venerdì, Novembre 15, 2024
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Un ragazzo di 16 anni, vaccinato è stato ricoverato per pertosse a Rovigo. Il vaccino ha fallito? No, vediamo cosa è successo

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In alcuni articoli comparsi ieri sulla stampa nazionale viene data notizia di un ragazzo di 16 anni di Rovigo ricoverato in ospedale per pertosse, infezione presa nonostante il giovane fosse stato vaccinato. La notizia viene presentata con i titoli ammiccanti che piacciono ai no-vax, in un evidente tentativo di attirare click e visualizzazioni. Le informazioni fornite all’interno dell’articolo, al di là della cronaca, sono sostanzialmente esatte ma è il titolo dell’articolo a creare allarme.

La pertosse è una malattia infettiva di origine batterica molto contagiosa, causata dal batterio Bordetella pertussis. La pertosse è considerata, in linea generale, una malattia infantile, allo stesso modo di la rosolia, morbillo, varicella e parotite, infatti colpisce, come le altre malattie indicate, prevalentemente bambini sotto i 5 anni ma può accadere, saltuariamente, che infetti anche adulti in cui, fortunatamente, è più facilmente affrontabile.

Si tratta di una malattia che, per quanto ne sappiamo, si trasmette unicamente da essere umano ad essere umano. Si cura con un trattamento a base di antibiotici e la guarigione avviene in una quindicina di giorni. Per questa particolare malattia, l’immunità conferita dal primo vaccino non è definitiva, ma declina col tempo.

La pertosse è presente in tutto il mondo, ma da diversi anni è diventata assai rara, particolarmente in quei Paesi in cui è stata introdotta la vaccinazione generalizzata nell’infanzia. Oggi il 90% dei casi di pertosse si registrano proprio nelle popolazioni in cui non viene effettuata la vaccinazione, e in questi casi la pertosse può portare a una mortalità elevata nei bambini. Nelle popolazioni vaccinate si è osservato un ritorno della pertosse a causa della perdita progressiva di immunità e, in effetti, quando è stato introdotto il vaccino 30 anni fa non venivano utilizzate le dosi di richiamo.

In Italia la pertosse viene obbligatoriamente notificata alle autorità sanitarie.

Sintomi, diagnosi e complicazioni

Il batterio della pertosse provoca infezioni alle vie respiratorie che possono non presentare sintomi ma essere estremamente gravi, specie quando il paziente è un neonato. La pertosse si caratterizza per una tosse persistente (per più di tre settimane). L’esordio della malattia si manifesta con una tosse lieve, accompagnata da qualche linea di febbre e copiose secrezioni nasali: è la fase catarrale, che dura da 1 a 2 settimane. Progressivamente la tosse diventa parossistica e si associa a difficoltà respiratorie: è la fase convulsiva o parossistica, che può durare più di 2 mesi in assenza di trattamento. I parossismi, possono provocare episodi di apnea, cianosi e vomito.

Nei bambini piccoli, le complicazioni più gravi sono costituite dalle sovrainfezioni batteriche, che possono portare a otiti, polmonite, bronchiti o addirittura affezioni neurologiche (crisi convulsive, encefaliti). I colpi di tosse possono anche provocare delle emorragie sottocongiuntivali e nel naso. Nel neonato e nei bambini al di sotto di 1 anno, la pertosse può essere molto grave, addirittura mortale.

La conferma della diagnosi si ha principalmente isolando il batterio responsabile, a partire da un’aspirazione nasofaringea.

L’incubazione della malattia dura circa 10 giorni. La pertosse è molto contagiosa, soprattutto durante la fase iniziale, prima dell’insorgenza della tosse parossistica. Dopo tre settimane dall’inizio della fase parossistica, nei pazienti non trattati, la possibilità che possano ancora essere contagiosi si considera trascurabile. Invece nei pazienti trattati con antibiotici, il periodo di infettività è ridotto a circa 5 giorni dall’inizio della terapia.

Il contagio avviene per via aerea, probabilmente attraverso goccioline di saliva diffuse nell’aria quando il malato tossisce. La terapia si pratica con antibiotici, spesso l’eritromicina. Se viene preso prima della fase parossistica, l’antibiotico abbrevia il tempo di contagiosità e la durata della malattia, ma i sintomi non sempre vengono ridotti. Per alleviare i sintomi, vengono prescritti anche antitussivi, sedativi, antispasmodici.

Vaccinazione

Il vaccino si basa su batteri interi inattivati dal calore. È spesso associato con il vaccino antidifterico e antitetanico (Dtp).
In Italia la vaccinazione è obbligatoria. Viene somministrata nei bambini a partire dal compimento dell’ottava settimana di vita. A causa della perdita di immunità nel tempo, sono necessari più richiami: la prima dose, la seconda e la terza vengono fatte a 6-8 settimane di distanza, a cui si aggiunge un’ultima dose di richiamo verso i 2 anni.
Questo vaccino è molto efficace, ma la sua tolleranza non è sempre buona. Per questo sono stati messi a punto dei vaccini acellulari, in cui non compare il batterio intero, ma solo qualche proteina batterica, capace comunque di attivare il sistema immunitario. I vaccini acellulari, efficaci e meglio tollerati nei neonati, vengono consigliati per le dosi primarie e le dosi di rinforzo.

Insomma, è vero che il ragazzo di 16 anni di Rovigo che si è ammalato di pertosse ed è stato ricoverato in malattie infettive, era stato vaccinato ma, purtroppo, dopo quattordici anni dall’ultimo richiamo, l’effetto immunizzante del vaccino è ormai venuto meno, quindi è scorretto sostenere che ha preso la malattia nonostante la vaccinazione.

Fonte: Istituto Superiore di Sanità

Tornati regolari i contatti con Hayabusa2, la JAXA non comunica nessuna notiza degli hoppers. – articolo in aggiornamento

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08.45: La Jaxa ha comunicato in tweet che i contatti con la sonda Hayabus2 sono tornati regolari. La sonda ha ripreso la sua quota normale sopra l’asteroide e che l’operazione del distacco dei roverini si è conclusa. Nessuna dichiarazione o immagine relativa allo stato dei due rover.

22/09/2018 – 01.15: i due piccoli hopprs sembrano aver raggiunto l’obbiettivo ma non è ancora chiaro se sono sani e salvi in ​​superficie.

I minirobot MINERVA-II1A e MINERVA-II1B si sono  separati dalla loro nave madre, la sonda giapponese Hayabusa2, come previsto alle 12:06 am EDT (0406 GMT) oggi (21 settembre) e si sono diretti verso l’asteroide Ryugu.

Il team di Hayabusa2 ha confermato lo spiegamento dei rover e ha stabilito una comunicazione con loro poco dopo. Il collegamento, però, è stato perso da diverse ore.

La comunicazione con i due roverini MINERVA-II1 è attualmente interrotta, probabilmente a causa della rotazione di Ryugu e sonda e hoppers stanno sul lato oppostod ell’ateroide. Stiamo attualmente lavorando per confermare se ci sono immagini che confermino l’atterraggio dei MINERVA-II1 “, ha twittate il team di Hayabusa2.

23.20: Ancora nessun aggiornamento dal centro di controllo. La sonda ha regolarmente rilasciato i due Hoppers ma non ci sono ancora conferme sul loro atterraggio sulla superficie di Ryugu nè sulla sonda. L’ultima immagine rilasciata è quella sottostante in cui si vede l’ombra della sonda proiettata da circa 80 metri di altezza sulla superficie dell’asteroide.

21.11: in attesa di ulteriori comunicazioni è possibile seguire la situazione da questo pannellino messo a  disposizione da JAXA all’indirizzo: http://haya2now.jp/en.html

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La superficie dell’asteroide Ryugu da un’altezza di 40 metri, punto da cui Hayabusa2 ha rilasciato il primo hopper MinervaII1

La situazione al momento dovrebbe essere la seguente: uno dei piccolo hoppers, MinervaII1 dovrebbe avere preso contato con il suolo di Ryugu. L’interruzione delle comunicazioni dovrebbe dipendere dalla posizione della sonda, molto bassa sull’asteroide e quindi coperta. Si stanno aspettando nuove immagini per capire come stanno le cose.

Le comunicazioni tra il centro controllo e l’asteroide Ryugu avvengono con un ritardo di quasi 8 ore… Dovremmo ricevere notizie aggiornate netro le prossime due ore.

20.00: La JAXA ha sospeso la diretta da Hayabusa2. Restiamo in attesa di altre notizie.

Aggiornamento 21/09/2018, ore 14,20: i due Hoppers dovrebbero essere sull’asteroide Ryugu. Restiamo in attesa di conferma sul loro stato.

 

La sonda giapponese Hayabusa2 che sta studiando l’asteroide Ryugu lascerà cadere oggi, 20 settembre, due minuscoli rover esplorativi sulla superficie dell’asteroide, ovviamente se non ci saranno intoppi.

Il team di controllo della sonda Hayabusa2 ha iniziato a preparare la complessa manovra dalla scorsa settimana. Nella giornata di oggi, la sonda si è avvicinata a Ryugu per prepararsi a deporre i due piccoli robot a forma di disco, MINERVA-II1A e MINERVA-II1B.

Ogni rover MINERVA-II misura 18 centimetri di larghezza per 7 di altezza (18 per 7 centimetri), con una massa di circa 1,1 kg. E non “vagheranno” sulla superficie dell’asteroide nel senso tradizionale; invece di muoversi su ruote, i due saltelleranno da un punto all’altro.

La gravità sulla superficie di Ryugu è molto debole, quindi un rover spinto da normali ruote o cingoli galleggerebbe verso l’alto al primo movimento“, hanno spiegato i tecnici del team Hayabusa2 in una descrizione MINERVA-II1. “Pertanto, questo meccanismo di salto è stato adottato per muoversi sulla superficie di piccoli corpi celesti: il rover dovrebbe rimanere in aria per un massimo di 15 minuti dopo un singolo salto prima dell’atterraggio, e muoversi fino a 15 metri orizzontalmente.

I rover si muoveranno autonomamente, esplorando più aree sulla superficie del Ryugu che è ampia 950 metri. I due rover raccoglieranno una varietà di dati con il loro equipaggiamento scientifico, che include sensori di temperatura, sensori ottici, accelerometri, giroscopi e un totale di sette telecamere condivise dai due rover.

Hayabusa2 ha in programma di rilasciare un lander più grande chiamato MASCOT sull’asteroide il mese prossimo, e un altro piccolo rover MINERVA-II2, il prossimo anno.

La sonda Hayabusa2 realizzerà diverse incursioni verso la superficie l’anno prossimo, afferrando ogni volta dei campioni del suolo di Ryugu. L’orbiter lascerà Ryugu a dicembre 2019, ed i suoi campioni torneranno sulla Terra, protetti in una capsula speciale, l’anno successivo.

Questa foto di Ryugu è stata scattata dalla sonda giapponese Hayabusa2 il 26 giugno 2018, giusto un giorno prima dell'arrivo dell'astronave all'asteroide.

Questa foto di Ryugu è stata scattata dalla sonda giapponese Hayabusa2 il 26 giugno 2018.

Crediti: JAXA, Università di Tokyo, Kochi University, Rikkyo University, Nagoya University, Chiba Institute of Technology, Meiji University, University of Aizu, AIST

Gli scienziati studieranno la polvere e la roccia recuperati dalla superficie dell’asteroide per capire di più della storia del sistema solare e il ruolo che gli asteroidi potrebbero avere avuto nel portare la vita sulla Terra.

MINERVA-II sta per “Micro Nano Experimental Robot Vehicle for Asteroid, seconda generazione”. Il rover di prima generazione è volato a bordo della missione originale di Hayabusa, che è arrivata in orbita attorno all’asteroide Itokawa nel settembre 2005. Hayabusa ha riportato, per la prima volta nella storia, un piccolo campione dell’asteroide Itokawa sulla Terra nel 2010. Ma la il rover MINERVA non riuscì ad atterrare con successo sulla roccia spaziale.

Hayabusa2 non è l’unica missione di campionamento degli asteroidi attualmente in corso. La sonda OSIRIS-REx della NASA si sta avvicinando all’asteroide Bennu. È previsto che OSIRIS-REx arrivi in ​​orbita attorno a Bennu il 31 dicembre e restituisca campioni della roccia spaziale sulla Terra nel settembre 2023.

Ancora Nibiru, una nuova profezia sulla fine del mondo: Meade colpisce ancora

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Ricordate Nibiru?

Non ne sentivate un po’ la mancanza?

Quattro o cinque interi mesi senza che qualche apocalittico profeta abbia annunciato l’ennesima fine del mondo ad opera di Nibiru, il fantomatico pianeta portatore di cataclismi il cui arrivo, solo nel 2017, era stato annunciato almeno 6 o 7 volte. Qualcuno comincia a dire che Nibiru, ammesso esista, viaggi sui treni della ferrovie dello Stato, visto che arriva sempre in ritardo. In alternativa, qualcuno suggerisce che sbagli regolarmente strada e rimanga bloccato nel traffico del Grande Raccordo Anulare.

Sia come sia, Nibiru sarebbe nuovamente in viaggio per portarci l’apocalisse.

È quanto annunciato di recente da David Meade, che ha anche rincarato sostenendo di avere avuto accesso a delle foto inequivocabili in cui si vedrebbe il pianeta della fine del mondo diretto verso la Terra. Meade, lo scorso anno, cominciò ad annunciare l’arrivo di Nibiru, previsto per il 23 settembre del 2017, in coincidenza dell’uscita di “Planet X – The 2017 Arrival” un suo libro in cui spiegava come aveva dedotto la data studiando i testi sacri secondo rigorosi criteri numerologici. Naturalmente i reiterati annunci erano solo coincidenze, non marketing, ci mancherebbe altro che il padre dell’apocalisse ricorra a simili mezzucci.

Nel solo 2017, Meade profetizzò prima che l’arrivo di Nibiru sarebbe avvenuto in occasione dell’eclisse totale di Sole avvenuta in agosto, constatato che il mondo non era finito, annunciò alla stampa che aveva inteso male alcuni dati e che il tutto sarebbe avvenuto, invece, il 23 settembre. Anche quella data, però, trascorse senza che Nibiru si facesse vedere o, almeno mandasse una cartolina per scusarsi del ritardo, per cui L’ineffabile David rilanciò proponendo il 21 ottobre come prossima data per la fine del mondo, inevitabile, a suo avviso.

Ovviamente, visto che siamo ancora qui, non accadde nulla nemmeno il 21 ottobre ma, stavolta, invece di rimandare nuovamente al mese successivo, Meade avvisò che Nibiru si stava, si, avvicinando ma che non era ancora rilevabile essendo ancora nella nube di Oort ma che i suoi effetti cominciavano a farsi sentire, citando come prova terremoti ed eruzioni vulcaniche oltre all’uragano Maria che aveva sconvolto PortoRico. Nell’occasione, il nostro avvisò anche che la fine del mondo sarebbe avvenuta progressivamente, con catastrofi climatiche e geologiche che si sarebbero succedute sempre più intense nell’arco di 7 anni.

Nibiru è un leggendario pianeta descritto da Zecharia Sitchinun archeologo dilettante che interpretò le antiche scritture sumere in modo molto personale. Sitchin, che però di archeologia aveva solo un’infarinatura essendo invece specializzato in economia inventò una sua teoria in cui sostiene che l’origine dell’uomo sia da attribuire alla presenza sulla Terra di un’antica civiltà extraterrestre proveniente proprio dal fantomatico pianeta Nibiru. La tesi è stata abbracciata da una parte della comunità ufologica e da gran parte dei cospirazionisti che hanno collocato le ricerche di Sitchin nell’ampio quadro che vede l’umanità controllata da oscure forze di varia natura.

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Sitchin, studiando gli antichi testi, si convinse dell’esistenza di Nibiru che, secondo la sua ricostruzione, attraversò il sistema solare in un’epoca compresa tra i 65 milioni e i 4 miliardi di anni fa. Il grande pianeta Nibiru attraversò il piano dell’eclittica del nostro sistema solare assieme a una piccola stella, Nemesis, destabilizzando durante il passaggio un altro pianeta, Tiamat, che, secondo Sitchin, era un piabeta ricco di vegetazione e ricoperto di oceani. Il passaggio del pianeta Nibiru e di Nemesis portò Tiamat stesso a collidere con Nibiru. I resti di Tiamat diedero vita alla fascia asteroidale e alla coppia Terra – Luna.

Per tornare a Meade, pare che stia per pubblicare un nuovo libro, nel quale spiega come sia riuscito, finalmente, a stabilire la data definitiva della fine del mondo ad opera di Nibiru comparando alcuni dati trovati dentro la grande piramide di Giza con alcuni versetti della Bibbia e analizzando le posizoni dei pianeti. La nuova data sarebbe fissata tra il 20 ed il 23 settembre del 2022.

Insomma, nuovo libro, nuova data.

La NASA, lo scorso anno, fu costretta a smentire l’esistenza del pianeta Nibiru a causa delle tante mail che chiedevano conto all’ente spaziale americano sul perché non avvisasse il popolo del pericolo incombente.

La cosa che più di ogni altra stupisce è che c’è gente che aspetta Nibiru dal 21 dicembre del 2012 e che ancora crede nell’esistenza di questo fantomatico pianeta. Incredibilmente, dopo tante bufale, ci sono ancora seguaci che non sputano in faccia a questo cantastorie di Meade che, anzi, continua a vendere libri e a partecipare, pagato, a conferenze sull’argomento.


La chiusura dell’osservatorio di Sunspot dovuta ad un’indagine federale contro la pedopornografia

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Secondo quanto appurato dall’agenzia stampa Reuters sarebbe stata la fase finale di un’indagine federale contro la pedopornografia la ragione per cui l’FBI ha disposto, la scorsa settimana, la chiusura di circa dieci giorni dell’osservatorio solare di Sunspot nel New Mexico. 

Il Sunspot Solar Observatory, che si trova sopra Sacramento Peak, nel sud del New Mexico, è stato chiuso dal 6 settembre al 16 settembre a causa di un “problema di sicurezza” che fino ad ora era rimasto misterioso. La mancanza di informazioni ha generato una serie di voci, che hanno spaziato da una scoperta di vita aliena a un’attività di spionaggio.

Niente di tutto questo, la verità non ha nulla di fantasioso nè intrigante: si è tratato di un’indagine su uno squallido mercato di immagini pedopornografiche. Secondo i documenti federali di cui è venuta in possesso la Reuters, l’FBI ha indagato sull’apparente uso del Wi-Fi del Sunspor observatory per scaricare e distribuire materiale pedopornografico.

Una dichiarazione giurata dell’FBI esaminata da Reuters “ha identificato il sospetto come un inserviente sotto contratto per pulire la struttura, il cui laptop è stato trovato per essere collegato al sistema wireless dell’osservatorio“.

“Un mandato emesso da un magistrato americano a Las Cruces, nel New Mexico, ha permesso agli agenti federali di sequestrare dalla casa dell’uomo tre telefoni cellulari, cinque laptop, un iPad, un disco rigido esterno, 16 pen drive, 89 compact flash disk e altro materiale “, ha riferito la Reuters .

Secondo quanto dichiarato dall’FBI, riferisce Reuters, il sospetto non è stato arrestato o accusato di un crimine, ma l’inchiesta è ancora in corso.

Spettacolare scoperta in Canada: un cucciolo di lupo e un caribù di 50.000 anni fa ritrovati in condizioni stupefacenti

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Nell’estate 2016, durante una prospezione mineraria svoltasi sulle colline del profondo nord canadese, sono venuti alla luce due tesori inestimabili: i resti incredibilmente ben conservati di un cucciolo di lupo dell’Era Glaciale e un vitello di caribù.

I resti dei due animali sono stati trovati in una miniera vicino a Dawson City a un mese di distanza l’uno dall’altro e, negli ultimi due anni, sono stati studiati da una squadra locale di paleontologi. L’analisi al radiocarbonio ha datato i due esemplari a oltre 50.000 anni fa. Il caribù (o renna) è stato scoperto in un sito che contiene un letto di ceneri vulcaniche risalenti a circa 80.000 anni fa, suggerendo che, potenzialmente, potrebbe essere ancora più vecchio.

Pensiamo che questo sia probabilmente il più antico mammifero mummificato al mondo. Il fatto stupefacente è l’incredibile stato di conservazione dei tessuti molli, della pelle e dei peli.”, ha detto all’agenzia stampa The Canadian Press  Grant Zazula, un paleontologo che ha lavorato sui piccoli resti.

Il cucciolo di lupo è completo, si potrebbe pensare che  stia dormendo. “È bellissimo, il pelo, le piccole zampe e la coda in ottime condizioni e il labbro superiore arricciato che mostra i denti, è spettacolare“, ha detto.

Zazula ha dichiarato al  Guardian che è l’unico lupo dell’epoca glaciale mummificato mai trovato nel mondo.

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Il caribù è stato trovato in un’area che comprende un letto di ceneri vulcaniche formatosi 80.000 anni fa. Credits: Governo dello Yukon

Sono entrambi eccezionalmente ben conservati (nonostante al caribù manchino i quarti posteriori) grazie alle condizioni dello Yukon nell’era glaciale che ha conservato congelati i resti. A quell’epoca, lo Yukon era una freddissima tundra, e queste condizioni hanno permesso ai corpi di disseccarsi rapidamente e di conservarsi quasi intatti.

I corpi dei due animali saranno presto in mostra a Dawson per un mese prima di unirsi ad una esposizione a Whitehorse.

I ricercatori sperano di poter analizzare ulteriormente la composizione chimica del caribù e delle ossa del lupo per ottenere informazioni sul loro ambiente e sulla loro dieta. Sperano anche di eseguire ulteriori test del DNA e di investigare le cause della morte.

A volte siamo invidiosi perché in Siberia abbiamo colleghi che lavorano in Russia e sembra che trovino una nuova carcassa di mammut lanoso ogni estate“, ha detto Zazula. “Finora non avevamo trovato nulla di importante nello Yukon o in Alaska“.

Effettivamente, la Siberia è particolarmente prolifica di scoperte di creature mummificate creature dell’Era Glaciale. I ricercatori nella regione della Yakutia, nel nord della Russia, hanno recentemente scoperto i resti incredibilmente ben conservati di un puledro di  40.000 anni, poche settimane dopo aver dissotterrato i resti congelati di una nuova specie di mammut, un mammut pigmeo.

Per salvare il pianeta dovremo restituirne metà alla flora e alla fauna selvatica

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Il mondo è ufficialmente sull’orlo di un sesto evento di estinzione di massa, principalmente a causa nostra miopia che ci impedisce di credere davvero al pericolo che si sta preparando e non ci fa rinunciare ad una quantità di cose di cui potremmo fare a meno, permettendoci di diminuire in modo importante le emissioni di gas serra. Sono ormai molti gli scienziati che stanno tentando di avvisarci che è necessario apportare cambiamenti urgenti al modo in cui gestiamo le risorse della Terra se vogliamo prevenire una crisi di biodiversità veramente apocalittica. Questa esortazione è contenuta in un editoriale pubblicato sulla rivista Science la scorsa settimana.

Sostanzialmente, l’editoriale sostiene che è necessario tornare a condividere parti più grandi del pianeta con i nostri coinquilini: piante e animali. Ignorare questo avviso potrebbe portare conseguenze nefaste per tutti.

L’editoriale, scritto dal capo scienziato della National Geographic Society Jonathan Baillie e dal biologo dell’Accademia cinese di scienze Ya-Ping Zhang, spiega che i governi di tutto il mondo si stanno incontrando al Convegno sulla diversità biologica a Pechino per discutere degli obiettivi di biodiversità. Se vogliamo evitare il collasso della fauna selvatica del mondo, bisogna restituire il 50% della terra e degli oceani del mondo a flora e fauna e a proteggerli entro il 2050.

In parole povere, abbiamo raggiunto il limite di spazio ed energia disponibili sul pianeta, dobbiamo decidere quanto siamo disposti a condividerli con gli altri abitanti per preservare l’ambiente“, scrivono Zhang e Baillie.

Se vogliamo veramente proteggere la biodiversità e fruire dei benefici degli ecosistemi, i governi di tutto il mondo devono stabilire un programma molto ambizioso per ampliare le aree protette, assicurandosi che vi siano le risorse necessarie a realizzarlo.

Sia da un punto di vista etico che funzionale, il depauperamento in corso degli ecosistemi naturali è estremamente preoccupante.”

La maggior parte delle stime effettuate dagli scienziati dimostra che è necessario proteggere tra il  25 e il 75 per cento di ogni ecosistema per salvaguardare la biodiversità. Zhang e Baillie ammettono che si tratta di una sfida colossale per tutta l’umanità.

Fissare obbiettivi troppo bassi potrebbero avere importanti implicazioni negative per le generazioni future e per tutta la vita sulla terra, pertanto ogni stima deve essere errata per eccesso“, spiegano.

Non a caso, la nuova ondata di estinzioni di massa arriva in un momento di crescita esponenziale della popolazione umana. Ad inizio 2018, c’erano 7,4 miliardi di esseri umani sul pianeta, ma questo numero potrebbe salire ad oltre 10 miliardi entro il 2050. Gli esseri umani costituiscono circa il 36% della biomassa totale dei mammiferi sulla Terra. Un incredibile 60% è il bestiame utilizzato dagli esseri umani, e solo il restante 4% è costituito da mammiferi selvatici.

La massiccia presenza umana ha, inevitabilmente, un effetto distruttivo sull’ambiente e sui suoi abitanti, sia attraverso la distruzione diretta degli habitat, sia attraverso l’introduzione forzata di specie invasive dovuta alla riduzione degli spazi vitali. Dobbiamo fare qualcosa e dobbiamo farlo presto.

Quanta parte del pianeta dovremmo lasciare alle altre forme di vita? Questa è la domanda con cui l’umanità deve ora cimentarsi“, concludono i dei scienziati.

 

La Nike, gli illuminati, Irving e la Terra piatta

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di Oliver Melis

Nel variegato mondo del cospirazionismo, spesso i grandi gruppi industriali, o personaggi particolarmente ricchi, famosi ed influenti, vengono associati agli Illuminati o a altri gruppi che segretamente, ma non troppo, decidono e influenzano in modo occulto le sorti dell’umanità. Questa sorte è toccata anche alla famosa Nike, marca di abbigliamento che produce capi di vestiario, accessori e scarpe.
La foto sotto mostra una scarpa del marchio Nike con il misterioso simbolo, il triangolo che racchiude l’occhio “che tutto scruta”. Chi possiede un paio di queste scarpe però non deve preoccuparsi, non ha venduto la sua anima a nessuno e nessuno lo manipola. Il simbolo sulla scarpa però c’è veramente, ma vediamo per quale ragione:

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Inanzitutto Il simbolo “All-Seeing Eye” è incluso nella linea di sneakers Nike “Kyrie 4” e non in tutte le scarpe della Nike, come, inveve, qualcuno in rete vorrebbe farci credere. Non è un cenno agli Illuminati e non è una prova che la Nike abbia “abbracciato il satanismo“.

Il simbolo è, in effetti, un elemento della linea Nike Sneaker Signature di Kyrie Irving di NikeKyrie 4“, ed è presente in numerose riprese di prodotti come si può constatare tramite il sito Web ufficiale Nike:

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Il simbolo raffigurato su queste scarpe è un “occhio onniveggente“, un simbolo che è stato associato a gruppi diversi nel corso della storia. Conosciuto anche come Occhio della Provvidenza, questo simbolo è stato usato per rappresentare l’onnipresenza di Dio ed è anche spesso usato in riferimento agli Illuminati, una presunta società segreta al centro di numerose teorie cospirative. Lo stesso simbolo è anche rappresentato sul retro della banconota da 1 dollaro degli USA:

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Nethongkome, che ha realizzato la linea di calzature, ha spiegato perché ha scelto di utilizzare quel simbolo in un’intervista rilasciata a dicembre 2017 con Bleacher Report nel periodo in cui è stata rilasciata la linea “Kyrie 4“:
Un ultimo dettaglio che abbiamo aggiunto è proprio dietro la linguetta in pelle: un occhio grafico che tutto vede“, dice Nethongkome. “Non rappresenta gli illuminati. Il terzo occhio significa sfidare tutti a pensare oltre ciò che vedono“.

Forse quello che incuriosisce nella storia è il legame che creano i cospirazionisti associando la scarpa con il marchio degli “Illuminati” alla linea dedicata a Kyrie Irving, un giocatore di basket dei Boston Celtics che ha affermato in almeno un’occasione che la terra è piatta.
Kyrie Irving ha espresso dubbi sulle evidenze scientifiche che dimostrano senza ombra di dubbio che la Terra è sferica affermando che non crede a scatola chiusa a quello che gli viene raccontato. Irving afferma di non essere un cospirazionista ma, semplicemente, di non accettare quelle che vegnon definite dimostrazioni scientifiche. Se la cosa riguardasse solo lui non sarebbe un gran problema, purtroppo un personaggio con la sua popolarità può facilmente influenzare chi lo vede come un modello o un punto di riferimento.

Irving infatti, è uno dei giocatori più famosi della NBA e le sue parole possono avere anche degli effetti nocivi sui ragazzi. Negli USA, in alcune scuole i professori di scienze sono stati messi in discussione dagli studenti, convinti del fatto che la Terra non sia rotonda, ma piatta “come affermato dal nostro idolo Kyrie Irving”. Un effetto che potrebbe creare non pochi problemi soprattutto oggi, con la difusione di informazioni incontrollate su internet.

Essere famosi e popolari comporta anche delle responsabilità nei confronti dei propri fan e lasciarsi andare a dichiarazioni ad effetto solo per far ulteriormente parlare di sè può, in alcuni casi, creare dei problemi in un modo dove la rete è inquinata da bufale e siti cospirazionisti hce cercano ogni occasione per avere nuovi argomenti che li accreditino presso la massa dei potenziali lettori.

Il tutto sempre con l’unico scopo di fare quattrini sulle spalle di ingenui e creduloni. Essere Kyrie Irving, nonostante le doti fisiche, lo splendido fisico ed i guadagni spaventosi, non autorizza a distribuire ignoranza a piene mani, soprattutto essendo consapevoli di essere il primo ignorante.

Fonti: Snopes.com; Sky sport.



Riaperto l’osservatorio di Sunspot. Sono moltissimi i siti complottisti sbufalati e ridicolizzati

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Niente alieni, e nemmeno brillamenti solari da giorno del giudizio.

No, il Sunspot Solar Observatory, l’osservatorio solare sito in New Mexico, misteriosamente chiuso nei giorni scorsi dall’FBI, che aveva rifiutato di fare qualunque genere di commento sulla vicenda dando adito, sui siti cospirazionisti di tutto il mondo, ad una ridda di ipotesi che andavano da una follta UFO in arrivo ad un’ipotetico brillamento solare molto potente, in realtà è stato chiuso per 10 giorni a causa di un’indagine penale.

AURA ha collaborato con un’indagine delle forze dell’ordine in corso sull’attività criminale verificatasi a Sacramento Peak“, ha comunicato il vertice di AURA in una dichiarazione pubblica. “Durante questo periodo, ci siamo preoccupati che un sospetto nell’inchiesta potesse potenzialmente rappresentare una minaccia per la sicurezza del personale locale e dei residenti, per questo motivo AURA temporaneamente ha lasciato la struttura e ha cessato le attività scientifiche in questo luogo“.

Ma le cose stanno per tornare alla normalità.

Alla luce dei recenti sviluppi nelle indagini, abbiamo determinato che non vi è alcun rischio per il personale, e il Sunspot Solar Observatory sta riprendendo a svolgere tutte le normali operazioni“, conclude il comunicato.

I funzionari di AURA avevano precedentemente citato un “problema di sicurezza” come causa della chiusura (che riguardava anche un vicino ufficio postale) ma non rilasciato ulteriori chiarimenti. L’intervento dell’FBI aveva isolato l’osservatorio ed il vicino ufficio postale ma nessuno, nemmeno le autorità locali, erano a conoscenza di cosa stesse accadendo.

Come spesso accade, rumors incontrollati si sono affrettati a riempire il vuoto di informazioni. Le speculazioni andavano da ipotesi improbabili come un tentativo del governo di insabbiare notizie su avvistamenti di astronavi aliene ad un distruttivo brillamento solare in arrivo, fino alla più plausibile possibilità che qualche spia avesse piazzato equipaggiamenti di sorveglianza sui terreni del Sunspot, per osservare le operazioni svolte al White Sands Missile Range e alla Holloman Air Force Base.

Quest’ultima spiegazione potrebbe ancora essere in gioco; AURA non ha rivelato la natura dell’attività criminale oggetto di indagine.

Ci rendiamo conto che la mancanza di notizie durante il periodo dell’evacuazione sia stata preoccupante e frustrante per alcuni“, ha aggiunto un funzionario di AURA. “Tuttavia, il nostro desiderio di fornire informazioni aggiuntive era controbilanciato dal rischio che, se diffuse in quel momento, le notizie avrebbero allertato il sospettato e ostacolato le indagini delle forze dell’ordine, un rischio che non potevamo correre“.

insomma, anche stavolta la festa è finita per i siti cospirazionisti e scandalistici. Avranno ottenuto tanti click con le ardite ma fantasiose ipotesi pubblicate nei giorni scorsi. Basteranno per consolarsi.

A proposito, sono sempre aperti anche gli altri sei osservatori in tutto il mondo che non sono mai stati chiusi, nonostante la notizia contraria che si rilanciavano i siti bufalari e complottari per dare maggior crdito alle loro ipotesi complottiste.

I taxi volanti stanno per diventare realtà?

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Quante volte in quelle giornate in cui il traffico cittadino appare difficile da evitare hai desiderato di avere a disposizione un taxi volante in grado di portarti a destinazione in pochi minuti  sorvolando gli ingorghi della città? Tempo fa affrontammo questo tema in un articolo sul Lilium Jet ed uno su Uber. Da allora, quanto ci siamo avvicinati al trasformare in realtà quest’idea?
Uber è andata avanti con i suoi piani e, secondo alcuni esperti, l’ambizione di avviare una flotta di taxi aerei potrebbe, potenzialmente, diventare realtà nel giro di tre o quattro anni.
La Vertical Aerospace, nel Regno Unito, ha completato un volo di prova per il suo prototipo senza equipaggio nel giugno 2018 dopo aver ottenuto il permesso di volo da parte dell’Autorità per l’aviazione civile del paese.
Il velivolo VTOL, che pesa 750 chilogrammi, è stato progettato, costruito e pilotato in soli 12 mesi.
Fondata dal CEO di OVO Energy, Stephen Fitzpatrick, nel 2016, Vertical Aerospace mira a rivoluzionare il modo in cui le persone volano garantendo il trasporto aereo con voli privati, on demand e senza emissioni di carbonio tra città diverse.

Rivoluzione del volo

I numeri dei passeggeri per i voli a corto raggio sono esplosi negli ultimi anni, di conseguenza l’aviazione contribuisce in modo importante al cambiamento climatico e all’inquinamento atmosferico locale“, spiega Stephen Fitzpatrick,noi vogliamo rendere puliti i viaggi aerei e dare alle persone la libertà di volare dal loro quartiere direttamente alla loro destinazione“.
Basandosi sulla tecnologia utilizzata nelle corse di Formula 1, punta a lanciare i servizi VTOL su specifiche rotte interurbane del Regno Unito nei prossimi quattro anni.
I materiali leggeri, l’aerodinamica e i sistemi elettrici sviluppati attraverso la F1 sono altamente applicabili agli aerei, molto più che al trasporto su strada“, aggiunge Fitzpatrick, che continua: “Mettendo queste tecnologie nelle mani di esperti ingegneri aerospaziali, possiamo costruire velivoli all’avanguardia per il 21° secolo.”
Naturalmente, l’ide a di realizzare dei taxi aerei è in via di sviluppo da diversi anni, con Uber che funge da principale forza motrice.
Recentemente, al summit annuale Uber Elevate, tenutosi lo scorso maggio, Uber ha rivelato nuovi dettagli del suo progetto di una rete di taxi volanti alimentati elettricamente.
Questo sistema vedrebbe i passeggeri semplicemente aprire un’app, toccare un pulsante per prenotare il passaggio e saltare su un ascensore fino al vertiport più vicino.
Da qui un UberAIR in attesa li porterebbe in volo alla destinazione prescelta.
Uber ha deciso di lanciare il servizio inizialmente a Los Angeles e Dallas, più una terza città che verrà decisa entro il 2023. I test degli aerei inziaranno nel 2020.
taxi volante
Il Taxi Volante di Uber
Sono obiettivi difficili, ma pensiamo che sia importante promuovere l’eccellenza“, afferma Eric Allison, Head of Aviation di Uber.
La data del 2020 richiede che i nostri partner costruiscano veicoli da testare in un ambiente sperimentale per verificare parametri chiave come rumore, autonomia e carica della batteria“.
Finora Uber ha lavorato con una serie di partner aerospaziali di livello mondiale come la NASA, per i suoi sistemi di controllo del traffico aereo, nonché diversi produttori di aeromobili per progettare i modelli di decollo e atterraggio verticale, tra cui Pipistrel Aircraft , Bell Helicopter , Aurora Flight Sciences di Boeing , Karem Aircraft , Corgan ed Embraer.
Il progetto base dei velivoli VTOL di Uber deve rispondere a determinati requisiti, tra i quali, sicurezza, accumulo di energia, basso rumore, carico utile e basse emissioni.
Oltre ai cinque principali produttori, l’idea è che altre aziende creino le proprie iterazioni VTOL, basando il loro lavoro su un modello base progettato da Uber.
Attualmente, più di 70 produttori stanno sviluppando progetti VTOL da utilizzare sulla futura rete di Uber.
I requisiti di base prescritti da Uber per i VTOL da impegare sulla futura rete Uber, prescrivono che i velivoli dovranno essere in grado di spostarsi tra i 240 ed i 320 chilometri orari a un’altitudine tra 300 ed i 600 metri, con una durata della batteria di almeno 60 miglia prima di dover ricaricare.
Inizialmente i taxi volanti saranno pilotati da piloti commerciali, che Uber spara siano attratti dalla prospettiva di poter lavorare più vicino a casa. Più avanti, diciamo tra 10 o 20 anni, Uber intende sostituire i piloti umani con mezzi autoguidati dotati di IA.
I punti di stazionamento e decollo saranno costituiti da tetti di edifici selezionati appositamente ed eliporti già esistenti, che verranno dotati di punti di ricarica per le batterie.
Lo sviluppo di modelli di gestione dello spazio aereo è il settore in cui Uber non ha ancora competenze e la partnership stabilita con la NASA, che, al contrario, è più che qualificata nel settore, servirà, attraverso due Space Act Agreement, a sviluppare la gestione di reti di trasporto aereo nelle aree urbane.
La partnership con la NASA è incentrata sulla simulazione delle capacità di controllo del traffico aereo, utilizzando la loro esperienza unica per gestire grandi volumi di questi veicoli in volo e per mostrare come i diversi sistemi possono integrarsi insieme“, afferma Allison.
La NASA sostiene di volersi assicurare che l‘integrazione di questi piccoli aerei non metta a dura prova l’attuale sistema di controllo del traffico aereo.
I dati forniti da Uber aiuteranno a gestirlo, simulando le condizioni del traffico aereo negli orari di punta e attingendo alla ricerca in aree come la gestione del traffico a bassa quota e la sicurezza a livello di sistema per progettare una rete che funzioni.

Ridurre i costi di guida

 

 

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Uber DreamMaker X-2
Il primo mezzo volante di Uber dovrebbe iniziare i test nel 2020.
Ma quanto sarà conveniente?
Gli esperti sono dubbiosi, ma Allison insiste sul fatto che l’uso dell’energia elettrica farà abbassare i prezzi.
“Il costo per miglio per far funzionare un elicottero è di circa $ 9, e pensiamo che applicando semplicemente la tecnologia di propulsione elettrica, possiamo ottenere il costo per miglio fino a poco più di $ 5, che equivale approssimativamente ad un prezzo Uber Black (la proposta lusso per clienti particolarmente facoltosi) “spiega.
Uber sostiene anche che sarà anche in grado di raggruppare i piloti nello stesso modo in cui lo fa a terra, quindi il costo potrà essere diviso tra i quattro passeggeri dell’aereo. Ciò riduce la spesa del miglio passeggeri al prezzo di un Uber X (una berlina a quattro passeggeri).
Allison aggiunge che, nel lungo periodo, la tecnologia con autopilota gestito dalla IA, insieme alla produzione di massa di questi velivoli, potrebbe spingerev erso il basso i prezzi fino al punto in cui prendere un UberAIR come il mezzo di trasporto potrebbe essere più economico che possedere un’auto.

Per i molti?

Nonostante gli sforzi di Uber per imitare il suo modello di terra nell’aria, c’è qualche dubbio che un servizio di condivisione del viaggio aereo potrebbe essere conveniente come questo.
Non esiste un’enorme base già pronta per ospitare i VTOL. Tutto il supporto necessario per i velivoli dovrà essere implementato in tutti i punti di imbarco / sbarco e c’è il rischio che modelli diversi di VTOL necessiteranno di un diverso tipo di supporto”, afferma Alan Lewis, amministratore delegato della società di consulenza strategica LEK “Anche queste saranno risorse costose, non solo da acquistare, ma anche da mantenere a un alto livello di affidabilità e di utilizzo.
Si dovranno costruire parcheggi, officine per la manutenzione, stazioni di rifornimento, aree di attesa per i passeggeri, sistemi di gestione e tante altre cose che avranno un impatto importante sulla spese necessaria ad avviare il servizio“. Secondo Lewis, anche il costo degli stipendi dei piloti VTOL potrebbe essere molto alto perchè “Già c’è una grave carenza di piloti a livello globale ed è difficile immaginare un modello in cui il pilota di un aerotaxi possa essere pagato di più di quanto potrebbe guadagnare lavorando come pilota commerciale. A determinati prezzi, modelli come questo possono esistere, e in effetti già funzionano in posti come Manila dove la gente già usa gli elicotteri per attraversare la città ed evitare il traffico, ma si tratta di un servizio per super ricchi“.

Ibridi e specie, due definizioni, da rivedere, in conflitto tra loro ma con un perchè

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La recente conferma che i Sapiens si incrociarono con i Denisovan oltre che con i Neanderthal ed il conseguente aumento dei rami ibridi dell’albero genealogico del genere Homo, sta spingendo i ricercatori a ripensare il concetto di specie.

La definizione classica del libro di testo, noto come concetto di specie biologica, è “un gruppo di organismi che producono solo prole fertile l’uno con l’altro”. Secondo questa regola, tutti i tipi di cane domestico sono una singola specie, dal bassotto all’alano, ma un asino ed un cavallo, che pure producono prole, sono specie differenti.

Rebecca Ackermann, docente presso l’Università di Città del Capo in Sud Africa, preferisce una definizione diversa, non dipendente dal successo riproduttivo: una specie è gruppo di organismi che condividono un mix di tratti anatomici, comportamentali e genetici che li distingue da altri gruppi. Ma, aggiunge, “molti biologi evoluzionisti che conosco spesso evitano del tutto la parola specie “.

Questo perché i rami dell’albero evolutivo sono piuttosto ingarbugliati e molti organismi, pur su rami divergenti possono ancora incrociarsi. “I canidi possono, così come i maiali ed i topi, per fare alcuni esempi.”, spiega il biologo evoluzionista Michael Arnold, dell’Università della Georgia. “C’è un ibrido sotto ogni cespuglio“.

Questo include i nostri antenati. Prove genetiche hanno dimostrato che l’antico  Homo sapiens  si è incrociato con i Neanderthal ed i loro cugini orientali, i Denisovani, più volte tra i 100.000 ed i 40.000 anni fa. Neanderthal e Denisovan si accoppiarono l’uno con l’altro e Denisovani si unì a un lignaggio distante, non ancora noto dai fossili, che potrebbe essere stato più vicino al precedente  Homo erectus .

In recenti studi sul DNA, quasi “ogni volta che un nuovo individuo viene sequenziato dalla documentazione fossile umana“, dice Ackermann, “c’è qualche nuova prova per il flusso genetico“.

L’incrocio può essere stato un tema comune nell’evoluzione umana, ma è difficile, oggi, capire fino a che punto, visto che la nostra è l’unica specie Homo ancora esistente. Per comprendere meglio il nostro passato, gli antropologi come Ackermann hanno iniziato a cercare altri animali che si accoppiano tra le classiche linee di specie biologiche.

Uno dei principali problemi è proprio con il concetto di specie biologica: non può essere applicato a organismi che si riproducono  asessualmente, che include la maggior parte dei microorganismi. Il requisito del sesso rappresenta anche un problema nel caso di animali estinti perché i paleontologi non possono dire solo guardando due fossili simili se quelle creature avrebbero potuto accoppiarsi. Escludendo organismi estinti e asessuati, il concetto di specie biologica non funziona per la stragrande maggioranza della vita che esiste.

per lungo tempo, tuttavia, questa definizione è stata sostenuta dalla bioogia, in parte perché si adatta all’immagine prevalente dell’evoluzione come un albero ramificato, in cui una singola specie ancestrale diverge in distinti lignaggi di specie discendenti.

Era l’idea classica“, dice Arnold. Invece, dobbiamo rassegnarci al fatto che, mentre nascono rami divergeni da un primitivo ramo ancestrale, “i geni vengono ancora scambiati, anche se li chiamiamo specie diverse“.

La ricerca ha rilevato che si verificano incroci nel 10% delle specie animali, percentuale che sale al 25% dei primati, compresi gli incroci tra parenti lontani come i gelada ed i babbuini, il cui ultimo comune antenato viveva circa 4 milioni di anni fa.

Riconoscendo l’ubiquità dell’interbreeding tra i primati, Arnold ha scritto un libro, una decina di anni fa, in cui sosteneva che durante l’evoluzione umana doveva esserci stata più di qualche ibridazione. All’epoca fu oggetto di alcune critiche da parte degli antropologi, molti dei quali pensavano che l’Homo sapiens non avesse avuto incroci interspecie, salvo poi ricredersi poco tempo dopo, quando il sequenziamento del genoma di Neanderthal rivelò che, effettivamente, c’erano stati incroci tra le due specie.

Cosa abbiamo imparato dai Babbuini
Sebbene il DNA confermi che gli antichi ominidi si incrociavano, non racconta l’intera storia, e neanche cosa sia successo alla progenie ibrida e come si sia integrata nei diversi ambienti e società.

Non saremo mai in grado di osservare le interazioni tra gli ominidi arcaici e il nostro lignaggio in tempo reale, ma possiamo fare qualcosa di simile con i primati non umani“, dice Jenny Tung, antropologa alla Duke University.

La Tung studia i babbuini nel bacino dell’Abuoseli in Kenya. Si tratta di una popolazione di babbuini gialli che è stata osservata per decenni, insieme, occasionalmente, ai babbuini anubis, una specie separata individuata più a nord.

I lignaggi di queste due specie di babbuini si sono divisi approssimativamente 1,4 milioni di anni fa, più del doppio del tempo che pensiamo separino gli uomini di Neanderthal e l’uomo moderno. Ebbene, nonostante la distanza temporale, le differenze fisiche e quelle genetiche, gli ibridi documentati di questi babbuini sono fertili e rigogliosi.

Questo ha sollevato un sacco di domande su come queste due specie imparentate riescano a rimanere separate l’una dall’altra pue riuscendo a mescolarsi abbastanza liberamente“, dice la Tung.

In un recente studio, i 22 babbuini di Amboseli testati avevano un’ascendenza tra il 12 e il 72 per cento derivato da quelli anubi, compresi individui che sembravano gialli puri. Le pervasive firme genetiche degli anubi suggeriscono che le specie si sono accoppiate per centinaia, persino migliaia di generazioni.

Ulteriori analisi, anche su famiglie di babbuini situate molto lontano da queste due, hanno tuttavia dimostrato che gli ibridi esistono solo in una stretta zona di transizione tra i territori centrali degli anubi e dei babbuini gialli. È possibile, pensa Tung, che i tratti ibridi in questo particolare habitat o gruppo sociale possano non essere di beneficio altrove. Ad esempio, il pelo degli anubi più scuro che alcuni ibridi hanno potrebbe far sentire maggioremente il caldo ai babbuini ibridi nell’area popolata dai gialli puri, che ha un clima più caldo, più secco e più simile alla savana rispetto alle foreste montuose dell’area abitata dagli anubi puri. Questo suggerirebbe che l’ibridazione tra ominidi potrebbe anche essere stata utile in alcuni ambienti e società, ma non in altri.

Come individuare un ibrido
Anche Ackermann lavora sui babbuini, ma i suoi sono morti. Esperta di anatomia scheletrica, si è interessata all’ibridazione nei primi anni 2000 studiando ossa di babbuini con pedigree noti. Aveva notato che alcuni individui sembravano un po’ strani e ulteriori controlli avevano confermato che erano ibridi.

A quel punto, la Ackermann si mise a caratterizzare i suoi babbuini: sperava di trovare caratteristiche scheletriche ricorrenti derivanti dall’incrocio, che avrebbero potutto essere utilizzate per individuare gli ibridi tra i fossili umani. Era un obiettivo provocatorio, anni prima che i metodi genetici potessero confermare l’ibridazione degli ominidi. Ma il suo approccio aveva un vantaggio anche sull’analisi genetica più all’avanguardia: mentre il DNA antico può identificare in modo affidabile gli ibridi, raramente viene conservato nelle ossa più vecchie di 10.000 anni in zone particolarmente calde. Concentrandosi su tratti scheletrici visibili, la Ackermann può potenzialmente identificare ibridi fossili attraverso sei milioni di anni di storia degli ominidi.

Misurando i teschi di 169 gialli, anubi e ibridi che avevano vissuto in cattività, scoprì che gli ibridi non sono semplicemente intermedi della specie madre: presentano spesso anomalie come denti extra o non allineati. lo sviluppo degli ibridi riceve istruzioni dai genomi di entrambi i genitori, e questi potrebbero non essere sincronizzati su, ad esempio, quando alcuni denti o ossa dovrebbero formarsi. Questi piccoli difetti non influenzano l’idoneità evolutiva dell’individuo, ma possono permettere ai ricercatori di individuare un ibrido.

La Ackermann ha riscontrato le stesse stranezze evolutive in altri gruppi di mammiferi come gnu e gorilla.

Gli antropologi hanno a lungo discusso se particolari fossili di ominidi possano essere o no ibridi, ma di solito basano le loro argomentazioni sull’assunto infondato che gli ibridi assomiglino ai prodotti intermedi o alle medie dei loro genitori. In uno studio del 2010, Ackermann ha utilizzato le anomalie dello sviluppo per suggerire candidati ibridi, come i neandertaliani di 130.000 anni fa, provenienti dalla Croazia, dotati di premolari anormali e umani moderni di 100.000 fa anni provenienti da Israele con tratti come denti non allineati e una faccia asimmetrica.

Tra le proposte di possibili ibridi, incluse anche un cranio umano anatomicamente moderno di 35.000 anni fa proveniente dalla Romania. Cinque anni dopo lo studio di Ackermann, il DNA antico di un altro  Homo sapiens  nello stesso sito rivelò che l’individuo aveva avuto un antenato di Neanderthal tra quattro e sei generazioni indietro.

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Il parco nazionale dell’Abuoseli in Kenya ospita i babbuini gialli (a sinistra) e gli anubi babbuini (a destra), nonché gli ibridi delle due specie.
Martin Harvey / Alamy Foto stock; Fabio Lotti / Alamy Foto d’archivio

Di topi e ominidi

lo studio della Ackermann puntava a capire quanto fossero comuni queste stranezze di sviluppo tra gli ibridi e se le stesse  anomalie persistono nelle generazioni successive. I suoi colleghi dell’Università di Calgary allevarono diverse generazioni di topi da tre sottospecie e due specie per il progetto. Kerryn Warren della University of Cape Town, ha analizzato le ossa.

Il progetto è in corso, ma la tesi di dottorato di Warren, intitolata “Of Mice and Hominins“, offre un’anteprima: le comunità ibride sono sorprendentemente diverse. La progenie può assomigliare a un genitore o una miscela – o assumere forme  diverse da quelle dei genitori. La mescolanza permette alle specie di scambiare e mescolare i geni, e le caratteristiche originali che portano a questi “mostri speranzosi“, come Warren e altri ricercatori chiamano gli ibridi, potrebbero essere utili scorciatoie evolutive, specialmente per i nostri antenati.

Mentre l’Homo sapiens si  espandeva a livello globale, si trovò a dover affrontare nuovi ambienti, cibi e malattie. I migranti avrebbero potuto evolvere adattamenti a quelle pressioni ambientali ma ci sarebbero volute molte generazioni. L’incrocio con specie di ominidi autoctoni avrebbe potuto dare origine ad ibridi in grado di affrontare le pressioi ambientali ereditandole del genitore autoctono. In pratica, l’incrocio tra specie diverse di ominidi, come per ogni altro animale in grado di incrociarsi e generare prole fertile, costituisce, dal punto di vista evolutivo, una specie di acceleratore.

Alcuni gruppi di ominidi, quindi, furono in grado di accelerare il processo di adattamento a nuove esigenze accoppiandosi con i Neanderthal e i Denisovani che incontrarono nel loro nuovo mondo. I lignaggi dell’Homo sapiens appena arrivato nell’area acquisirono geni adattativi localmente correlati al colore della pelle e dei capelli, al metabolismo e all’immunità per decenni, effettuamdo, di fatto, “un enorme salto in avanti rispetto a quello che avrebbero potuto ottenere attraverso i normali tempi della selezione naturale“, afferma la Ackermann. “L’ibridazione ha avuto un effetto serio, un grande impatto su quello che siamo oggi“.

Fonte: Discover Magazine