuto contatto del grafene composito con la pelle di produrre una quantità di corrente in grado di caricare un piccolo condensatore.
“Questo potrebbe essere un modo per ricaricare piccoli dispositivi, semplicemente usando l’energia che scaturisce dall’attività di deambulazione dai talloni o dai movimenti del braccio che oscilla contro il busto”, ha dichiarato Tour.
Il ricercatore della Rice University, Michael Stanford, tiene nelle mani un flip-flop con un nano generatore triboelettrico basato sull’utilizzo del grafene indotto da laser. Camminando con il flip-flop attaccato al tallone si genera elettricità grazie ai ripetuti contatti tra il generatore e la pelle di chi lo indossa. Stanford è riuscito a cablare il dispositivo per immagazzinare energia nel condensatore. Credito: Jeff Fitlow / Rice University
Il LIG è, in sostanza, una schiuma di grafene che si crea quando determinati prodotti chimici vengono riscaldati sulla superficie di un polimero o altro materiale con un laser, fatto ciò vengono rilasciate solo scaglie interconnesse di carbonio bidimensionale. Il laboratorio ha dapprima realizzato il LIG sulla poliimmide comune, poi successivamente ha esteso la tecnica a piante, cibo, carta trattata e legno.
Il laboratorio ha trasformato il poliimmide, il sughero e altri materiali in elettrodi di LIG per verificare la produzione di energia e la resistenza all’usura. Sono riusciti ha ottenere i migliori risultati dai materiali alle estremità opposte della serie triboelettrica, che quantifica la loro capacità di generare carica statica mediante l’elettrificazione a contatto.
Il LIG con poliimmide tribonegativa nella configurazione pieghevole è stato spruzzato con un rivestimento protettivo in poliuretano, che è servito anche come materiale tribopositivo. Quando gli elettrodi vengono a contatto, gli elettroni vengono trasferiti alla poliimmide dal poliuretano. Il contatto e la successiva separazione guidavano le cariche, che possono essere immagazzinate attraverso un circuito esterno usato per riequilibrare la carica statica accumulata. La LIG pieghevole e riuscita a generare circa 1 chilovolt di energia ed a rimanere stabile dopo 5.000 cicli di piegatura.
La migliore configurazione risultata dagli esperimenti e stata quella con gli elettrodi del composito polliimide-LIG e alluminio, che ha prodotto tensioni superiori ai 3,5 kilovolt e una potenza massima sviluppata di oltre 8 milliwatt.
“Il nanogeneratore incorporato in una flip-flop è stato in grado di immagazzinare una quantità di energia elettrica pari a 0,22 millijoule su un condensatore dopo aver effettuato una camminata di un chilometro”, ha affermato il ricercatore post dottorato Rice Michael Stanford, autore principale dell’articolo. “Questa quantità di energia accuumulata è in grado di alimentare i sensori indossabili e oggetti elettronici grazie ai movimenti umani.”